A tre anni da terremoto. Gli aquilani: “Tutto fermo”


Redattore Sociale


Per vedere la città del presente bisogna lasciarsi alle spalle i palazzi terremotati di via XX Settembre, avvicinarsi alle periferie, dove stanno rispuntando case e negozi.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
A tre anni da terremoto. Gli aquilani: "Tutto fermo"

 Il volto sfigurato della ex Casa dello studente e' un monumento alla memoria: sulla rete metallica che divide la strada dalla voragine che ha inghiottito le macerie del vecchio studentato sventolano ancora le foto delle otto vittime del terremoto del 6 aprile 2009. Studenti uccisi dalla furia della natura ma anche e soprattutto dall'errore umano che aspettano ancora giustizia. Di fronte alle immagini dei loro volti sorridenti ogni giorno, su via XX Settembre, gli aquilani si fermano, si fanno il segno della croce e fanno volare il pensiero alla notte di tre anni fa che ha cambiato la vita della loro citta'. Una vita che non e' mai piu' tornata la stessa, nonostante le promesse della prima ora fatte dai governanti.
Lo sanno bene i sette pensionati che ogni giorno si riuniscono in piazza Duomo, un tempo teatro di passeggiate, incontri, appuntamenti, oggi palco vuoto su cui va in scena la nostalgia dei pochi aquilani che si fermano sulle panchine o vicino alla fontana. Marcello, Giorgio, Vincenzo, i due Tonino, Alberto e Paolo mai avrebbero pensato di passare i mesi della loro pensione su una piazza fantasma. Da qui comincia il viaggio della Dire dentro L'Aquila, a tre anni dal sisma. "Il nostro motto- scherza Giorgio Pomero, 73 anni, il piu' loquace dei pensionati di piazza Duomo- e' 'Immota manet'. Non succede nulla, tutto e' rimasto come prima. Le macerie le hanno portate via, ma la ricostruzione vera e propria non e' mai ricominciata".
Visitando la citta', negli scorsi giorni, anche il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, ha dovuto ammettere che "c'e' stato un intervento iniziale efficace ma poi tutto si e' bloccato". E per rimettere in moto le cose ci vorra' "tempo". E soprattutto ci vorra' "un piano pluriennale di risorse e interventi". Gli annunci roboanti dell'ex premier Berlusconi si confondono nei ricordi. Il leader del Pdl durante il suo governo ha visitato 31 volte la citta'. In una di queste, durante il G8, si e' tirato dietro anche la politica internazionale. A L'Aquila e' arrivato Obama, la Merkel e' andata nella vicina Onna. Ma degli impegni presi dai paesi di mezzo mondo restano solo le parole sulla carta. E delle promesse di ricostruzione immediata, di soluzioni rapide dell'ex governo resta una valanga di dichiarazioni che solo in parte hanno avuto riscontro. Ed eccola L'Aquila, oggi, citta' ferita con le strade ancora interdette, i palazzi imbragati dentro impalcature e puntelli, le chiese sfigurate.
"Hanno promesso di rimettere tutto a posto, ma non e' accaduto", continua il pensionato Giorgio senza peli sulla lingua. E i suoi 'colleghi' di piazza Duomo annuiscono, confermano. "C'e' stata una confusione di ordinanze prima e ora il nuovo governo ricomincia daccapo". Intanto una famiglia di turisti passa sulla piazza con la macchina fotografica al collo del papa' che scatta foto e mostra con il dito a moglie e figli le macerie vicino ad un palazzo.
Una mamma porta il suo passeggino con il naso che guarda in su, verso i tetti delle case e delle chiese anche quelli puntellati. Tanti aquilani, raccontano i pensionati di piazza Duomo, "per mesi hanno fatto sacrifici facendo avanti e indietro fra la citta' e le seconde case sulla costa per non lasciare L'Aquila, ma poi in molti hanno ceduto e se ne sono andati. E poi c'e' chi come noi, solo perche' aveva una certa eta', non ha avuto le nuove case. Che magari sono andate agli stranieri. Ci hanno fatto male due volte".
Ma gli aquilani hanno la pelle tosta e anche mentre raccontano questi anni non si scompongono. Giorgio Pomero, dopo aver aspettato per 18 mesi, ora sta in 54 metri quadrati a Coppito 3. Case nuove. Ma e' la citta' vecchia che gli aquilani rivogliono. Una prospettiva lontana, a guardare il volto delle strade che si snodano per il centro. La centralissima piazza della Repubblica e' ancora interdetta: reti metalliche impediscono l'accesso, entrano solo gli operai. O i politici. Un dipendente del cantiere ci racconta che attualmente i lavori consistono nel "ripuntellare gli edifici". L'ex Prefettura, il Palazzo del Governo, e' stato aperto per la prima volta ad un politico nazionale la scorsa settimana. Il ministro Profumo ha potuto vedere l'interno del palazzo che si regge solo grazie ad una fitta rete di impalcature. Pezzi di archivio sono rimasti intrappolati sotto la polvere e le macerie. Dalle finestre si intravede la vicina chiesa di Sant'Agostino.
Imbragata come la dirimpettaia chiesa di San Marco. Sono venuti studenti di Architettura da tutta Italia, dalla Sicilia, da Bolzano, raccontano dal cantiere, per fare le tesi di laurea "per proporre progetti di ricostruzione". Si potrebbero usare le idee fresche dei giovani per rimettere in piedi L'Aquila. Ma manca la molla e le risorse che ci vorrebbero sono "enormi", conferma un operaio. Anche per questo, forse, fra le vie storiche ci sono ancora i cumuli delle macerie, le chiese con le facciate coperte dai 'rinforzi', i palazzi sostenuti da 'stampelle' di metallo. I negozianti di Corso Federico II ora lavorano in zona Villa Comunale dentro prefabbricati di legno. Chi ha potuto si e' preso un negozio in un centro commerciale, la nuova piazza obbligatoria. Le strutture di cemento armato dei colossi del commercio hanno resistito. E li' si e' trasferita la vita di piazza. "Ma noi giovani vogliamo tornare in citta'. Vogliamo farla rivivere", commenta Leonardo Scimia, presidente della Consulta studentesca aquilana. Intanto i vecchi negozianti che si sono trasferiti nei prefabbricati la citta' che fu la guardano dalle finestrelle delle casette di legno. E mentre sulla via Crispi, che costeggia la Villa Comunale, si alza la polvere dei cantieri che penetra tutto il giorno dentro i polmoni dei passanti, i commercianti vivono fra il ricordo e la speranza, fra i tempi andati che potrebbero non tornare e il sogno di un'Aquila di nuovo viva.
Per vedere la citta' del presente bisogna lasciarsi alle spalle i palazzi terremotati di via XX Settembre, avvicinarsi alle periferie, dove stanno rispuntando case e negozi. Perche' la vita deve andare avanti. Oltre la memoria del terremoto. Fra poco ci saranno le elezioni comunali. La sfida di chi punta a guadagnare un seggio e' doppia: conquistare consensi e fare promesse mantenibili. Perche' agli aquilani non si puo' piu' mentire.

Fonte: www.redattoresociale.it
4 Aprile 2012

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento