Annapolis. La svolta inattesa


Antonio Ferrari


Molti scommettevano sul fallimento. Errore, perché le svolte mediorientali si manifestano quasi sempre nei momenti di diffuso pessimismo. Il solenne impegno annunciato ieri dal premier israeliano Ehud Olmert e dal presidente palestinese Abu Mazen di cominciare subito i negoziati, per concluderli entro il 2008.


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Annapolis. La svolta inattesa

Molti scommettevano sul fallimento. Errore, perché le svolte mediorientali si manifestano quasi sempre nei momenti di diffuso pessimismo. Il solenne impegno annunciato ieri dal premier israeliano Ehud Olmert e dal presidente palestinese Abu Mazen di cominciare subito i negoziati, per concluderli entro il 2008, prima dell'uscita di scena di George W. Bush, rilancia speranze che pochi osavano formulare. Dono prezioso per il presidente degli Stati Uniti che ha aperto, con evidente soddisfazione, la conferenza che non può e non deve fallire, perché un fallimento avrebbe conseguenze disastrose e sanguinose per la regione più tribolata del mondo.
Bush, ad Annapolis, ha detto che «l'obiettivo è di far ripartire il negoziato, non di concludere un accordo». Entrare nel labirinto dei problemi concreti (Gerusalemme, rifugiati, frontiere, acqua e sicurezza) avrebbe fatto deragliare una «storica opportunità». Ma annunciare l'impegno davanti ai rappresentanti di 50 Paesi, tra cui 16 arabi, molti dei quali sono sempre formalmente in guerra con Israele, ha un valore straordinario. Anche perché tutti, protagonisti e comprimari convenuti nel Maryland, hanno qualcosa da guadagnare. Probabilmente ha ragione l'ironico articolista dell'Arab News che scrive: «Aspettati niente, conquista qualcosa, goditi i risultati».
«Aspettati niente», perché pensare di risolvere subito il conflitto israeliano-palestinese era ed è impossibile. Ma quell'«aspettati niente! » è come un esorcismo preliminare che moltiplica le suggestioni della sfida.

«Conquista qualcosa», perché, in fondo, non è difficile. Gli Stati Uniti, dopo il fallimento iracheno, hanno potuto ospitare quasi tutti gli attori, amici e nemici. L'Unione Europea, dopo anni di divisioni e tentennamenti, è riuscita ad aiutare gli Usa con iniziative diplomatiche più incisive: se la Siria ha accettato di partecipare è merito suo. Proprio Damasco ha raggiunto l'obiettivo che si prefiggeva: uscire dal novero dei «Paesi canaglia» e tornare nel salotto buono, pronta a chiedere e, magari sottobanco, ad offrire. I ricchi sauditi, che in passato lasciavano ad altri la gestione politica delle varie crisi, si presentano come soggetto propositivo, con l'obiettivo di cementare il piano, presentato due volte ai vertici della Lega araba, che prevede di normalizzare i rapporti con Israele in cambio della restituzione di tutti i territori occupati.

«Goditi i risultati», perché qualche risultato c'è già. Oltre all'impegno di israeliani e palestinesi, si è rianimato il Quartetto (Usa, Ue, Onu e Russia), al quale era stato affidato il compito di ricomporre i cocci e rilanciare il processo di pace. Fino a ieri il Quartetto era un fantasma. Adesso, scelto un unico e prestigioso inviato, l'ex premier laburista britannico Tony Blair, potrà lavorare su problemi concreti.
Un altro risultato di Annapolis è la reazione scomposta di chi teme la svolta: l'Iran e i suoi alleati. Ecco perché la foto di gruppo, stavolta, vale più di una promessa.

Fonte: Corriere della sera

28/11/2007 

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