Libia, Egitto, Tunisia. Chi ha ancora paura dell’Islam?


Lettera22


Forse dovremmo prendere atto del fatto che democrazia è libera scelta dei propri rappresentanti, anche quando non ci piacciono…


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Libia, Egitto, Tunisia. Chi ha ancora paura dell'Islam?

Le affermazioni del premier ad interim della nuova Libia su sharia e poligamia e la vittoria con largo margine di Ennahda in Tunisia, hanno resuscitato in Italia e altrove l'ennesimo spettro islamista. Accidenti! Questi rivoluzionari mediorientali, che pure son cresciuti a pane e facebook, vogliono il ritorno alle origini, mettere il velo alle donne e magari sposarne più d'una da tenere nel serraglio di casa a governare stuoli di pargoli urlanti, nati magari già con la barba a pizzetto che piace alle moschee. Una reazione che già abbiamo visto all'indomani delle elezioni in Algeria, vent'anni fa, quando vinse il Fis. E' uno spettro che abbiamo visto resuscitare con bin Laden e la sua rete del terrore. L'islam continua a fare paura.

Forse dovremmo prendere atto del fatto che democrazia è libera scelta dei propri rappresentanti, anche quando non ci piacciono. Forse dovremmo interrogarci su cosa significa, in un Paese musulmano, fare riferimento ai valori della tradizione. Possono non piacere, ma quelli sono. Ora, la vera questione è – come sempre – l'interpretazione del testo sacro. Una vicenda per cui siamo passati – e ancora passiamo – anche noi, popolo di Santa romana chiesa. Così tanto ci passiamo che in Italia un laico o un ateo devono leggere sui giornali, ogni due o tre giorni, di un richiamo ai valori etici del Vangelo, di un dibattito sulle radici cristiane della cultura europea, di quel che del governo pensa o non pensa la Conferenza episcopale. Non di meno, l'influenza d'Oltretevere in Italia si è molto ridotta anche se questo è un Paese che resta moralmente pregiudicato proprio dall'esistenza, Oltretevere, di uno Stato la cui ingerenza si è limitata nel tempo ma che continua a contare in termini di etica e morale. Non per questo andremmo a picconare le colonne di San Pietro o esterneremmo preoccupazioni fuor di misura visto che, bene o male, l'Italia ha scelto ad esempio il divorzio o l'aborto nonostante gli strali vaticani.

Ogni Paese deve fare il suo corso o non si può sperare di influire sul divenire della storia nazionale di un Paese importando esempi che in molti casi, l'Afghanistan lo dimostra, stenterebbero ad affermarsi. Detto questo ogni preoccupazione resta legittima. Ma è davvero il caso di preoccuparsi? I tempi sono cambiati anche nel mondo musulmano. Può darsi che la sharia vi dia la possibilità di avere quattro mogli e se queste ultime sono consenzienti, la pratica può non piacere ma non è per forza la discesa agli inferi. Anche perché, nelle società moderne dove il diritto viene amministrato nei tribunali e non dai sacerdoti del tempio, bisogna mantenerle quattro mogli. E' la modernità – si passi un termine denso di possibili malintesi – che tramuta in positivo una regola la cui interpretazione pedissequa può apparire oscurantista. E del resto, se un uomo paga gli alimenti, la legge italiana, una volta separato e divorziato, non gli consente di avere una nuova moglie? E magari un'altra ancora e un'altra come avviene, nella realtà dei fatti, solo per i divi del cinema?

La paura non ci renderà più sicuri e non aiuterà i giovani libici, tunisini, egiziani a liberarsi dal lato oscuro della tradizione e a tenerne semmai l'aspetto positivo (la finanza islamica è un esperimento tentato vent'anni fa in Malaysia: e non c'è in sé nulla di male nel vietare l'usura, come spesso si configura essere un prestito bancario). La risorsa maggiore sono le nuove generazioni di quei Paesi e che quei Paesi cambieranno, Non preoccupatevi della quattro mogli. Preoccupatevi semmai di quel blogger egiziano in galera per un articolo. Quello è il vero lato oscuro della tradizione.

Fonte: Lettera22 e Terranews

26 ottobre 2011

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