Usa, preghiere e… armi per tutti


Famiglia Cristiana


Dopo la strage di Denver si riaccende negli Stati Uniti il dibattito sulla libera vendita di armi. Dietro si nascondono le lobby, generose con deputati e canditati alla Presidenza.


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Usa, preghiere e... armi per tutti

“Thoughts and Prayers,” Pensieri e preghiere. Quella che in italiano sembra il titolo di una canzone, in America è la formula standard usata dai personaggi pubblici dopo tragedie come quella successa nella notte tra giovedi’ e venerdi’, quando James Holmes, un 24enne dottorando in psicologia, con un “clean record” cioe’ incensurato e insospettabile, ha fatto irruzione in un affollato cinema di Aurora, Colorado e, armato di una mitraglietta, un fucile a pompa e due pistole, in circa tre minuti e’ riuscito ad uccidere 12 persone e a ferirne 59, alcune molto gravemente. E a mano a mano che le televisioni – tutte le televisioni, anche quelle (la maggior parte) che tradizionalmente il sabato mattina danno cartoni animati – trasformano i numeri in una triste carrellata di nomi, volti e strazianti interviste di famiglie e amici in lacrime, i pensieri e le preghiere dei politici suonano sempre piu’ inutili – e per la verita’ anche un po’ irritanti.


Intendiamoci, nessuno mette in dubbio la sincerità dei pensieri o, men che meno il valore della preghiera. Ieri sia il presidente Barack Obama sia il suo sfidante Mitt Romney, annunciando entrambi una sospensione temporanea di tutte le attivita’ di campagna elettorale e invitando l’America intera a un giorno di pausa e riflessione, sembravano genuinamente addolorati
per l’accaduto e seriamente intenzionati a passare la serata di lutto nazionale, pregando per le famiglie delle vittime, e confortando le proprie “Stasera mia moglie ed io abbracceremo le nostre figlie un po’ piu’ forte del solito,” ha detto Obama in un gremito comizio in Florida trasformatosi, giocoforza, in orazione funebre.

Anche molti deputati e senatori durante la giornata hanno seguito l’esempio: un coro unanime e bipartisan di pensieri e preghiere, fuori dal quale pero’ nessuna voce si e’ azzardata a nominare il “gun control”, cioè le leggi sul controllo delle armi da fuoco. Forse, con le dodici vittime non ancora identificate e le squadre speciali impegnate (ancora lo sono mentre scrivo) nel disinnescare I trabocchetti esplosivi piazzati dal killer nel suo appartamento, non era il momento giusto. Ma secondo molti osservatori – inclusi Wall street Journal e New York Times che stamane aprono con lunghi articoli sull’argomento – non lo saranno nemmeno i prossimi giorni, o le prossime settimane. Probabilmente il momento giusto per parlare di controllo delle armi non arrivera’ mai – di sicuro non prima delle elezioni di novembre.

A parlarne è stato invece Michael Bloomberg – che politicamente, almeno nell’immediato, non ha nulla da perdere e che da sindaco di una citta’ come New York di violenza armata ne sa qualcosa. “Entrambi i candidati dovrebbero fare qualcosa a riguardo”, ha affermato, duro, in un'intervista radiofonica: altro che pensieri e preghiere. Si perche’ se questa formula di prammatica pronunciata ieri addirittura dall’NRA (la potente lobby delle armi da fuoco) da i nervi ce n’e’ un’ altra – gia’ menzionata all’inizio di questo articolo – che invece da i brividi. “Clean record”, cioe’ “incensurato e insospettabile,” che in America e’ in pratica l’unico requisito, oltre la maggiore eta’ e ovviamente I soldi, per andarsi a comprare un’arma da fuoco.

E non una scacciacani, ma pistole, fucili, fucili a pompa, mitragliette, lanciarazzi e via dicendo. In almeno 40 stati il ‘clean record’ basta e avanza. Ovvero basta provare di non essere mai stato condannato per un crimine violento, non avere ricevuto ordinanze di allontanamento ( da ex mogli o da figli) e non soffrire ‘ufficialmente’ di malattie mentali, per andare in un qualsiasi negozio di armi (spesso interni ai supermercati) e nel giro di, massimo, di un paio di giorni, (il tempo di fare I dovuti controlli) ci si porta a casa l’arma preferita – che in una trentina di stati, puo’ anche essere un mitra – e munizioni a volonta’. Dalle prime indagini sembra che James Holmes ne avesse 6,000, tra cartucce, proiettili e quant’altro, – e ancora non sono entrati nel suo appartamento.

