Annapolis. D’Alema dichiara: “Bravo Bush, è stato coraggioso”
Vincenzo Nigro
Il ministro degli Esteri esalta il successo della Conferenza: “Parte un lungo percorso, questa riunione è un successo di per sé, per il fatto stesso che Gorge Bush abbia deciso questo passo coraggioso: gli Stati Uniti hanno messo in gioco la loro credibilità, al massimo livello, si sono esposti e sanno che saranno i primi a pagare il prezzo di un eventuale fallimento”.
Il coraggio di Gorge Bush, la paura dell’Iran. Sono le due spinte che Massimo D’Alema vede dietro il successo di questa conferenza di Annapolis. Due spinte che hanno convinto gli americani a giocare il tutto per tutto, arrivando a imporre a Israele e Palestina il ruolo di un’America che diventa “giudice” del processo di pace. Un ruolo che il ministro degli Esteri italiano apprezza e incoraggia, anche se potrebbe mettere da un lato l’Europa e il resto della comunità internazionale.
“Parte un lungo percorso, dice D’Alema, questa riunione è un successo di per sé, per il fatto stesso che Gorge Bush abbia deciso questo passo coraggioso: gli Stati Uniti hanno messo in gioco la loro credibilità, al massimo livello, si sono esposti e sanno che saranno i primi a pagare il prezzo di un eventuale fallimento”. Il secondo tema è quello del timore dell’Iran, del grande gigante sciita che è riuscito ad affacciarsi sul Mediterraneo con Hamas e con Hezbollah. L’Iran in qualche modo è il “collante”, il catalizzatore che riavvicina gli interessi degli Stati Uniti e degli arabi sunniti.
Il ministro degli Esteri ragiona e sceglie toni di forte apertura all’iniziativa politica di un presidente americano che aveva sempre criticato, anche con sarcasmo:” La partecipazione degli arabi non era sicura fino all’ultimo momento: se hanno deciso di esserci, con l’Arabia Saudita e la Siria, è perché hanno deciso di impegnarsi per dare credibilità all’iniziativa americana”. D’Alema insiste sul fatto che il “gesto” di Bush in qualche modo responsabilizza gli Stati Uniti: “Si è rovesciato l’approccio con cui l’amministrazione aveva guardato al Medio Oriente. Erano partiti dall’idea che spodestando Saddam Hussein e con l’avvento della democrazia in Iraq ci sarebbe stato un effetto di spill over in tutta la regione. In realtà il problema è ripartire dalla questione israelo-palestinese , per evitare che l’unico vero spill over dopo l’Iraq sia la crescita dell’influenza dell’Iran e un’ondata fondamentalista che rischia di travolgere i paesi più amici degli americani. Questa correzione di rotta è in corso oramai da tempo, e oggi ad Annapolis trova il suo momento più significativo”.
D’Alema vede che gli Stati Uniti si sono ritagliati uno spazio centrale, dominante nel futuro negoziato, “ma questo non è male: l’Europa, il quartetto e la Comunità Internazionale avranno sempre il loro ruolo, ma è importante che gli Usa si sentano responsabilizzati al successo della pace”. Talmente responsabilizzati da essersi ritagliati il ruolo di “giudici” nel processo negoziale, come recita senza equivoco la dichiarazione comune che Bush ha letto e fatto accettare ieri a Olmert e Abu Mazen.
Fonte: Repubblica
28/11/2007