Alla Camera si discute la proposta de “L’Italia sono anch’io”
Gruppo Abele
Negli scorsi giorni alla Camera si è aperta, poco seguita dai media, la discussione sulla campagna per la cittadinanza e sul diritto di voto agli immigrati, sospinta dall’iniziativa del coordinamento “L’Italia sono anch’io”.
Un'istanza giunta "dal basso", promossa da 19 organizzazioni italiane che nel mese di marzo hanno consegnato 110.000 firme al Parlamento, proponendo un investimento sul futuro di questo Paese: la concessione del diritto di cittadinanza ai figli degli immigrati nati sul suolo italiano e la possibilità di voto per i migranti regolarmente presente nel nostro Paese. In Italia vige infatti la regola dello "ius sanguinis", in base alla quale i bambini "ereditano" la cittadinanza dei propri genitori, e solo al compimento della maggiore età hanno diritto a chiedere quella dello Stato in cui vivono e sono nati. Una modalità che non favorisce l'integrazione e che, per di più, mal risponde alle dinamiche economiche e sociali dei Paesi in cui il fenomeno dell'immigrazione ha assunto un ruolo rilevante, Italia compresa. In molti stati di tradizione democratica, infatti, il diritto di cittadinanza si fonda sul principio dello "ius soli", secondo cui chi nasce in quel territorio ne diviene automaticamente cittadino, come negli Stati Uniti o in Canada. Per quanto riguarda il diritto di voto per i cittadini stranieri in molti paesi europei – come il Belgio, la Danimarca, l'Olanda, la Spagna o la Svezia – l'accesso al diritto di elettorato di chi non sia cittadino è una realtà, a differenza che in Italia. Mentre anche in altri paesi soprattutto ex-coloniali, come l'Inghilterra e la Francia, i criteri di acquisto della cittadinanza, a cui è collegato il diritto di elettorato, sono più flessibili di quelli italiani che, proprio perché legati allo ius sanguinis, rendono più difficoltoso il divenire cittadini per gli immigrati ed i loro famigliari. Quello che la campagna "L'Italia sono anch'io" e i suoi sostenitori chiedono è la possibilità di partecipazione politica ed amministrativa, nonché il diritto di elettorato attivo e passivo a livello regionale e locale, di chi, pur non essendo cittadino italiano, sia regolarmente soggiornante in Italia, anche se non in possesso della cittadinanza. La grande mobilitazione volontaria da parte di oltre 100 mila persone su queste due leggi di iniziativa popolare, testimonia che un'evoluzione del diritto in questo senso nel nostro Paese è sentita da molti italiani. La discussione alla Camera è stata programmata per fine giugno. Sebbene alcune dichiarazioni dell'attuale premier Mario Monti portino a pensare che su questo tema il Governo non sia pronto ad intervenire con risolutezza, a causa di uno scenario politico nazionale reso instabile e frammentato dalla crisi dei mercati finanziari, la società civile sta a guardare, ritenendo fondamentale non subordinare i diritti umani all'economia e alla finanza.
Fonte: http://www.gruppoabele.org
11 Giugno 2012