F-35: «L’Italia esca dal programma»
Alberto Chiara - Famiglia Cristiana
Lo chiede la campagna “Taglia le ali alle armi” promossa da Rete Disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della pace. Giorni fa evidenziati problemi al motore del cacciabombardiere.
Il Pentagono ha deciso di sospendere tutti i voli dei cacciabombardieri F-35 dopo che sulla turbina di uno degli aerei è stata rilevata una frattura. Il problema è stato rilevato durante una ispezione di routine ad un velivolo in California. “Il 19 febbraio, una ispezione di routine ha rivelato una frattura alla lama di una turbina a bassa pressione del motore montato su un velivolo F-35 da test”, ha scritto in un comunicato una portavoce del Joint Program Office che gestisce il programma F-35.
“Gli ingegneri stanno inviando la turbina agli impianti della Pratt e Whitney di Meddletwon, per condurre una valutazione e analisi più approfondita sulle cause”, si legge nel comunicato, in cui si precisa anche che “é troppo presto per per l’impatto della scoperta sull’intera flotta, tuttavia, come misura di precauzione tutte le operazioni di volo degli F-35 sono state sospese fino a quando l’indagine non sarà stata completata e la causa della frattura sulla lama non sarà stata totalmente compresa”. La sospensione dei voli degli F-35, di cui l’Italia intende acquistare 90 esemplari, fa seguito alle polemiche sorte alcune settimane fa quando si era appreso che il velivolo, ancora in fase di test, è vulnerabile ai fulmini.
“Adesso basta, ora pretendiamo di non essere più presi in giro con false promesse e con giustificazioni insensate: l’Italia deve uscire dal programma JSF per i caccia F-35 immediatamente”. E’ quanto affermato dagli esponenti di Rete Disarmo attivi nella campagna “Taglia le ali alle armi!” che dal 2009 chiede di annullare l’acquisto dei cacciabombardieri F-35 e indirizzare le enormi risorse che dovrebbero servire per comprarli verso investimenti più utili e sensati. La campagna, promossa da Rete Italiana per il Disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della Pace, è sostenuta da centinaia di associazioni e realtà di tutta Italia.
“Gli ultimi, ennesimi, problemi tecnici addirittura al motore che hanno costretto il Pentagono a sospendere precauzionalmente tutti i voli dimostrano ancora meglio come la scelta di proseguimento nella partecipazione italiana al Joint Strike Fighter si potrebbe rivelare ancora più problematica e dispendiosa di quanto già evidente anche solo con le previsioni iniziali di spesa e di impegno”, sostiene una nota. “Va ricordato infatti – sottolinea Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – come le recenti stime della nostra campagna, che sui dati non è mai stata smentita da nessuno, indicano in circa 52 miliardi di euro il totale dei fondi che l’Italia arriverebbe a destinare all’F35 nel corso di tutto il suo ciclo di vita, con un costo iniziale di solo acquisto e sviluppo che arriva ai 14 miliardi di euro per i 90 esemplari previsti”.
La Campagna “Taglia le ali alle armi” in una sua recente conferenza stampa ha denunciato come siano inconsistenti i promessi ritorni occupazionali ed industriali che dovrebbero giustificare la nostra partecipazione al programma JSF. “Pressioni e richiami continuano anche quando il silenzio sarebbe d’oro – dichiara Massimo Paolicelli, presidente di Associazione Obiettori Nonviolenti e tra gli estensori del dossier di Campagna – come è infatti possibile che il ministro continui a dichiarare con sicurezza che l’Italia non ripenserà ulteriormente la sua presenza nel programma? Come può, tra l’altro a margine di incontri Nato, esserne così sicuro?”.
La speranza dichiarata di “Taglia le ali alle armi” è quella di un radicale ripensamento dei nostri acquisti di cacciabombardieri F-35 da parte del Governo che si insedierà a breve. Il quale, anche analizzando gli ultimissimi passi falsi del progetto, potrebbe decidere di rivedere le priorità del nostro Paese, cancellando una voce di spesa rilevante come questa. “Qualcuno ha detto che la mobilitazione contro gli l’F-35 è diventata un’icona della lotta contro le spese militari – commenta Gianni Alioti di FimCisl che da tempo sottolinea lo scarso ritorno occupazionale del programma – Si, lo è, lo possiamo dire. Perché incarna il paradigma della follia e dello spreco immenso di risorse economiche che ogni giorno vengono sacrificate sull’altare degli interessi del complesso militare-industriale, anche nel nostro Paese”.
Fonte: www.famigliacristiana.it
23 febbtraio 2013