Amnesty International: “Condanne a morte in 21 paesi, torture in almeno 101”
Redattore Sociale
Rapporto 2012. Nei bracci della morte ci sono 18.750 prigionieri. Restrizioni alla libertà d’espressione in almeno 91 paesi; ogni anno 500 mila persone muoiono per atti di violenza armata.
Restrizioni alla libertà d’espressione in almeno 91 paesi; maltrattamenti e torture in almeno 101 paesi, soprattutto nei confronti di persone che avevano preso parte a manifestazioni antigovernative; condanne a morte eseguite in 21 paesi ed emesse in 63; almeno 18.750 prigionieri nei bracci della morte. Sono questi i principali dati contenuti nel Rapporto annuale 2012 di Amnesty international.
Almeno il 60% delle violazioni dei diritti umani – prosegue il Rapporto – è legato all’uso di armi di piccolo calibro e armi leggere; almeno 55 tra gruppi armati e forze governative arruolano bambini come soldati o ausiliari; solo 35 paesi pubblicano rapporti nazionali sui trasferimenti di armi convenzionali e ogni anno 500 mila persone muoiono per atti di violenza armata.
Per quanto riguarda in particolare le Americhe, Amnesty documenta che sono stati fatti alcuni passi avanti nella lotta contro l’impunità, ma le forze di sicurezza hanno proseguito a commettere torture, esecuzioni extragiudiziali e sparizioni. Difensori dei diritti umani in America Latina e nei Caraibi hanno subito minacce, intimidazioni e attacchi mortali. I popoli nativi hanno continuato a lottare per i loro diritti, specialmente quello alla terra, ma gli interessi delle aziende hanno spesso prevalso sulle loro rivendicazioni. Migranti in transito per il Messico sono stati attaccati, stuprati e uccisi.
In molti paesi dell’Africa Subsahariana si sono svolte manifestazioni antigovernative, represse con la violenza dalle forze di sicurezza che hanno usato armi letali contro i dimostranti rimanendo quasi sempre impunite. La violenza e i conflitti armati hanno provocato indicibili sofferenze e innumerevoli vittime in Costa d’Avorio, regione orientale della Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sud Sudan e Sudan.
In Medio Oriente e Africa del Nord le rivolte popolari hanno deposto regimi al potere da decenni. Manifestanti e dissidenti hanno subito violenza e repressione e scarsi tentativi sono stati fatti per chiamare i responsabili a rispondere del loro operato. In Egitto, Libia e Tunisia, migliaia di prigionieri politici sono stati rilasciati e la libertà d’espressione è stata ampliata. Tuttavia, sono proseguite le violazioni che avevano luogo sotto i precedenti regimi, come la tortura e l’uso eccessivo della forza contro i manifestanti e le restrizioni alla libertà di parola. In tutta la regione, la radicata discriminazione contro donne, minoranze e migranti è rimasta diffusa. Sono aumentate le esecuzioni capitali, in particolare in Iraq, Arabia Saudita, Iran e Yemen.
In Asia e nel Pacifico la libertà d’espressione ha subito restrizioni. In India sono state introdotte nuove restrizioni ai social media. Migliaia di dissidenti sono rimasti nei campi di prigionia della Corea del Nord. In Thailandia sono state inflitte dure pene detentive per offese alla famiglia reale. In Pakistan due politici sono stati assassinati per aver contestato l’uso delle leggi sulla blasfemia. Torture e maltrattamenti sono stati documentati in numerosi paesi, tra cui Corea del Nord e Cina.
Ultimo focus sull’Europa e l’Asia Centrale: in tutto lo spazio ex sovietico i difensori dei diritti umani e i giornalisti sono stati perseguitati, intimiditi e picchiati. In Kazakistan, Turkmenistan e Uzbekistan persone che avevano criticato le autorità sono state sottoposte a processi irregolari e a persecuzioni. Le proteste antigovernative in Bielorussia e Azerbaigian sono state stroncate con la violenza o dichiarate illegali e i loro organizzatori imprigionati. In Russia persone che prendevano parte a manifestazioni contro il governo hanno subito violenza. Almeno 1500 migranti e rifugiati, tra cui donne incinte e bambini, sono annegati mentre cercavano di raggiungere l’Europa via mare. L’Unione europea ha respinto imbarcazioni piuttosto che cercare di impedire la morte delle persone a bordo. L’Italia ha espulso molte persone arrivate dalle Tunisia e altri paesi, come Francia e Regno Unito, hanno rifiutato di reinsediare migranti libici. Le minoranze, come i migranti, i rom e le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender hanno subito ampie discriminazioni.
Fonte: http://www.redattoresociale.it
24 maggio 2012