Assad: Resisteremo ai diktat dell’Occidente
Emma Mancini - nena-news.globalist.it
Il presidente siriano propone il suo piano di pace. Escluse le opposizioni “fantoccio dei governi stranieri”. La comunità internazionale isola Damasco.
Il presidente Bashar al Assad parla alla Siria e al mondo e presenta il suo personale piano di pace per porre fine alla guerra civile che da quasi due anni sta insanguinando il Paese. Ma gli applausi dei sostenitori non hanno mascherato la realtà: Assad è solo. E dietro il volto fiero e deciso si coglie la debolezza. Prova ne è il piano di pace presentato ieri: al di là dell'atteso attacco al nemico occidentale, il presidente siriano non è entrato nel merito e una reale proposta di transizione nazionale non è stata concretizzata.
Ieri in un discorso pubblico, il primo dopo sette mesi, Assad ha chiesto l'avvio di una conferenza di riconciliazione nazionale a cui prendano parte "tutti coloro che non hanno tradito la Siria" e alla quale segua la creazione di un governo di unità nazionale e di un referendum sul testo di una nuova Costituzione.
Ma chiude alle opposizioni: "Il primo passo verso una soluzione politica – ha detto il presidente siriano nel centro per la Cultura e le Arti a Damasco – è lo stop dei finanziamenti e del trasferimento di armi da parte dei poteri regionali alle opposizioni, la fine delle operazioni terroristiche e del controllo dei confini. Non dialogheremo con i fantocci controllati dall'Occidente". Da tempo i governi occidentali hanno posto come condizione indispensabile alla soluzione diplomatica del conflitto siriano la caduta del regime alawita, in contrasto con Russia e Cina, che hanno sempre bloccato le risoluzioni Onu ritenendo necessaria la presenza di Assad in un'eventuale transizione politica.
"Il fatto che non abbiamo ancora trovato un partner per il dialogo non significa che non siamo interessati ad una soluzione politica", ha aggiunto Assad, definendo il conflitto in corso non come una guerra tra governo e opposizioni, ma come la lotta tra la Nazione e i suoi nemici. Nemici che, secondo il presidente, annoverano tra le loro file anche jihadisti e membri di Al Qaeda.
E seppur abbia fatto appello alla sollevazione popolare contro i ribelli e alla mobilitazione nazionale contro le opposizioni armate ("una guerra per difendere lo Stato"), Assad ha concretizzato solo in parte il piano di pace che il regime avrebbe in mente: "La Nazione è di tutti e va difesa". Va difesa dai gruppi armati dall'Occidente, a cui diktat la Siria non intende piegarsi.
Il discorso di Assad – giunto mentre nella capitale siriana si continua a combattere e dopo l'allarme lanciato dalle Nazioni Unite secondo le quali i morti avrebbero raggiunto quota 60mila – non è stato certo accolto bene dalle opposizioni, tagliate fuori dall'eventuale piano di pace governativo. Louay Safi, membro della Coalizione Nazionale Siriana (il nuovo gruppo che raccoglie le varie opposizioni al regime di Bashar al-Assad) ha rispedito al mittente la proposta di dialogo, definendola "retorica vuota": "[Il presidente] non ha offerto le sue dimissioni, che sono la precondizione per aprire qualsiasi negoziato. Ha dimostrato di essere un dittatore con il quale non si può trattare. Credo che non abbia alcuna intenzione di lasciare il potere, vuole lo scontro con le opposizioni e spera di restare al potere per i prossimi 40 anni, come suo padre".
Duro il commento del presidente egiziano, che da tempo si è schierato contro il presidente Assad, chiedendone la caduta ed escludendolo dal futuro del Paese. Ieri in un'intervista alla CNN, Morsi ha detto di appoggiare le richieste del popolo siriano perché Assad venga processato per crimini di guerra.
Critiche giungono anche dalla Turchia. Il ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, ha commentato il discorso di ieri del presidente siriano definendole pieno di promesse vuote: "Ha solo ripetuto quello che dice da tempo, le stesse promesse che ha fatto a noi. Ma da quando Assad non è più il rappresentante del popolo siriano, le sue parole non persuadono nessuno. È necessario un periodo di transizione che venga realizzato attraverso il dialogo con i rappresentanti della nazione siriana".
Da parte loro, le Nazioni Unite tornano a chiedere un nuovo incontro tra Russia, Stati Uniti e l'inviato speciale di Onu e Lega Araba, Lakhdar Brahimi, entro la prossima settimana. Il commento statunitense al discorso di ieri di Assad è stato chiaro: "Un tentativo inutile di mantenere il potere, nulla che possa portare il popolo siriano verso una transizione politica".
A schierarsi a fianco del presidente siriano resta l'Iran: il ministro degli Esteri di Teheran, Ali Akbar Salehi ha accolto di buon grado il piano di pace proposto da Damasco. Unica voce fuori dal coro: Assad è solo.
Fonte: http://nena-news.globalist.it
7 gennaio 2012