Barack, Vladimir, la Siria, Israele e gli altri
Ugo Tramballi - ilsole24ore.com
Gli Stati Uniti di Barack Obama sono una democrazia; difficile definire esattamente cosa sia la Russia di Putin.
Gli Stati Uniti di Barack Obama sono una democrazia; difficile definire esattamente cosa sia la Russia di Putin. L’America sta rimettendo in sesto la sua economia, i russi no. E comunque gli Stati Uniti restano il primo Paese al mondo nelle startup, il primo nella produzione hi-tech, la prima industria manifatturiera e la prima agricoltura; la Russia produce solo energia, esporta armi (mai quanto gli Usa) e ha un immenso arsenale nucleare.
Eppure, in Medio Oriente l’America è come una vecchia potenza appesantita da veti, divieti, alleanze che essa stessa ha creato. Il Congresso che è un’assemblea elettiva, simbolo supremo della sua democrazia, nell’esercizio della politica estera è una palla al piede per l’esecutivo. A volte, perfino i valori fondamentali dello Stato diventano steccati insormontabili per l’affermazione dell’interesse nazionale americano.
Al contrario la Russia ha la flessibilità di una nazione giovane e furba. Sebbene sia una realtà irriformabile e continui a coltivare idee antiche e obsolete come la Grande Russia europea e la Guerra fredda. Non solo in queste ultime settimane, il Medio Oriente è l’esempio più lampante di queste differenze.
Prima o poi, probabilmente presto, si cercherà di tornare al negoziato di pace per la Siria, a una Ginevra 2. I russi vogliono che vi partecipi anche l’Iran, gli Stati Uniti no. Sanno che gli iraniani sono parte in causa e che senza di loro non ci sarà mai soluzione alla guerra civile siriana. Ma per una questione di principio, rinnegano l’evidenza. I russi la cavalcano. Neanche loro vogliono avere ai confini un’altra potenza nucleare, tuttavia non hanno mai smesso di dialogare con Teheran.
Rinunciando all’evidenza che “la pace si discute con i nemici, non con gli amici” (il copyright è di Ezer Weitzmann, quando era ministro della Difesa d’Israele), gli Stati Uniti non parlano con l’Iran, con la Siria, con Hezbollah né con Hamas palestinese: i suoi principali avversari della regione. La Russia si: parla, trama, si accorda con tutti. Eccetto le opposizioni siriane, non ha nemici dichiarati. Dialoga con l’Iran sciita e l’Arabia Saudita sunnita. Nonostante in Cecenia abbia commesso brutalità inenarrabili contro i musulmani, non è un palese obiettivo dell’internazionale qaidista. In Afghanistan e in Iraq, le basi principali dell’islamismo radicale, ha sempre lasciato fare il lavoro sporco agli americani, limitandosi a volte a un tenue supporto logistico.
Più di ogni altro, è Israele il grande limite della politica americana in Medio Oriente. Qualsiasi cosa faccia l’America a favore degli arabi, gli stessi arabi denunciano quello che l’America fa a beneficio di Israele. Al Cairo sia i militari golpisti che i Fratelli musulmani si vantavano di aver sventato un complotto ordito dall’America e da Israele contro l’Egitto. Anche se, in tempi diversi, entrambi hanno beneficiato dell’aiuto americano.
Nemmeno i siriani dell’opposizione rinunciano ad accusare gli Usa di preferire Israele a qualsiasi legittima rivendicazione araba. E hanno ragione: a Washington lo hanno sempre affermato. L’errore più grave di John Kerry, quando sosteneva l’urgenza di punire il regime, è stato di dichiarare che una delle ragioni più importanti del bombardamento la sicurezza d’Israele.
La Russia no. Ha promesso di armare l’Iran con missili che potrebbero vanificare un eventuale attacco aereo israeliano ai siti nucleari. Nonostante questo ha con Israele un rapporto unico, che nemmeno gli Stati Uniti possono vantare: più di uno dei sei milioni d’israeliani ebrei, sono nati in Unione Sovietica. I russi c’erano anche prima della grande immigrazione all’inizio degli anni ’90: una parte cospicua dei fondatori d’Israele erano socialisti e comunisti fuggiti dalla Russia zarista.
La civiltà russa è una parte fondamentale della cultura moderna d’Israele. Se vi capitasse di andare a Katzrin nel Golan o ad Ashdod sul Mediterraneo, scoprirete due città russe. Quando era ministro degli Esteri, Avgdor Lieberman, venuto dalla Moldavia, aveva coltivato l’idea di sostituire l’America con la Russia di Putin, un suo mito politico, come alleato principale. Per Barack Obama, coraggioso liberal nato alle Hawaii, non c’è partita.
Fonte: http://ugotramballi.blog.ilsole24ore.com
14 settembre 2013