Ciad, battaglia a N’djamena


Irene Panozzo, Lettera 22


I ribelli ciadiani sono entrati a N’djamena, la capitale dell’ex colonia francese. Assumendone il controllo in poche ore e continuando la battaglia attorno al palazzo presidenziale, dove sarebbe asserragliato il presidente Idriss Déby.


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Ciad, battaglia a N'djamena

Giornata di scontri tra esercito regolare e forze ribelli ieri a N’djamena, la capitale del Ciad. Scontri che potrebbero essere decisivi per il futuro del paese ma di cui è difficile dare conto con precisione, viste le contrastanti versioni fornite agli organi di stampa, soprattutto francesi, dai portavoce degli insorti e del governo.
Quello che è certo è che i diversi gruppi ribelli, che da anni combattono contro il governo del presidente Idriss Dèby e che lo scorso dicembre hanno dato vita a un Comando militare unificato, sono entrati ieri mattina nella capitale. Stando a quanto riferito da fonti militari francesi, i ribelli hanno utilizzato duemila uomini e sono entrati a N’djamena da più direzioni, avanzando rapidamente e riuscendo così ad assumere nel giro di poco più di tre ore il controllo pieno della capitale. Con l’esclusione di alcuni edifici chiave, come la sede della presidenza della repubblica, dove si sarebbe asserragliato con i suoi fedelissimi il presidente Déby, al potere dal 1990.
Ed è proprio attorno al palazzo presidenziale che si sono concentrati gli scontri nel pomeriggio. Calati di intensità rispetto alla prima parte della giornata, ma non finiti. Ma anche sull’andamento di questa battaglia, in cui le forze governative hanno usato carri armati T-55 per sparare sui ribelli, ci sono state versioni discordanti. Mentre una fonte militare francese ha detto che le forze fedeli a Déby erano riuscite a rompere l’assedio e ad “allargare il perimetro di sicurezza attorno al palazzo”, Abakar Tollimi, uno dei responsabili dei ribelli, ha fatto sapere che solo il palazzo presidenziale sfugge al loro controllo e che quindi potrebbe essere presto attaccato.
L’avanzata dei gruppi ribelli, che operano perlopiù nell’est del paese, è stata rapidissima. In pochi giorni hanno coperto circa 800 km di deserto, incontrando poca resistenza, in quello che la Francia, l’ex potenza coloniale, ha deprecato come un “tentativo di prendere il potere con la forza da parte di gruppi armati provenienti dall’estero”. Il chiaro riferimento è al Sudan, paese confinante con il Ciad, che Déby negli ultimi anni ha accusato di sostenere i ribelli ma che ieri ha negato ogni coinvolgimento nel conflitto.
Parigi, che in Ciad è presente dal 1986 con un’operazione militare denominata “Sparviero”, forte di più di mille uomini e una rilevante flotta aerea, non è intervenuta come invece aveva fatto in passato per difendere il regime. L’esercito francese si è limitato a predisporre l’evacuazione di circa 700 tra cittadini francesi e di altre nazionalità, tra cui anche venti dei circa 200 italiani che vivono in Ciad. L’Onu invece ha trasferito in Camerun 53 suoi dipendenti già venerdì sera.
Anche lo Stato Maggiore della Difesa italiano ha seguito ieri con molta attenzione gli avvenimenti in corso a N’djamena. Nel paese sono già arrivati infatti 20 militari italiani, avamposto della forza di pace dell’Unione Europea (Eufor) avviata lo scorso 28 gennaio dal consiglio dei ministri degli esteri della Ue. L’arrivo degli altri militari è stato per il momento rinviato, in attesa di capire come evolverà la situazione.

L'articolo è stato pubbicato il 3 Febbraio 2008 sui giornali locali del Gruppo Espresso e su Lettera22

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