Aleppo assediata dalla propaganda
Chiara Cruciati
Damasco contrattacca e riprende i quartieri a ovest occupati a suon di missili e kamikaze dalle opposizioni. La Russia minaccia nuovi raid mentre arrivano le navi da guerra. A pagare sono i civili.
La Siria non è un solo campo di battaglia, ma teatro di conflitti diversi legati da un filo invisibile. Gli scontri più violenti si combattono a nord, come se nel resto del paese la guerra civile fosse congelata. Così non è, il brutale confronto si svolge quotidianamente anche a sud e intorno Damasco, ma molte delle forze in campo si concentrano nei distretti settentrionali nella convinzione che decideranno vinti e vincitori.Raqqa e Aleppo, in tale contesto, sembrano mondi a parte. Da una parte si lotta per estirpare lo Stato Islamico, dall’altra per stabilire chi si prenderà la Siria, tra i fronti anti e pro-Assad. Eppure i due conflitti sono collegati: giunta al suo nono giorno, l’operazione “Ira dell’Eufrate” delle Forze Democratiche Siriane dirà molto del futuro del paese. Ad avanzare sono i kurdi di Rojava provocando mal di pancia alla Turchia che lì svolge un doppio ruolo: barriera all’avanzata kurda e supporto militare alle opposizioni.
Si arriva così ad Aleppo dove l’attenzione dei media è calata nonostante la perdurante atmosfera bellica che la avvolge. La controffensiva di fine ottobre delle opposizioni guidata dall’ex al-Nusra (oggi Jabhat Fatah al-Sham) ha ucciso 100 civili e 143 soldati – contro 215 miliziani – e permesso di entrare in alcuni quartieri occidentali sotto il controllo governativo aprendosi la strada con kamikaze e missili.
Il presidente Putin ha però imposto alla sua aviazione di non riprendere i raid interrotti a metà ottobre, per le opposizioni un “silenzio” volto a intensificare i bombardamenti su Idlib, sotto Fatah al-Sham, e a preparare un attacco più consistente con l’aiuto di una portaerei e due cacciatorpedinieri arrivati a Tartous. Un’eventualità riportata anche da alcuni media libanesi che parlano del dispiegamento di altre unità militari alla periferia di Aleppo.
A muoversi è stato dunque l’esercito di Damasco che due giorni fa ha ripreso il quartiere Dahiyet al-Assad e nei giorni scorsi il distretto 1070 Apartaments e colline nella zona sud-ovest, fondamentali per il passaggio sicuro delle truppe di Assad verso il centro.
Mosca, per ora, preferisce un ruolo falsamente defilato dove minacce e promesse si alternano: quattro giorni fa ha paventato una ripresa dei raid nel caso nuove controffensive delle opposizioni per poi rivolgersi ieri all’Onu per chiedere conferme sulla consegna degli aiuti così da mantenere in piedi la propria tregua.
Secondo i russi i cessate il fuoco sono stati resi vani dai “ribelli” che hanno attaccato i convogli umanitari, versione contestata dall’altro fronte che imputa a Damasco il sabotaggio della tregua parziale. Le accuse incrociate hanno il sapore amaro della propaganda bellica: nessuno dei due fronti è interessato a garantire protezione ai civili sfibrati dalla scarsità di cibo, acqua e medicinali, guadagnando di più dallo sfruttamento delle sofferenze della popolazione e dall’uso dei civili come scudi umani, fisici e simbolici. E se muoiono tant’è, i decessi sono utili a sostenere l’una o l’altra narrativa.
Alle organizzazioni internazionali non resta che denunciare il collasso sanitario e la malnutrizione che ormai soffocano la città doppiamente assediata: venerdì l’Onu ha fatto sapere che le ultime razioni alimentari distribuite nei mesi passati ad Aleppo est sono terminate. Nena News
Chiara Cruciati è su Twitter @ChiaraCruciati
Fonte: http://nena-news.it
14 novembre 2016