A lezione di semplicità


Mario Ponzi - L'Osservatore Romano


Il pontificato dei gesti di Papa Francesco ha toccato ad Assisi una delle sue espressioni più alte.


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Il pontificato dei gesti di Papa Francesco ha toccato oggi ad Assisi una delle sue espressioni più alte. I diciotto pontefici che, dal 26 maggio 1228 al 27 ottobre 2011, lo hanno preceduto e che per trentaquattro volte, nello stesso arco di tempo, hanno pregato sulla tomba del santo, sarebbero motivo sufficiente per evitare aggettivi speciali per questa visita di Papa Bergoglio. Se non fosse che lui ha scelto, primo vescovo di Roma nella storia, di caratterizzare il suo pontificato con il messaggio di san Francesco, assumendone il nome e realizzando una sintesi tra la spiritualità ignaziana e quella francescana. E soprattutto se non fosse per il fatto che proprio qui, alle sorgenti di quel grande soffio dello Spirito che segnò la rinascita della Chiesa e della cristianità nel tredicesimo secolo, egli, ripercorrendo passo dopo passo la stessa strada di Francesco, ha inteso indicare una strada anche alla Chiesa di oggi.
    Eccolo dunque, nel giorno della festa del santo, venerdì 4 ottobre, ripartire proprio da dove ottocento anni fa aveva iniziato il suo cammino Francesco: da Cristo incarnato nell'uomo sofferente. Per il santo furono i lebbrosi. Per Papa Bergoglio i corpi dei bambini assistiti nell'Istituto Serafico di Assisi.
    Qui al Serafico si respira ancora l'amore di frate Francesco per ogni creatura. E il Papa conosce bene questa ricchezza. Per questo si è immerso anima e corpo in questa realtà. L'incontro con i bambini è avvenuto nella cappella dell'Istituto. Il Pontefice, lasciando da parte il discorso preparato, ha raccolto e rilanciato amarezza e indignazione di fronte a una società che non sa riconoscere le piaghe di Cristo.
    Una piccola folla si era intanto radunato nei pressi del santuario di San Damiano, dove è venerato il crocifisso davanti al quale per la prima volta Francesco udì il Signore parlargli e raccomandargli: "Va', ripara la mia casa". Papa Francesco ha meditato a lungo davanti a quel crocifisso. Tutt'intorno un silenzio quasi irreale, ma molto eloquente.
    In arcivescovado si è svolto il momento forse più significativo del pellegrinaggio, sicuramente il più atteso. Nella Sala della Spogliazione, dove san Francesco rinunciò alla sua ricchezza per offrirsi al Signore, il Papa ha proposto l'immagine di una Chiesa spogliata di ogni mondanità. Di quella "mondanità spirituale che uccide".
    La sala era gremita da senza fissa dimora assistiti dalla Caritas umbra, da ex carcerati e padri di famiglia che con il lavoro hanno perso tutto, tranne la dignità. Davanti a loro Papa Francesco ha di nuovo messo da parte il discorso preparato e ha parlato con il cuore in mano, come a Cagliari, quando fece lo stesso gesto davanti agli operai.
    A piedi si è poi diretto verso la vicina basilica di Santa Maria Maggiore, l'antica cattedrale di Assisi. Poi ha ripreso il suo pellegrinaggio, dirigendosi in macchina verso la basilica superiore. Il Santo Padre è sceso dapprima nella cripta e si è inginocchiato in raccoglimento davanti alla roccia secolare che custodisce le spoglie mortali del santo. Quindi ha raggiunto la piazza San Francesco dove ha presieduto la concelebrazione eucaristica insieme agli 8 porporati del Consiglio di cardinali – i quali lo hanno accompagnato in questo pellegrinaggio – e ai cardinali Bagnasco, Betori e Nicora, agli arcivescovi Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, e Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, ai vescovi dell'Umbria e a numerosissimi sacerdoti.
    La mattinata si è chiusa nel più puro stile francescano. Papa Bergoglio si è congedato da ospiti e dal suo stesso seguito e, in macchina, si è diretto al centro di prima accoglienza situato nei pressi della stazione ferroviaria di Santa Maria degli Angeli, dove ha pranzato con i poveri. Lì ogni giorno per loro c'è un pasto caldo messo a disposizione della Caritas umbra. È un posto in cui il disagio si stempera, oltreché nel pasto frugale, nella pace del cuore per un calore umano distribuito, questo sì, in abbondanza, per un gesto quotidiano che ha tutto il sapore dell'umanità. Papa Francesco si è seduto alla loro tavola. È di legno bruno, fatta come una grande elle; e lui è sistemato proprio all'angolo, in modo tale da poter guardare tutti negli occhi. Tovaglia e tovaglioli rigorosamente di carta, come ogni giorno. Niente vino: solo "sora acqua". Il pasto preparato da suor Dina, la capo cuoca, era quello solito della domenica o di un qualsiasi altro giorno di festa, con le lasagne cucinate da Annarita come piatto forte.
    "Una lezione di semplicità", era scritto su uno dei tanti striscioni di benvenuto. Ed è quello che ha fatto il Pontefice in questa mattinata trascorsa ad Assisi: ha impartito una grande lezione di semplicità. E in casa del suo "maestro" Francesco non poteva che essere così.

Fonte: www.vatican.va
5 ottobre 2013

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