Un’agenda antimafia per il 2013
Libera
Alla fine di ogni anno, tanti sono i bilanci tracciati (nella politica, nell’economia e nella società), spesso accompagnati dalle agende di “quello che deve essere realizzato” nel nuovo anno.
Alla fine di ogni anno, tanti sono i numeri e le statistiche che vengono preparati e diffusi per tracciare un bilancio nella politica, nell’economia e nella società.
Bilanci spesso accompagnati dalle agende di “quello che deve essere realizzato” nel nuovo anno.
Il 2012 è stato l’anno del trentennale della legge Rognoni La Torre e del ventennale delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Anniversari che hanno visto migliaia di cittadini e di giovani studenti ricordare Pio La Torre, Rosario Di Salvo, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Emanuela Setti Carraro, Domenico Russo, i giudici Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino, con i loro agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo, Vito Schifani, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina ed Emanuela Loi.
Stragi che ci hanno lasciato il debito di una sola e unica risposta: la verità.
Giustizia e verità che ancora attendono tanti familiari delle vittime innocenti della violenza mafiosa, perché vogliono conoscere i nomi dei responsabili del loro dolore.
Eravamo più di centomila a Genova lo scorso mese di marzo per la XVII Giornata della memoria e dell’impegno, che ha visto la partecipazione di cinquecento familiari provenienti da ogni parte d’Italia, accolti dal Cardinale Angelo Bagnasco, in rappresentanza di una Chiesa che vuole affermare l’incompatibilità del Vangelo con ogni forma di mafia, illegalità e corruzione. E il 15 e 16 marzo del 2013 arriveranno tutti a Firenze, per unirsi ai familiari della strage di Via dei Georgofili del 27 maggio 1993, pensata e organizzata dai fratelli Graviano di Brancaccio a Palermo, che alcuni mesi dopo, il 15 settembre, ordinarono l’assassinio di Padre Pino Puglisi, che diventerà Beato Giuseppe Puglisi il 25 maggio prossimo.
Una memoria che ha bisogno di un lungo e costante processo educativo per rimanere viva nelle coscienze di ciascuno di noi.
Lo scorso 26 luglio, nel cimitero di Partanna, per poche ore è stata posta una lapide con il nome di Rita Atria, la giovane testimone di giustizia che rifiutò e si ribellò alle logiche mafiose a cui era stata abituata nella sua famiglia. Nelle ultime pagine del suo diario, Rita ci ricorda che”bisogna rendere coscienti i ragazzi che vivono nella mafia, che al di fuori c’è un altro mondo, fatto di cose semplici ma belle, di purezza. Dove sei trattato per ciò che sei e non perché sei figlio di qualcuno o hai pagato per farti fare quel favore. Un mondo onesto forse non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare”.
Ancora troppo poco, nel corso del 2012, è stato fatto per strappare tanti giovani dalla manovalanza della violenza mafiosa e dalle lusinghe del guadagno facile. Nel nuovo anno occorrerà, insomma, sostenere sempre di più quei percorsi educativi e di promozione sociale, contro la dispersione scolastica e per la creazione di opportunità di formazione e d’impresa, proseguendo il lavoro già avviato dal Ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca con il Piano di Azione Coesione, che dovrà essere ripreso dal prossimo Governo.
Bisogna alimentare, concretamente, la speranza. Come si è fatto, sempre nella memoria di Rita Atria, pubblicando pochi giorni fa il bando per la nascita di una nuova cooperativa sociale, costituita da giovani che gestiranno i terreni confiscati in provincia di Trapani, riconducibili al latitante Matteo Messina Denaro. Giovani cooperatori che per il nuovo anno chiedono un sostegno maggiore ai progetti di riutilizzo sociale dei beni e delle aziende confiscati alla criminalità organizzata.
In molti territori le mafie hanno ripreso il loro consenso, facilitate dalla crisi etica ed economica nel nostro Paese. Per questo molti numeri di cui si compone questo bilancio sono in negativo.
