Marcia della pace a Lodi sabato 12 ottobre
La redazione
La guerra non è un film. Sabato 12 ottobre Marcia della pace da Lodi alla Colonia Caccialanza.
Una riflessione sulle ragioni e sui compiti delle donne, degli uomini e delle istituzioni che oggi vogliono sinceramente la pace
Fermare la guerra è ancora possibile. Ma serve una più ampia e matura mobilitazione per la pace. Non basta dire “pace, pace”. Serve più competenza e capacità di analisi, di proposta e di mobilitazione. L’organizzazione della prossima marcia della Pace del lodigiano del 12 ottobre vuole essere uno stimolo all’apertura di un confronto sulle ragioni e sui compiti delle donne, degli uomini e delle istituzioni che oggi vogliono sinceramente la pace.
La guerra non è un film. La guerra è un mostro insaziabile che divora vite umane, risorse, storie, libertà e diritti. Un mostro che si sta pericolosamente avvicinando alle nostre case. Fermarlo è ancora possibile, ma servono una forte volontà politica, una visione, un progetto e una bussola.
La follia ci spinge a pensare che non esistano vie d’uscita. Ma noi siamo convinti che se non riapriamo una prospettiva politica anche l’Italia e l’Europa saranno risucchiate dal vortice della guerra.
Nessuno è così ingenuo o ignorante da pensare che sia facile. Fermare il mostro della guerra non è mai facile, ma è necessario.
Necessario è fermare la carneficina. Necessario è fermare le devastazioni. Necessario è fermare l’escalation. Necessario è fermare l’allargamento della guerra.
Per fermare il mostro della guerra occorre, innanzitutto, contrastare l’idea demente del trionfo sul campo di battaglia. La storia, anche la più recente, ci dice che nessuno vincerà mai questa guerra, che anche questa guerra rischia di non avere mai fine e che ogni attimo di pace rischia di essere solo un intervallo tra due guerre.
Per fermare il mostro della guerra, servono innanzitutto una visione e un progetto di pace. Proprio quello che oggi manca nella discussione pubblica.
La demenza bellica ci descrive un mondo in cui il bene è minacciato dal male. Un male incurabile che deve essere combattuto con ogni mezzo, per tutto il tempo necessario. E’ la vecchia idea della “guerra infinita”, della “guerra permanente” a cui dovremmo piegarci per difendere la “nostra” libertà e i “nostri” valori. E’ l’idea di una pace falsa, basata sui rapporti di forza, sul cosiddetto “equilibrio del terrore”, sulla guerra inevitabile e sulla corsa al riarmo.
Viviamo, da lungo tempo, in un mondo dominato da un individualismo e da una competizione selvaggia che ci stanno mettendo tutti contro tutti (stati, persone, imprese, popoli,…); che provocano guerre dappertutto (guerre economiche, finanziarie, monetarie, commerciali, geopolitiche,..); che ingigantiscono a dismisura le ingiustizie e le disuguaglianze e accelerano il cambiamento climatico, la distruzione di immense risorse naturali e la devastazione del pianeta.
Quella che stiamo vivendo è una enorme “crisi di cura e di fraternità”.
Negli ultimi decenni, abbiamo fatto enormi progressi sociali, scientifici e tecnologici. Disponiamo di tutti gli strumenti e i mezzi che ci potrebbero consentire di risolvere i più grandi problemi dell’umanità. Ma continuiamo ad usarli per soddisfare gli interessi incolmabili di pochi. Per questo si moltiplicano le tensioni, le divisioni, la conflittualità, gli scontri e le guerre.
Quella che stiamo vivendo è anche una enorme “crisi di legalità”.
Nel 1945, dopo aver visto due guerre mondiali, il nazismo, il fascismo e oltre settanta milioni di morti, abbiamo fondato l’Organizzazione delle Nazioni Unite per “salvare le future generazioni dal flagello della guerra”. Con identico spirito, abbiamo scritto nella Costituzione che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Da allora, abbiamo sviluppato un nuovo diritto internazionale e nuove istituzioni democratiche tese a risolvere pacificamente i conflitti e a prevenire l’esplosione di nuove guerre. Tuttavia, a partire dagli anni ‘90, queste istituzioni sono state gravemente attaccate, indebolite e marginalizzate nel tentativo di rilegittimare le sovranità nazionali armate e il loro “diritto di fare la guerra”. “La guerra sarà anche brutta -dicono i propugnatori della legge del più forte – ma è necessaria per difendere i nostri valori e il nostro stile di vita minacciati dai peggiori dittatori e fanatici. La guerra c’è sempre stata e sempre ci sarà. Per questo dobbiamo essere pronti a combatterla in tutti i posti dove è necessario.”
