Alla democrazia in Libia non serve l’avventurismo militare


Arci


Aumentare la pressione politica per il cessate il fuoco. Siamo senza incertezze schierati con le rivolte del mondo arabo.


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Alla democrazia in Libia non serve l'avventurismo militare

Siamo senza incertezze schierati con le rivolte del mondo arabo. Per anni abbiamo cercato di sostenere gli attivisti dei diritti umani, sociali e culturali che pagavano con la repressione il prezzo del loro impegno. Ci siamo battuti contro gli accordi interessati che l'Italia e l'Europa continuavano a stringere con i dittatori per sfruttare meglio quei mercati e per militarizzare le frontiere contro l'arrivo dei migranti.

Dal primo giorno della rivoluzione dei gelsomini in Tunisia abbiamo organizzato appelli, manifestazioni e iniziative, ricordando che la conquista della democrazia nel Mediterraneo è condizione del nostro stesso futuro. Siamo in permanente rapporto con le reti di società civile dell'area, e proseguiamo senza sosta l'impegno per l'accoglienza dei migranti e dei profughi.

Abbiamo sperato che, come in Egitto e in Tunisia, la forza pacifica della rivolta popolare riuscisse a liberare in pochi giorni la Libia da Gheddafi e il suo regime. Il passato coloniale dell'Italia di cui quest'anno cade il centenario, il sostegno aperto e surreale dato al dittatore dal governo Berlusconi, l'enorme mole di armi vendute dal nostro paese alla Libia aumentano la nostra responsabilità verso quel popolo.

Da settimane i nostri amici libici imploravano una azione della comunità internazionale e la no-fly zone, per impedire al dittatore di stroncare la rivolta. Oggi, mentre Gheddafi ha già riconquistato gran parte del paese, l'ONU la ha dichiarata e la gente di Bengasi festeggia.

La risoluzione 1973 e' complessa. Si presta a molte ipotesi di gestione concreta. Apprezziamo l'impegno a proteggere la popolazione civile, il chiaro rifiuto dell'opzione di occupazione militare straniera, la priorità del cessate il fuoco e della soluzione politica, il rafforzamento dell'embargo militare e commerciale, il riconoscimento del ruolo prioritario della Unione Africana, della Lega Araba, della Conferenza Islamica.

Conosciamo però per esperienza i rischi di innalzamento e di allargamento del conflitto connessi alla no-fly zone, al coinvolgimento militare delle potenze occidentali e alla possibile escalation, alle ritorsioni di Gheddafi che sono purtroppo da mettere nel conto.

E siamo perciò assolutamente preoccupati dei possibili sviluppi nelle prossime ore, soprattutto di fronte all'atteggiamento interventista di alcuni paesi, primi fra tutti Francia e Gran Bretagna.

Importanti governi si sono astenuti nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu, preoccupati dell'impossibilità di tenere la no-fly zone nei suoi stretti confini di deterrenza. Molti altri la appoggiano ma condividono lo stesso timore.

Chiediamo a tutti di opporsi in queste ore all'interventismo militare e di aumentare invece la pressione politica, utilizzando il potere deterrente della nuova risoluzione perché si arrivi a un vero e duraturo cessate il fuoco, che consenta l'inizio di una transizione in Libia.

L'annuncio della fine dell'offensiva da parte del regime arrivata in queste ore è una opportunità che va colta e sfruttata al meglio dalla comunità internazionale. Gli insorti vanno sostenuti, la popolazione civile va difesa, Gheddafi va fermato, ma non è con un'altra guerra occidentale che la democrazia nel mondo arabo potrà affermarsi.

Fonte: www.arci.it
18 Febbario 2011

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