Agisci. Fai la differenza. È la Giornata Mondiale Umanitaria


Miriam Rossi


L’ONU ha deciso di istituire la Giornata Mondiale Umanitaria consacrando il 19 agosto di ogni anno a tutti quegli uomini e quelle donne che dedicano la loro esistenza alle cause umanitarie e specialmente alla memoria di chi è morto durante il servizio svolto.


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Parafrasando una commemorazione alla libertà incisa sul Memoriale ai reduci della guerra di Corea a Washington DC, “peace is not free”. La pace non è gratuita, va costruita, specie laddove è in pericolo o è andata già perduta. Compito non semplice, affidato spesso alla volontà di operatori umanitari, chiamati a intervenire durante emergenze di ogni genere e spesso in condizioni di scarsa sicurezza “per portare aiuto in un Paese spesso sconosciuto a persone che ugualmente non conoscevano”. Che siano interventi gestiti dai governi, dalle istituzioni internazionali o da ong, con professionisti del settore o volontari alle prime armi, le attività di assistenza umanitaria in tutto il globo costituiscono un esempio concreto di cooperazione internazionale.

Per questa ragione l’ONU ha deciso di istituire la Giornata Mondiale Umanitaria, consacrando il 19 agosto di ogni anno a tutti quegli uomini e quelle donne che dedicano la loro esistenza alle cause umanitarie e specialmente alla memoria di chi è morto durante il servizio svolto. La data corrisponde alla ricorrenza del tragico attentato del 19 agosto 2003 al Canal Hotel di Baghdad, il Quartier Generale dell’Organizzazione in Iraq, nel quale persero la vita 22 funzionari ONU, tra cui il Rappresentante Speciale del Segretario Generale in Iraq Sergio Vieira de Mello, già Alto Commissario per i Diritti Umani.

Seppur si tratti del più cruento attentato subito dall’ONU dalla sua nascita nel 1945, sono molti i nomi di vittime, anche “eccellenti”, che hanno subito un’analoga sorte mentre erano al servizio della “causa della pace” dell’ONU. Il Medioriente è stato il primo a reclamare un tributo di sangue dato l’impegno profuso dall’Organizzazione nell’attuazione dello storico piano di partizione della Palestina: Ole Bakke, un norvegese membro della guardia ONU di stanza in Palestina, fu ucciso con colpi di arma da fuoco nel luglio 1948. Due mesi dopo fu assassinato il mediatore ONU nella controversia israelo-palestinese, il conte svedese Folke Bernadotte, già noto per aver negoziato e ottenuto la liberazione di circa 31.000 prigionieri dai campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale.

Nel 1961 un altro grave colpo fu assestato all’intero establishment dell’Organizzazione con l’assassinio del Segretario Generale dell’ONU Dag Hammarskjöld, insieme ad altri 15 uomini, in un incidente aereo dai contorni ancora oscuri mentre era in missione per trattare il cessate il fuoco tra le parti nella guerra civile scoppiata nel Congo ex belga dopo la proclamazione dell’indipendenza del Paese. Nelle ultime tre decadi l’ascesa del numero e della scala delle missioni di pace realizzate dall’ONU l’ha resa soggetta a rischi ancora più elevati: il numero degli operatori di pace uccisi durante gli anni Novanta è infatti stato più alto di quelli registrati nelle precedenti quattro decadi sommati insieme. Di fatto l’ONU stessa è divenuta un bersaglio: le sue sedi sono state attaccate non solo a Baghdad nel 2003 ma anche ad Algeri nel 2007 (17 morti) e a Kabul nel 2009 (8 morti). Il terremoto che ha devastato Haiti nel gennaio 2010 ha portato con sé anche 102 morti dello staff ONU presente in quel momento sull’isola.

La Giornata non vuole però essere una celebrazione del solo personale ONU ma di tutti quegli operatori umanitari che, all’interno di teatri conflittuali e particolarmente difficili, sono stati uccisi, gravemente feriti o sequestrati. Come non ricordare allora Vittorio Arrigoni, rapito e ucciso nell’aprile 2011 a Gaza? Oppure la tragica storia di Gabriele Moreno Lucatelli, volontario dei Beati Costruttori di Pace, colpito nell’agosto 1993 da una raffica di mitra mentre con altri compagni partecipava a un’azione simbolica sul ponte Vrbanja a Sarajevo. Due giovani uomini che hanno contraddetto, purtroppo a costo della loro vita, la falsa idea che quando c’è una guerra i semplici cittadini non possano fare niente e le speranze di pace vadano delegate agli “esperti” della politica e dell’ambiente militare. E come non ricordare le due ragazze rapite in Siria?

Come loro, sono molti i cooperanti, i funzionari, i volontari impegnati ogni giorno nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, dell’assistenza umanitaria e del rafforzamento della pace e della sicurezza internazionali. Un attivismo tanto necessario quanto ogni giorno il globo sembra arricchirsi di nuove conflittualità ed emergenze umanitarie; una percezione confermata dagli ultimi dati del 2014 forniti dall’Ufficio di Coordinamento per gli Affari Umanitari (OCHA) che ha rilevato un raddoppiamento delle crisi umanitarie nell’ultimo decennio. Come non condividere quindi il messaggio riportato sulla pagina web dedicata alla Giornata,

Più persone che mai prima hanno bisogno del nostro aiuto.

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Fonte: http://www.unimondo.org
19 Agosto 2014

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