In questo senso, purtroppo, le stragi non servono a niente: anzi negli stati dove succedono spesso – forse non a caso – le leggi sono piu’ permissive che altrove. Il problema e’ che lo rimangono anche dopo. Nel secondo anniversario del massacro di Virigina Tech ( il peggiore nel suo genere della storia americana) dove, nel 2007, 32 studenti persero la vita nel campus di un universita’ per mano di un altro “incensurato e insospettabile” pistolero, la rete televisva ABC ha seguito, in un suo reportage, un attivista a favore del “gun control” (leggi piu’ restrittive sul controllo delle armi) in uno dei tanti “gun shows” (fiere delle armi) dove a venedere e a comprare sono I privati, e dove (per la gioia dei fanatici, o peggio, dei criminali) le leggi dello Stato sui controlli spesso si applicano solo in teoria. Ebbene, in un ora, con 5,000 dollari in contanti, il compratore si e’ portato a casa 3 fucili, altri 4 a canne mozze e una sola pistola (ma solo perche’ la legge della Virginia non permette di comprarne piu’ di una al mese – e in realta’, ha raccontato l’attivista, pagando un po’ di piu’ avrebbe potuto aggirare anche quella).

L’attivista in questione e’ Omar Samah, fratello di una delle vittime della strage di Columbine, dove nel 1999 una mattina di aprile due studenti di liceo hanno aperto il fuoco contro i compagni uccidendone 12 prima di togliersi loro stessi la vita. La Columbine High School si trova a Littleton, Colorado, un altro sobborgo di Denver, come Aurora, a una trentina chilometri dal cinema dove, mentre scrivo, la scientifica sta ancora facendo i rilievi. Purtroppo, da quelle parti la stalla non l’avevano chiusa nemmeno dopo la prima fuga di buoi. E probabilmente non la chiuderanno nemmeno dopo la seconda. In Colorado, le leggi sulle armi sono rimaste – a parte alcuni dettagli tecnici – praticamente immutate, riporta stamattina il sempre attento New York Times, e anche se fossero state piu’ restrittive non sarebbe cambiato nulla, aggiunge, citando Eugene Volokh, un esperto di diritto costituzionale dell’Universita’ della California. “L’unico modo per prevenire una strage come quella dell’altra sera,” spiega Volokh, sarebbe vietare le armi a tutti meno che a polizia e a coloro dotati, per motivi speciali, di porto d’armi”.

In America è, praticamente, fantapolitica: per la prima volta dal 1996, racconta stamane il Wall Street Journal, un sondaggio nazionale Gallup, lo scorso autunno ha riportato una percentuale maggiore di contrari (53%) rispetto ai favorevoli (43%) al divieto per i privati cittadini di possedere armi … automatiche! Lo stesso sondaggio riferisce che solo il 26% (minimo storico) appoggia un divieto totale, mentre il 47% degli americani dichiara addirittura di avere un arma in casa.

Il fatto è che in America il controllo delle armi è da sempre, politicamente, un campo minato, a causa dei milioni di fautori del diritto costituzionale, sancito da un emendamento del 1789, di possedere e imbracciare armi, aizzati dalle potentissime e ricchissime lobby dei costruttori – particolarmente generose, specie in campagna elettorale, con deputati, senatori e candidati presdienziali. “La strage di Aurora sottolinea l’importanza di permettere ai cittadini di portare armi nel luoghi pubblici cosi’ che in casi come questo possano difendersi limitando il numero di vittime”, ha detto ieri il capo di una delle tante associazioni pro-armi del Colorado. Probabilmente Bloomberg dovra’ mettersi il cuore in pace: almeno  sino a novembre dovra’ accontentarsi dei pensieri e delle preghiere dei candidati, presidenziali o parlamentari che siano.

Stefano Salimbeni

Famiglia Cristiana.it

21 luglio 2012

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