I pacifisti dimenticati, ma non sconfitti
Mario Pianta
"Il seminario della Tavola della pace di Assisi ha preso di petto la questione: è inevitabile che l’incontro tra pacifismo e politica finisca sempre in una sconfitta?"
Sconfitti e dimenticati. Sembra che succeda sempre ai pacifisti, quando non fermano la guerra in Iraq, le truppe in Afghanistan, la base di Vicenza. Dimenticati oggi perché i partiti non li candidano nelle liste e si dimenticano della pace nei programmi elettorali. Il seminario della Tavola della pace di Assisi ha preso di petto la questione: è inevitabile che l'incontro tra pacifismo e politica finisca sempre in una sconfitta?
Certo, smilitarizzare il mondo è una strada tutta in salita, il potere militare è al centro della natura degli stati, il più difficile da rovesciare. Certo, le manifestazioni non bastano, manca spesso la capacità di una pressione continua che bilanci le lobby dei militari. Certo, il lavoro per la pace non fa quasi mai notizia, è difficile rappresentarlo in una società dominata dai media.
Il fatto è che le vittorie del pacifismo si vedono meglio a distanza. sono innanzitutto nelle diverse rappresentazioni del mondo che propone. Sono i pacifisti che hanno immaginato – a dispetto dei teorici della realpolitik – un mondo senza guerra fredda, un'Europa senza blocchi militari contrapposti e una sicurezza senza armi nucleari. E poi la guerra fredda e i blocchi sono tramontati e la minaccia nucleare è stata ridimensionata. Sono i pacifisti che hanno praticato la politica come partecipazione, fondata sull'etica della responsabilità. Sono tutti percorsi difficili da ricondurre alla sfera della politica istituzionale ed è chiaro che c'è un conflitto oggi tra la pace e la politica. Ma Defeat, «sconfitta» è il titolo del miglior libro sulla guerra americana in Iraq, appena pubblicato dal giornalista del The Guardian Jonathan Steele. Ad essere sconfitti – sull'Iraq e su altro – non sono sempre i pacifisti.
Mario Pianta
Università di Urbino
Fonte: Il manifesto
01 marzo 2008