Beni confiscati, un grande regalo sotto l’albero di Natale delle mafie
Roberto Morrione
Nel preoccupante silenzio della cosiddetta stampa d’opinione e dei telegiornali, il governo si prepara a deporre un grande regalo sotto l’albero di Natale delle mafie.
La camera dei Deputati si appresta a votare in blocco una Finanziaria blindata, dopo aver respinto nella Commissione Bilancio tutti gli emendamenti dell’opposizione per bloccare la decisione, già presa dalla maggioranza al Senato, di vendere all’asta e a trattativa privata i beni sequestrati alle mafie e non assegnati entro pochi mesi a fini sociali.
Sembrano dunque vani gli appelli di Luigi Ciotti e di Libera, la raccolta di firme nelle piazze italiane, l’allarme di magistrati e investigatori, le prese di posizione di centinaia di sindaci e di amministrazioni locali, come lo schieramento trasversale, comprendente parlamentari della CDL vicini alle posizioni di Fini, teso a eludere uno sbocco che diviene ora inevitabile: le mafie si riprenderanno, sulla scia di una legge dello Stato, ciò che lo Stato aveva loro tolto.
Non incideranno certo gli emendamenti inseriti in extremis dal governo, cioè la priorità nelle aste per gli enti locali della zona interessata e per le cooperative edilizie facenti capo alle forze di polizia. Sia gli uni che le altre, infatti, possono rappresentare casi sporadici, rispetto alle migliaia di beni immobili che andranno all’asta e tranne eccezioni non dispongono delle risorse finanziarie necessarie a competere con l’enorme liquidità in possesso dei mafiosi, né tanto meno sono in grado di cambiare la diffusa sottocultura ambientale che investe in gran parte le regioni del Sud. Per le mafie sarà davvero un gioco utilizzare prestanome formalmente insospettabili e società finanziarie anche quotate in borsa in grado di rilevare le ipoteche che le banche hanno posto in grande quantità a garanzia dei mutui necessari per gestire i beni confiscati. Se escludiamo che questa operazione serva seriamente “a fare cassa”, come si è detto, per le enormi criticità che presenta e a parte la miseria morale di un simile obiettivo a fronte del valore simbolico e sociale della “dismissione” di quei beni (basti pensare al sacrificio di Pio La Torre e alle battaglie civili di Libera per conquistare la legge ora tradita) si pone un pesante interrogativo. Perché il governo ha voluto a ogni costo fare un simile regalo alle mafie? I sospetti e le possibili risposte sono inquietanti, mentre sulle vicende giudiziarie del premier premono non solo le rivelazioni del pentito Spatuzza, certo tutte da verificare, ma soprattutto lo stretto legame con Marcello Dell’Utri, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e di cui si attende la sentenza d’appello e le inchieste sulla trattativa e le stragi degli anni ’90 delle procure di Caltanissetta, Palermo, Firenze, Milano. Né questo torbido quadro si chiarisce nel momento in cui si torna a parlare, su iniziativa della Lega, di una nuova legge restrittiva per i collaboratori di giustizia e per la prima volta, insieme alla ricorrente tentazione di depotenziare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, largamente applicato da decenni e riaffermato dalla Cassazione, si affaccia l’ipotesi di estendere il “processo breve” anche ai reati di mafia. Il contestatissimo scudo protettivo inventato a difesa del premier rispetto ai rischi dei processi Mills e Mediaset, andrebbe così a coprire qualsiasi eventuale addebito giudiziario, passato e futuro, dovesse emergere dalle inchieste in corso. L’intero quadro rappresenta un ulteriore, pesante attacco alla Costituzione e vanno cercate subito delle risposte, nel Paese e in Parlamento. La blindatura della Finanziaria, con il capestro della fiducia che certamente il governo porrà alla Camera, contrasta con le posizioni più volte ribadite da Fini, che verrebbe così ancora una volta messo all’angolo.
C’è ancora, forse, qualche spiraglio per proseguire a Montecitorio la battaglia ed evitare questo sospetto regalo alle mafie, che annullerebbe fra l’altro, di fronte almeno a una parte dei cittadini, l’oggettivo valore degli arresti che magistrati e forze di polizia hanno messo a segno contro Cosa Nostra. Il sistema che ha consentito alle mafie di diventare una potenza economica e di invadere tutte le regioni italiane è integro, intriso di complicità politiche e della corruzione che in molte zone sta avendo largamente la meglio sulla questione morale. L’opportunità offerta alle mafie di riappropriarsi dei beni confiscati rafforzerebbe vergognosamente questo sistema : dobbiamo ricordare in ogni modo agli italiani che sotto la patina di verde dell’albero di Natale delle mafie, c’è il rosso del sangue versato per mano del crimine organizzato e il grigio paludoso dei poteri e dei potenti che hanno in mano il futuro della democrazia.
Fonte: Articolo21
8 dicembre 2009