Antonio Ingroia: “Ci sono sempre più evidenze sul patto tra Stato e Cosa nostra”
Giulia Pacifici e Salvo Catalano
Ieri il palco del Premio Ilaria Alpi ha visto protagonista Antonio Ingroia, procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia presso il Tribunale di Palermo
Uomo di punta della lotta alla criminalità organizzata, si è occupato di molti processi importanti quali la morte dei giornalisti Mauro Rostagno e Mauro de Mauro, e la condanna in primo grado per associazione mafiosa al senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri. Lo abbiamo intervistato sugli argomenti scottanti che attualmente animano il dibattito pubblico: il patto tra Stato e potere mafioso.
Dottor Ingroia, oggi si parla molto della trattativa tra Stato e mafia dei primi anni Novanta. Come mai, che cosa si è scoperto di nuovo?
“Ritengo che siano state soprattutto le novità investigative che si sono profilate nell'ultimo anno, in particolare le dichiarazioni di Massimo Ciancimino, figlio di Vito Ciancimino, l’ex sindaco di Palermo, e le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, nuovo collaboratore di giustizia. Entrambe hanno evidenziato fatti nuovi che hanno dato maggior spessore all’ipotesi di una trattativa sviluppata a cavallo delle stragi, tra Cosa nostra e parti dello Stato, per trattare una sorta di tregua”.
A confermare l’ipotesi del patto sono arrivate, dopo vent’anni, anche le dichiarazioni di alcuni politici.
“L’ex ministro Martelli, la dottoressa Ferraro (ex direttori degli Affari penali al ministero della Giustiza, ndr), il presidente Ciampi e altri ancora hanno confermato ulteriormente questo quadro. In più c'è un processo attualmente in corso a Palermo, che vede imputato il generale Mario Mori, ex direttore del Sisde, anche in relazione ai suoi rapporti con Ciancimino. Alcune trasmissioni televisive, molti articoli di giornale, molte inchieste giornalistiche hanno richiamato l'attenzione su questa stagione difficile che ha segnato l'inizio della seconda Repubblica e sulla quale va fatta luce”.
Si parla molto anche dei referenti politici che allora Cosa nostra cercava. Si può dire effettivamente che Forza Italia sia nata per soddisfare le esigenze della mafia?
“Ho svolto il ruolo di pubblico ministero nel processo al senatore Dell'Utri, che venne condannato in primo grado. In quella requisitoria affermai non che Forza Italia fosse nata nell’interesse di Cosa nostra, ma che l’iniziativa di Dell’Utri per far nascere Forza Italia era ispirata dall’intenzione di andare incontro soprattutto a un’esigenza di Cosa nostra di trovare un referente politico, e che Dell’Utri, negli interessi della mafia, aveva avviato questa sua iniziativa politica”.
Fonte: http://www.ilariaalpi.it/
19 Giugno 2010