Armi, il Governo cerca di cambiare la legge


Marzia Pitirra


Intervista a Flavio Lotti, coordinatore nazionale Tavola della Pace: “Ora la nostra battaglia non è solo quella contro le modifiche alla 185/90 ma anche contro l’aumento delle spese militari”.


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Armi, il Governo cerca di cambiare la legge

Forse non tutti sanno che l’ Italia gode di un triste primato, è tra i primi paesi produttori di armi al mondo. Nonostante ciò, il nostro Governo, mediante una legge delega, ha proposto una modifica della 185/90, che regolamenta l’esportazione delle armi italiane negli altri paesi. Una normativa decisamente all’avanguardia per la tematica trattata, che da vent’anni monitora la vendita di armi, soprattutto per quanto riguarda il commercio con paesi vittime di conflitti. Le associazioni Tavola della Pace e Rete Italiana Disarmo hanno iniziato una battaglia per far fronte al rischio di modifiche di questa legge, facendo un appello al Parlamento e ai cittadini e organizzando il 23 novembre scorso una mobilitazione davanti al Senato.
Abbiamo chiesto a Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace di spiegarci la situazione.

Perché una mobilitazione contro le modifiche alla 185/90?

Questa legge regola da vent’anni l’esportazioni di armi dall’Italia verso gli altri paesi. È stata una grande conquista della società civile, perché ha significato più controlli e maggiore trasparenza, onde evitare un export di armi a paesi caratterizzati da governi instabili o asserviti a regimi. Una legge all’avanguardia che adesso il Governo vuole modificare con un vero e proprio colpo di mano. Per questo insieme alla Rete Italiana Disarmo e con l’appoggio di cittadini e associazioni abbiamo lavorato per fare pressioni sul Parlamento, che sono culminate con il presidio davanti al Senato e un appello per la salvaguardia della 185/90.

Quale strada ha intrapreso il Governo per la modifica della Legge e perché?

Il Governo ha deciso di cambiare la 185/90 con un’azione che non brilla certo per trasparenza. La prima mossa è stata varare una legge delega, sottraendo al Parlamento e ai cittadini la possibilità di discutere su una materia così delicata. La seconda mossa è stata introdurre questa delega tra gli articoli della legge Comunitaria 2010, tra disposizioni alle quali spesso non viene data la giusta attenzione, con la scusa di recepire nella nostra legislazione una direttiva europea (la Direttiva 2009/43/CE) intesa a semplificare le modalità e le condizioni dei trasferimenti all’interno dell’Unione europea dei prodotti per la difesa.

Le riforme proposte dal governo vanno molto al di là della suddetta direttiva. Si parla di snellire le procedure dei controlli per facilitarne il commercio, è prevista un’ampia riorganizzazione delle strutture deputate al rilascio di tutte le autorizzazioni sui controlli attraverso la creazione di uno sportello unico. Il tutto si tradurrebbe in una diminuzione dei controlli col rischio di una vendita di armi nei Paesi da governi disastrati, spesso in un commercio sottobanco.

Quali sono i dati del nostro Paese per quanto riguarda il commercio degli armamenti?

Siamo tra i maggiori produttori di armamenti, l’Italia è passata dal settimo al quarto posto per vendita di armi nel Mondo. Le armi Italiane sono vendute in molti stati europei ma, secondo dati USA, il 90 % prende la via dei paesi in via di sviluppo, e questo è sicuramente motivo di allarme e preoccupazione. Già esportiamo armamenti in Paesi come Brasile, Emirati Arabi, Pakistan, Israele, Cina. Con il cambio della legge, la probabilità che si vadano ad armare paesi compromessi da guerre e da assetti politici instabili è altissima.

Quali reazioni avete ottenuto con la mobilitazione?

Grazie all’appello del 23 novembre e al lavoro preparatorio abbiamo aperto un confronto, per ottenere di inserire il problema nell’agenda politica del governo. Necessario è stato anche l’intervento di alcuni  senatori dell’opposizione, Di Giovanpaolo, Scanu e Amati. Siamo riusciti ad ottenere da parte della Commissione Politiche dell'Unione Europea del Senato un rinvio sul voto della legge che delegherebbe il Governo a modificare la 185, anche perché le procedure per avviare questa delega non hanno rispettato l’iter  parlamentare.
Per il resto non siamo contrari ad una revisione della legge, e capiamo che si possano attuare delle semplificazioni procedurali, ma ci deve essere una discussione, un coinvolgimento di tutto il Parlamento e dei cittadini perché nelle norme non venga sacrificata la parte dei controlli e della trasparenza.

Quali sono gli altri temi sui quali si confronta la Tavola della Pace?

Siamo una rete di associazioni, enti e cittadini che mirano alla diffusione di una cultura e di una politica di pace. Ora la nostra battaglia non è solo quella contro le modifiche alla 185/90 ma anche contro l’aumento delle spese militari, soprattutto con quest’ultimo governo dove in maniera del tutto anacronistica troppo spesso viene celebrato l’uso dell’esercito e dove le spese militari si aggirano intorno alla vergognosa cifra di 25 miliardi di euro.

Fonte: Liberainformazione

29 novembre 2010

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