Andare a scuola sulle colline a sud di Hebron


Tavola della pace


La vita ad Al Mufaqara e ad At Tuwani, due villaggi palestinesi nel sud della Cisgiordania, vicino ad Hebron, tra scontri e risposte pacifiche


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grotta_casa

Si definisce “area C” la parte dei territori palestinesi sotto il controllo militare e amministrativo israeliano. Il villaggio di Al Mufaqara, sulle colline a sud di Hebron è in “area C”. Qui vive la famiglia di Said. Ieri l’altro stava lavorando alla costruzione di una cisterna interrata per la raccolta dell’acqua piovana, non c’è altro modo per avere l’acqua. In quest’area per fare qualunque cosa occorre chiedere il permesso alle autorità israeliane che sistematicamente te lo negano, così Said si è messo a costruire senza permesso questo pozzo di raccolta. Sono arrivati i militari israeliani per impedirgli la costruzione del pozzo, ma lui voleva continuare a lavorare e così hanno cominciato a picchiarlo. Quando sono arrivate le volontarie dell’Operazione Colomba, progetto della Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini, hanno potuto vedere tutta la scena. L’intervento dei militari dovrebbe essere, secondo il diritto israeliano, preceduto da un alert, da un ordine di demolizione, in questo caso invece sono arrivati direttamente senza seguire le procedure che loro stessi hanno stabilito.

Said è un personaggio significativo per il villaggio, una sorta di riferimento religioso.

Le donne della famiglia, la moglie, le figlie, hanno tentato di difenderlo ma sono state prese anche loro a colpi. La figlia è finita in ospedale per una botta ricevuta all’addome. Sono arrivati anche altri uomini e donne dai villaggi vicino, ma non sono riusciti ad impedire il suo arresto.

Questo intervento dei militari israeliani fa parte di un’azione continua che vuole spingere via da qui i palestinesi che vivono in questi luoghi. Vicino ad Al Mufaqara si trova l’insediamento israeliano di Ma’On. Poco distante a meno di cinquecento metri c’è un altro villaggio fatto di container prefabbricati. Questo è invece recintato e protetto militarmente all’ingresso. Si tratta di un avamposto israeliano, cioè un insediamento illegale anche per lo Stato d’Israele che però dai militari viene tollerato e protetto. Gli avamposti sono l’azione di ebrei ultranazionalisti che rivendicano tutta la terra di Palestina come terra d’Israele concessa biblicamente al popolo di Dio. Così, da un giorno all’altro, arrivano si piazzano in un pezzo di terra e cominciano a viverci, prima con tende, poi con container prefabbricati fino a divenire stanziali con costruzioni in muratura. Secondo il diritto israeliano questi insediamenti abusivi dovrebbero essere sgomberati e distrutti, ma qui le cose che vengono distrutte sono solo le costruzioni palestinesi. E va avanti così da anni. La maggior parte degli altri insediamenti nei territori palestinesi sono legali per Israele, ma considerati illegali per la comunità internazionale.

Ad Al Mufaqara, poco distante dall’abitazione e dal pozzo di Said, circa un anno venne distrutta persino la piccola moschea. Un segnale forte per dire andatevene via. Ma forte è stata anche la risposta non violenta dei palestinesi, di buona lena, tutti insieme, l’hanno ricostruita. E così hanno fatto anche per il pozzo di Said. Dopo il suo arresto tutti insieme hanno completato la cisterna di raccolta. Sarà una bella sorpresa per lui quando uscirà di prigione e tornerà a casa, nella grotta dove vive perché ad Al Mufaqara si vive nelle grotte, troverà il suo pozzo completato.

I volontari dell’Operazione Colomba non hanno dubbi, questa lotta popolare non violenta, continua, insistente è l’unico motivo per il quale i palestinesi di questi villaggi riescono ancora a vivere e resistere in queste colline. Ad ogni distruzione rispondono con una ricostruzione. Ad ogni violenza subita rispondono appellandosi ad avvocati, alla denuncia mediatica, al coinvolgimento degli osservatori internazionali. Certamente è il risultato di un’azione congiunta fra il comitato popolare palestinese, i pacifisti israeliani e i volontari italiani che in questi villaggi ci vivono e convivono dal 2005.

Poco più a nord, verso Hebron, c’è il paese di At Tuwani, qui c’è la scuola elementare dove ogni giorno arrivano i bambini dai villaggi vicini, come da Al Mufaqara. Alcuni di loro devono passare per un sentiero che costeggia l’insediamento di Ma’On e lo fanno scortati dai militari israeliani. I coloni che risiedono in questa colonia infatti non perdono occasione per rendere la vita difficile ai palestinesi che abitano i villaggi. Capita spesso che i pastori si trovano le pecore uccise per avvelenamento, gli asini vengono presi di mira, le piccole coltivazioni occasionalmente bruciate, gli ulivi tagliati, e poi i sassi addosso. Sassi, bastoni, coltelli, è ciò che viene usato per fare violenza agli abitanti dei villaggi. Anche i bambini che vanno a scuola, ogni mattina rischiano di prendersi le sassate lungo il sentiero e molte volte le hanno prese.

Queste azioni violente dei coloni nei confronti dei bambini hanno portato alla scelta paradossale di assegnare loro una scorta dell’esercito israeliano. Così ogni giorno, due volte al giorno, andata e ritorno, i bambini vengono scorati a scuola.

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