Amnesty: “In Libia gravi violazioni, detenuti uccisi dai lealisti”


Giorgio Beretta - unimondo.org


Detenuti torturati sia dalle forze pro-Gheddafi sia dai ribelli: la delegazione Amnesty in Libia chiede impegno ad assicurare l’incolumità dei prigionieri in custodia.


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Amnesty: "In Libia gravi violazioni, detenuti uccisi dai lealisti"

Una delegazione di Amnesty International, giunta in Libia martedì 23 agosto, ha raccolto testimonianze di detenuti che hanno subito torture sia da parte dei soldati pro-Gheddafi che da parte delle forze ribelli nella zona di Az-Zawiya. Amnesty si è perciò appellata a entrambe le parti coinvolte nel conflittoin corso in Libia chiedendo loro di proteggere i detenuti dalla tortura.

Martedì 23 agosto, Amnesty International ha incontrato rappresentanti delle forze ribelli nei locali della scuola Bir Tirfas, usata ora come centro di detenzione per i soldati pro-Gheddafi e per presunti mercenari e civili fedeli al colonnello. I rappresentanti delle forze ribelli hanno dichiarato che le violazioni dei diritti umani commesse sotto il precedente regime non si ripeteranno. Hanno aggiunto che tuteleranno il diritto dei detenuti a essere trattati con dignità e che questi riceveranno processi equi.

Tra i detenuti in particolare pericolo vi sono i lavoratori migranti in Libia arrestati semplicemente a causa del colore della pelle perché considerati “mercenari stranieri”. Secondo i responsabili del centro di detenzione di Az-Zawiya, un terzo dei prigionieri sarebbe costituito da “mercenari stranieri”, tra cui cittadini del Ciad, del Niger e del Sudan. Quando Amnesty International ha parlato con diversi di loro, hanno affermato di essere lavoratori migranti, arrestati nelle loro case o sul posto di lavoro. “Nessuno indossava uniformi militari. Hanno detto di temere per la loro vita poiché i loro rapitori e le guardie li hanno minacciati di essere eliminati o condannati a morte” – riporta l’associazione.

Fin dall'inizio dei recenti combattimenti a Tripoli, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), António Guterres, ha lanciato un appello a tutte le parti coinvolte nel conflitto libico affinché venga garantita un’adeguata protezione alle migliaia di cittadini di paesi terzi intrappolati a Tripoli e nelle altre zone interessate a causa dei combattimenti. “Migliaia di cittadini di paesi terzi presenti in Libia stanno vivendo momenti di grande paura ed incertezza” – ha affermato Guterres. “Nelle fasi precedenti di questa crisi abbiamo visto che queste persone, specialmente africani,possono essere particolarmente esposte agli effetti del conflitto o ad atti di vendetta”.

La delegazione di Amnesty International ha inoltre scoperto prove di stupri commessi contro i detenuti nella famigerata prigione di Abu Salim, a Tripoli. Ex detenuti hanno dichiarato di aver visto giovani uomini portati fuori dalle celle di notte e rientrati diverse ore dopo con l'aspetto stravolto. Migliaia di uomini, tra cui civili estranei ai combattimenti, sono “scomparsi” durante il conflitto dopo essere stati presi dalle forze pro-Gheddafi. Le loro famiglie vivono da mesi nell'angoscia di non conoscere la loro sorte. 

Coloro che sono stati liberati dalle carceri di Tripoli e di Sirte raccontano storie di tortura. Hanno descritto ad Amnesty International di essere stati picchiati con cavi di metallo, manganelli, bastoni e di essere stati sottoposti a scariche elettriche. I delegati di Amnesty International hanno anche incontrato uomini che hanno riferito di essere stati feriti a colpi di pistola dai soldati pro-Gheddafi dopo che erano stati catturati e dunque non costituivano più alcuna minaccia.

Fonti militari del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) hanno affermato che oltre10mila detenuti sono stati liberati dalle carceri libiche dopo che le milizie ribelli hanno conquistato Tripoli, ma almeno altri 50mila risultano ancora dispersi.

Inoltre Amnesty International ha raccolto prove che le forze leali al colonnello Gheddafi hanno ucciso numerosi detenuti in due campi militari a Tripoli, il 23 e 24 agosto. Testimonianze oculari di detenuti evasi hanno descritto come le truppe lealiste hanno usato granate e armi da fuoco su decine di prigionieri in un campo mentre le guardie dell'altro campo hanno sparato a morte a cinque detenuti, che erano trattenuti in isolamento. “Le forze lealiste in Libia devono immediatamente fermare queste uccisioni di prigionieri, ed entrambe le parti devono impegnarsi ad assicurare l'incolumità dei prigionieri in custodia” – ha dichiarato Amnesty International. “Anche se il colonnello Gheddafi è con le spalle al muro, con un mandato di arresto della Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità, le sue truppe continuano nel loro flagrante disprezzo della vita umana e del diritto internazionale umanitario” – denuncia l’associazione che ricorda come “torturare o uccidere prigionieri è un crimine di guerra per ognuna delle parti in conflitto”.

Detenuti evasi dal campo militare a Khilit al-Ferjan, a sud-ovest di Tripoli, hanno descritto come la sera del 23 agosto circa 160 detenuti hanno iniziato a fuggire dall'hangar di metallo dove erano trattenuti. Due guardie hanno detto loro che i cancelli erano aperti. Mentre i detenuti spingevano i cancelli, altre due guardie hanno aperto il fuoco e lanciato cinque granate a mano nel mucchio. Non è chiaro come molti siano sopravvissuti ma, secondo le informazioni in possesso di Amnesty International, almeno 23 detenuti sono riusciti a scappare, compresi quattro che hanno ricevuto trattamenti sanitari nell'ospedale di Tripoli.

Il 24 agosto, a cinque chilometri dal campo militare Qasr Ben Ghashir, guardie fedeli al colonnello Gheddafi hanno ucciso a colpi d'arma da fuoco cinque detenuti che erano trattenuti in celle d'isolamento. In questo campo militare c'erano circa 75 persone catturate durante il conflitto. Ex detenuti hanno poi detto ad Amnesty International di aver udito le guardie che aprivano cinque celle e subito dopo gli spari. I detenuti, presi dal panico, sono scappati dalle loro celle, temendo che sarebbero stati uccisi. Mentre uscivano, le cinque guardie di turno sono fuggite, lasciandosi dietro i corpi delle cinque vittime. Stando alle fonti, entrambi i campi, sia Khilit al-Ferjan che Qasr Ben Ghashir, sono stati usati dalla brigata Khamis Katiba, guidata da Khamis Gheddafi, figlio del colonnello Gheddafi.

Intanto Medici senza Frontiere riporta che gli ospedali di Tripoli non dispongono degli strumenti sufficienti per far fronte all’emergenza sanitaria e per il soccorso di feriti e delle vittime delle violenze in atto in questi giorni. "Le cliniche stanno ricevendo un numero sempre maggiore di traumatizzati gravi: in una somno stati curati 100 pazienti solo durante il primo giorno di violenze" – riporta MSF. Appena la situazione lo permetterà, le équipe di MSF cercheranno anche di avere accesso ad altre strutture nella città. A Tripoli al momento ci sono tre équipe di MSF che verranno presto raggiunte da altro personale sanitario dalla Tunisia e da altre parti della Libia.

Fonte: Unimondo.org

29 agosto 2011

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