Rifugiati: la malattia del mondo
In occasione della giornata mondiale dei rifiugiati l’Alto Commissariato Onu ha pubblicato l’annuale rapporto: per molti versi scioccante.
In occasione della giornata mondiale dei rifiugiati l’Alto Commissariato Onu ha pubblicato l’annuale rapporto: per molti versi scioccante.
Nei due recenti massacri si è raggiunta una violenza, una ferocia e una efferatezza che fanno temere che la vita tra le due principali etnie, i dinka e i nuer, non sia più possibile.
Non sono bastati venti anni per scrivere in modo univoco e incontestabile la storia del genocidio in Ruanda di cui tra un mese si celebra, appunto, il ventennale.
Da Malakal, capitale dello stato sud sudanese di Upper Nile arrivano notizie di guerra. Malakal è ormai una città fantasma.
E’ ormai una settimana che sono tornato dal Sud Sudan e, come ho ampiamente raccontato, non mi aspettavo buone notizie.
Al ritorno, dopo una settimana di lavoro da inviato in Sud Sudan, le notizie, ancora una volta, non sono confortanti.
Le guerre si sa quando iniziano ma non quando finiscono. Farle finire non è così facile come iniziarle. In Africa c’è un caso eclatante: il Mali.
Circolano voci sempre più insistenti sul fatto che in Ruanda stia succedendo qualcosa. Impossibile sapere di più, si tratta di voci, ammiccamenti. Oppure timori, preoccupazioni.
Combattimenti in ogni stato, Nuer e Dinka lanciati in una catena infinita di vendette, centinaia di migliaia di profughi e sfollati interni abbandonati a se stessi.
Inizia un nuovo anno e l’Africa appare contraddittoria più che mai: da una parte crescita economica, dall’altra guerre, conflitti etnici, standard di benessere sotto il minimo.
In una intervista rilasciata alla agenzia Misna, monsignor Paulino Lukudu Loro, Arcivescovo di Juba, ha detto che il conflitto in Sudan è una lotta per il potere e non uno scontro etnico.
In Sud Sudan è ormai il massacro. Se i combattimenti non verranno fermati a breve nessuno sarà più in grado di evitare lo scontro totale.