In base a questa follia bellicista, alimentata e amplificata da potenti megafoni pubblici e privati, abbiamo rilanciato la corsa al riarmo -la più spaventosa e incontrollata della storia dell’umanità- e continuiamo ad aumentare le spese militari a scapito dei bisogni essenziali di tutti.
Le conseguenze sono sconvolgenti. Le crisi globali (clima, disuguaglianze, miseria, migrazioni,…) che non abbiamo ancora voluto risolvere si stanno aggravando, intrecciando e complicando, lasciando centinaia di milioni di persone e intere popolazioni senza alcuna protezione, alla mercè delle peggiori crudeltà. Crimini orrendi, visibili agli occhi dell’intera comunità internazionale, vengono compiuti nella più totale impunità e nell’inerzia politica generale. Violenti shock economici si susseguono gettando in crisi di particolare gravità intere economie, catene produttive, imprese, comunità e cittadini. In molti dei paesi del mondo, compresi quelli occidentali dove più grandi erano state le conquiste democratiche, sono in atto gravi processi di arretramento politico, sociale, giuridico e morale. La stessa Unione Europea, che tanto ha contribuito all’affermazione della civiltà del diritto e dei diritti umani, è sempre più minacciata da spinte divisive, nazionaliste, belliciste e autoritarie.
Per arginare e fermare questa drammatica deriva, foriera di sempre più estese sofferenze e devastazioni, dobbiamo continuare a dare voce alla domanda di pace, a denunciare la follia della guerra e a disertare la guerra, ma soprattutto dobbiamo far crescere una nuova generazione di costruttrici e costruttori di pace. Persone che desiderano la pace, che la amano e siccome la vogliono la fanno, ci lavorano, si battono per ottenerla, s’impegnano a costruirla.
La pace che abbiamo bisogno di costruire non è la falsa pace del terrore e dei cimiteri propagandata dai facitori della guerra, non è la vecchia idea di pace “negativa”, senza nome né identità, ridotta a misero intervallo tra guerre o confinata tra i sogni e le utopie.
La pace di cui abbiamo bisogno, la sola e unica vera pace, è la pace “positiva”. Una pace autentica, fondata innanzitutto sulla rinuncia alla violenza e sul ripudio della guerra -male assoluto, inutile strage, avventura senza ritorno, omicidio in grande. Ma soprattutto basata sul riconoscimento e sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni persona umana, di ogni essere vivente e della madre terra “che ci nutre e ci sostiene”.
La pace di cui abbiamo bisogno non è solo “assenza di guerra” ma libertà dalla paura e dal bisogno. La pace che si persegue ricercando sempre il dialogo con tutti, sviluppando la sicurezza umana anziché la sicurezza armata e, dunque, promuovendo il rispetto di “tutti i diritti umani per tutti”, incluse le future generazioni. La pace fondata sulla forza della legge e non sulla legge della forza, come sancito nella nostra Costituzione e nella Carta delle Nazioni Unite. La pace che non è sogno ma bisogno, che non è utopia ma obiettivo concreto, che non solo si invoca ma si fa, anche se è difficile e faticosa.
L’opposizione alla guerra e a tutte le sue manifestazioni, non potrà crescere se non sarà accompagnata da un intenso, maturo, impegno di costruzione della pace “positiva”.
In particolare, dobbiamo:
1.(ri)costruire il nostro senso di responsabilità verso la pace. La pace è (anche) nelle nostre mani, nelle mani di tutti e di ciascuno;
2.(ri)costruire la capacità nostra e delle nostre istituzioni di “fare la pace”. La pace è una cosa concreta che richiede azioni concrete ed efficaci;
3.(ri)costruire la politica e le istituzioni della pace. Dalla più piccola alla più grande. Partendo dai paesi e dai quartieri delle nostre città, passando per l’Europa, fino ad arrivare all’Onu.
Con questi obiettivi, difficili ma necessari, ci rimettiamo in cammino con una nuova edizione della marcia della pace del lodigiano nella consapevolezza di essere chiamati a pensare, ma anche ad agire con gesti concreti, per ri-costruire una coscienza, una cultura e una politica di pace che si esprima attraverso la cura degli altri, dell’umanità e del pianeta.
Ci rivolgiamo a te, qualunque sia il centro del tuo impegno civile e sociale, nella speranza di condividere la volontà di far crescere un movimento di pace sempre più ampio ed efficace. Se condividi questa preoccupazione, aderisci e partecipa!