Appello dell’Onu sullo Yemen


L’Osservatore Romano


Si chiede di aprire i granai di Hodeidah per sfamare la popolazione stremata dalla guerra e di far cessare i raid aerei


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C’è urgente bisogno di rendere accessibili i depositi di grano nel porto conteso yemenita di Hodeidah, sul Mar Rosso.

Questo l’allarme lanciato ieri dall’inviato speciale dell’Onu per lo Yemen, Martin Griffiths, secondo il quale «se le derrate alimentari presenti nei granai non verranno consumate non potranno più essere usate».

Da dicembre è in corso a Hodeidah una tregua, mediata dall’Onu, tra insorti huthi e i loro rivali lealisti sostenuti da una coalizione internazionale a guida saudita. L’Onu da settimane lavora per un disimpegno delle forze militari dalle zone dei porti e dei granai di Hodeidah, per consentire alle organizzazioni umanitarie di distribuire gli aiuti.

Griffiths ha detto che le oltre cinquantamila tonnellate di grano immagazzinate nei magazzini di Hodeidah, gestiti dal Programma alimentare mondiale (Pam), sono destinate a più di tre milioni e mezzo di persone. «Scadono dopo un mese, ma sono bloccate nei granai da cinque mesi» ha detto Griffiths. «Noi sottolineiamo che garantire l’accesso ai mulini rappresenta un segnale di una responsabilità condivisa tra le parti in conflitto in Yemen. Con un accesso sicuro, libero e sostenuto, le Nazioni Unite possono rendere fruibile questo cibo per le persone che ne necessitano», si legge in una nota diffusa ieri pomeriggio.

L’Onu sta aumentando le operazioni per fornire assistenza alimentare a circa dodici milioni di persone che in Yemen combattono ogni giorno per il cibo. Sul terreno, intanto, la situazione della popolazione civile è sempre più precaria. La vita oggi in Yemen è impossibile: acqua corrente ed elettricità scarseggiano, il cibo non si trova, il prezzo della farina è quadruplicato. «I miei figli percorrono ogni notte chilometri per arrivare alle sorgenti. Camminano nel buio per non essere colpiti dai raid», ha raccontato un testimone di nome Mohammed alle Nazioni Unite. «Ogni giorno vado al lavoro ma vivo nell’angoscia per la mia famiglia quando sento il rombo degli aerei arrivare», ha spiegato Abdullah. Come Abdullah e Mohammed, l’82 per cento degli yemeniti ha bisogno di assistenza umanitaria per poter sopravvivere.

«Se anche la guerra finisse oggi, lo Yemen resterebbe una voragine umanitaria enorme, una crisi comparabile soltanto a quella siriana» ha detto Johannes Van Der Klaauw, rappresentante dell’Unhcr (l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite). «È una crisi che si protrae da anni, aggravata da questa guerra: l’Onu ha denunciato violazioni del diritto umanitario da ambo le parti. Ma è documentato che la grande maggioranza delle vittime civili è causata dai raid aerei. Questi attacchi devono finire» ha spiegato il rappresentante dell’Onu.

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