Pensiamo all’alto numero di Comuni sciolti per condizionamento della criminalità organizzata, anche nel nord Italia. Ai dati allarmanti sulla corruzione pubblicati dalla Corte dei Conti e sugli affari delle mafie forniti dalla relazione della Direzione nazionale antimafia. A quelli sulle ecomafie di Legambiente, sul caporalato della Flai Cgil, sulle agromafie della Coldiretti e della Confederazione italiana agricoltori, sull’usura di SOS Impresa, sulle estorsioni della Federazione antiracket e antiusura italiana, sul gioco d’azzardo della campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”, sulle povertà e l’esclusione sociale di Caritas Italiana, sugli immigrati che hanno perso la vita nel Mediterraneo di Fortress Europe. Ai numeri sui tanti giornalisti che hanno subito minacce forniti dall’osservatorio Ossigeno per l’informazione, così come sugli amministratori locali oggetto di intimidazioni inseriti nell’ultimo rapporto di Avviso Pubblico. Senza mai dimenticare che anche nel 2012 le mafie hanno continuato ad uccidere vittime innocenti, come è accaduto recentemente in provincia di Vibo Valentia e a Napoli.
La storia dell’antimafia nel nostro Paese ci insegna che solo la contemporaneità dell’azione investigativa e giudiziaria, dell’attenzione politica, legislativa e amministrativa, dell’etica nelle professioni, nella finanza e nell’impresa e dei percorsi sociali ed educativi può garantire risultati positivi.
Grazie all’impegno di tanti rappresentanti delle Istituzioni e della società civile, nel nostro bilancio troviamo anche i numeri delle belle esperienze che oggi chiamiamo semplicemente realtà e prima avevano il nome di speranza.
Pensiamo agli importanti risultati raggiunti dalle Prefetture, dalle forze di polizia e dalla magistratura a cui va la nostra gratitudine per il servizio reso al Paese, con enormi sacrifici e con poche risorse a disposizione.
Pensiamo alle associazioni e cooperative che operano nelle accoglienze, nel sociale, nella cultura, nello sport, nell’ambiente, nella formazione. A quegli insegnanti e studenti che hanno promosso i percorsi di educazione alla legalità democratica. A quei giovani (oltre sei mila) che la scorsa estate hanno fatto volontariato sui beni confiscati alle mafie. A quelle diocesi (più di cinquanta) che hanno aderito al progetto “Libera il bene. Dal bene confiscato al bene comune” sostenuto dalla Conferenza episcopale italiana. E ancora a quei professionisti, lavoratori e imprenditori a cui sta a cuore un’Italia della buona economia e del buon lavoro, piena di energie, generosità, passioni e responsabilità.
Numeri molto spesso dimenticati dalle statistiche generali di fine anno, ma che costituiscono un patrimonio e una ricchezza da tutelare e valorizzare.
Numeri dietro i quali si nascondono volti di giovani, di donne e uomini che – spinti dal disgusto e da una sana rabbia – dicono con forza alla politica, ai partiti ed alle coalizioni che si accingono alla prossima campagna elettorale, di fare la propria parte, ma soprattutto indicano da che parte bisogna stare: dalla parte della legalità, della giustizia e della democrazia.
Perché la corruzione, l’illegalità e le mafie sono un furto del bene comune e ci separano dalla ricerca della verità.
E’ per queste ragioni che nei programmi elettorali chiediamo che sia inserita una seria Agenda antimafia e anticorruzione. Perché la restituzione di credibilità alla Politica con la p maiuscola avviene anche attraverso un impegno coerente e autentico per la legalità. Partendo dal rispetto della nostra Carta costituzionale, come il primo e il più completo dei testi antimafia. Se fosse rispettata ed attuata pienamente e non ci fosse una così grande distanza tra Costituzione formale e Costituzione materiale, le mafie e la corruzione non avrebbero lo spazio di azione che invece hanno ottenuto, sottraendolo allo spazio democratico. E la grande responsabilità di tutto questo è di una parte della politica con la p minuscola, schiacciata dal compromesso al ribasso per soddisfare interessi di parte.
L’augurio è che sia davvero un’Agenda che venga portata nella vita di ogni giorno del prossimo anno, le cui pagine si riempiano del racconto di un cambiamento che trova forma e sostanza nell’impegno di ciascuno di noi.
Davide Pati, Ufficio di Presidenza di Libera
Fonte: www.libera.it
31 dicembre 2012