Armati o suicidi, i disperati della crisi


Fulvio Scaglione - famigliacristiana.it


Un imprenditore di Bergamo ha preso in ostaggio gli impiegati di Equitalia. Molti altri decidono di uccidersi. E’ la stessa disperazione.


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Armati o suicidi, i disperati della crisi

Un imprenditore che si era riciclato imbianchino e continuava a lottare per uscire dalla morsa di una crisi economica spietata. Una cartella esattoriale di Equitalia arrivata, forse, nel momento peggiore. A qualcuno potrebbe spuntare la tentazione di dire: tutto qui? Per questo un uomo di arma (un fucile e due pistole), prende in ostaggio una serie di impiegati incolpevoli, spara in aria, minacciare di uccidersi prima di arrendersi ai carabinieri?

E' successo ieri nei pressi di Bergamo, in una zona in passato nota per la passione per il lavoro e per il conseguente benessere. Ma altrove succede anche di peggio. A Napoli, qualche giorno fa, un imprenditore si è suicidato: aveva 52 anni, si è ammazzato a Napoli buttandosi dal balcone di casa. E prima di lui c’era stato il manager toscano che si era buttato sotto il treno, l’artigiano emiliano che si era dato fuoco, il rappresentante di commercio che si era sgozzato in bagno. Equitalia o non Equitalia.

Secondo Federcontribuenti, sono almeno 18 gli imprenditori, gli artigiani e i dipendenti che si sono tolti la vita perché alle strette con i soldi. Almeno, perché molte morti auto inflitte non vengono denunciate come tali e restano occultate nel dolore delle famiglie. Da qualche tempo, però, giornali e Tv dedicano a queste vittime (veri “licenziamenti economici” dalla vita, senza reintegro deciso dal giudice) almeno un po’ di spazio, un po’ di pietà mediatica. Non serve a nulla, però c’è. D’altra parte stiamo parlando di una strage: tra artigiani, commercianti, professionisti e piccoli imprenditori, sono stati censiti 336 suicidi nel 2010, e 343 nel 2009. In particolare, 192 tra commercianti e artigiani e 144 tra imprenditori e liberi professionisti.

L'agenzia di Equitalia in cui Martinelli si era barricato con gli ostaggi.
Sono i dati che ci fornisce il più recente Rapporto dell'Eures Ricerche Economiche e Sociali, intitolato Il suicidio in Italia al tempo della crisi. Che però, onestamente, ci mette di fronte a una realtà che, chissà perché, sembra quasi rimossa dalle analisi dei giornali ma anche degli esperti. La categoria più colpita dall’epidemia di morte non sta tra quelli che hanno un lavoro o un reddito e li stanno perdendo ma tra coloro che il lavoro l’hanno perso o non l’hanno mai trovato: i disoccupati.

362 suicidi tra i disoccupati nel 2010, contro i 357 casi del 2009 che, dice il Rapporto, già costituivano un enorme aumento rispetto ai 260 registrati in media nel triennio 2006-2008. L’indice dei suicidi tra i disoccupati è di 17,2 ogni 100 mila; di 10 ogni 100 mila tra gli imprenditori; di 5,5 tra i lavoratori autonomi; e di 4,5 tra i lavoratori dipendenti.

Non si tratta, è chiaro, di fare classifiche dell’infelicità e della disperazione. Ma di riportare i piedi a terra forse sì. Perché il lavoro precario e difficile e sempre più faticoso degli imprenditori e degli artigiani di oggi è meno peggio dell’assenza di lavoro. Cioè di una condizione fin troppo diffusa (siamo quasi al 10% di disoccupati) e di cui si parla spesso con una faciloneria assurda. Una condizione dolorosissima. Ancora oggi, checché se ne dica, la più dolorosa in Italia.

Fonte: www.famigliacristiana.it
4 Maggio 2012

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