Kenya, elezioni tra le fiamme


Rita Plantera


I primi dati danno in testa il vice premier Kenyatta, incriminato dalla Corte Penale Internazionale per aver ordito gli scontri alle elezioni del 2007.


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Sarebbero almeno 17 i morti, tra poliziotti massacrati a colpi di machete e gli aggressori rimasti uccisi insieme ad alcuni civili, negli scontri scoppiati a Mombasa e Kilifi, nella zona costiera del Kenya, poche ore prima dell'apertura dei seggi ieri mattina, secondo quanto riportato alla Reuters dal capo della polizia locale Aggrey Adoli. Ancora violenza nella giornata definita storica in cui circa 14 milioni di kenyoti hanno votato per eleggere il nuovo presidente della repubblica, i membri del Parlamento e i governatori locali nelle 47 provincie istituite con la riforma della carta costituzionale nel 2010.

La prima tornata elettorale dopo quella del 2007 che portò il Paese sull'orlo di una guerra civile: dopo che le opposizioni contestarono la rielezione del presidente in carica, Mwai Kibaki, circa 1300 persone vennero uccise e bruciate vive e circa 600,000 furono i dispersi. Un massacro che vide il diretto coinvolgimento di esponenti governativi e di agenti delle forze di polizia e per le cui dirette responsabilità sono stati inquisiti dalla Corte Penale Internazionale uno dei favoriti alle attuali elezioni Uhuru Kenyatta e il suo compagno di corsa William Ruto.

Sotto accusa questa volta il movimento separatista Mombasa Republican Council (MRC). Il quale ha però negato ogni responsabilità: "Non siamo colpevoli di alcun attacco in nessuna parte di questa regione", ha dichiarato alla Reuters per telefono il portavoce di MRC, Mohammed Rashid Mraja, aggiungendo che il movimento sta cercato il cambiamento in modo pacifico.

Non solo la Comunità Europea e gli Stati Uniti guardano allarmati all'evolversi della situazione in un Paese, il Kenya, che è loro alleato nella lotta contro i gruppi jihadisti islamici e territorialmente strategico. Ma anche i Paesi confinanti hanno gli occhi occhi puntati sulla quarta più grande economia dell'Africa Sub Sahariana. Infatti, il tracollo economico seguito alle violenze del 2007-2008 oltre a frantumare l'immagine del Kenya come l'unica democrazia stabile dell'area, ha anche bruscamente intaccato le economie degli Stati vicini, con conseguenze importanti soprattutto per quelli senza sbocco sul mare.

Tra gli otto candidati alla presidenza, tre sono in testa nei sondaggi: il primo ministro Raila Odinga, il vice primo ministro Uhuru Kenyatta e Musalia Mudavadia, quest'ultimo a capo della coalizione Peace sostenuta dai membri della sua tribù, Luya, la più grande dopo quella dei Kikuyu. Ma a contendersi la poltrona in un tete a tete che dura da settimane sono i primi due. Il vice primo ministro Musalia Mudavadia, 53 anni, si avvia a diventar l'ago della bilancia tra i due favoriti in caso di ballottaggio spostando elettorato da una parte o dal'altra. Raila Odinga, 68 anni della tribù Luo, perdente contro Kibaki nel 2007, ha formato insieme al suo ex rivale Kalonzo Musyoka la "Coalition for Reform and Democracy" (CORD). Noto come "Agwambo", è il più forte sfidante al blocco politico che ha dominato la scena politica sin dall'indipendenza nel 1963, composto prevalentemente da Kikuyu di cui fa parte anche Kenyatta.

Figlio del leader storico dell'opposizione, Jaramogi Oginga Odinga, è un uomo d'affari e proprietario di alcune aziende tra cui l'East African Spectre, attivo nella produzione di bombole a gas, lo Spectre International che gestisce un impianto per la produzione ed esportazione di etanolo e la Pan African Petroleum che importa petrolio. Il suo elettorato comprende il quartiere povero di Kibera di Nairobi, il più grande e noto anche come covo di banditi. Benché secondo molte voci critiche abbia fatto poco per ridurre la povertà a Kibera, dove molti residenti sono di etnia Luo, tra i suoi sostenitori ci sono propri i Luo e i membri della tribù Musyoka's Kamba.

Il vice primo ministro Uhuru Kenyatta, 51 anni, figlio del fondatore del Kenya, il presidente Jomo Kenyatta, è sostenuto dalla tribù Kikuyu. Con il suo compagno di corsa William Ruto, della tribù Kalenjin, ha formato la Jubile Alliance. Entrambi incriminati dalla Corte Penale Internazionale per aver organizzato gli scontri violenti seguiti alle elezioni del 2007. Secondo Forbes è l'uomo più ricco del Kenya e l'erede di un vasto impero economico che comprende, terreni, la più grande società di latticini, alberghi a cinque stelle, banche e scuole esclusive.

I seggi elettorali si sono chiusi ieri pomeriggio alle 5 ora locale, tranne in alcuni sezioni per cui al quell'ora c'era ancora gente in fila. Alle 21 locali, ieri sera, i risultati provvisori, resi noti grazie a un nuovo sistema elettronico di conteggio e trasmissione dei dati, davano in testa Uhuru Kenyatta con 543,841 voti (57.54%), seguito da Raila Odinga con 363,789 (38.48%) e da Mudavadi con 22,864 (2.41%). I risultati ufficiali saranno resi noti non più tardi di una settimana dopo le elezioni.

Fonte: Nena News

5 marzo 2013

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