La nave dei folli
Piero Piraccini
Conservo ancora gli appunti del mio primo viaggio in Israele/Palestina nel ’91, in una delegazione degli Enti Locali per la Pace. Essere scortato dall’aeroporto di Tel Aviv fino a Gerusalemme da soldati armati non è piacevole. E’ vero: la prima guerra del Golfo è terminata da poco, ma con i soldati armati ho dovuto convivere […]
Conservo ancora gli appunti del mio primo viaggio in Israele/Palestina nel ’91, in una delegazione degli Enti Locali per la Pace.
Essere scortato dall’aeroporto di Tel Aviv fino a Gerusalemme da soldati armati non è piacevole. E’ vero: la prima guerra del Golfo è terminata da poco, ma con i soldati armati ho dovuto convivere anche nei tre viaggi successivi. Piacevole l’incontro con le forze di pace israeliane (Peace Now, in primis).
Di grande interesse quello con Feisal Hussein, uno dei leader dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). “Abbiamo accettato di confrontarci con gli israeliani, anche se continuano a occupare le nostre terre. Due stati e due popoli: questo vogliamo. Senza un quadro di riferimento sicuro, uno stato, non si è credibili presso il nostro popolo. Alcuni giorni fa sono stati uccisi cinque nostri uomini. Uno di loro portava un ramoscello d’ulivo e stava scrivendo su un muro: benvenuta pace”.
Il giorno successivo, è il 30 novembre, sono a Gaza. Caos sulle strade impolverate, innumerevoli persone in ogni dove. L’ONU che offre assistenza sanitaria, scolastica e alimentare ai profughi di Gaza (UNRWA) dice che entro i confini istituiti nel ‘48 erano presenti 80 mila persone. Oggi sono oltre due milioni, la gran parte rifugiati. I sindacati lamentano la differenza salariale fra chi deve recarsi al lavoro in Israele rispetto agli operai israeliani, e gli ostacoli posti per uscire e rientrare a Gaza: controlli estenuanti e umilianti.
Chiedo alla nostra guida cosa significa la parola Hamas che compare in molti muri. “E’ una nuova formazione estremista che si pone alla sinistra dell’OLP”, la risposta. Prima di tornare in quei luoghi, sarà nel ‘99, ho modo di incontrare diversi sindaci palestinesi. Uno di loro viene a Forlì (sindaco di Nablus). Poi lo accompagno in comune a Cesena. Un altro (sindaco di Beit Jala) viene a Sorrivoli, una località delle colline di Cesena. Altri li incontro a Roma e a Perugia.
Stessi discorsi, i loro: “Dopo l’accordo di Oslo del ‘93 fra Rabin e Arafat che ha portato all’istituzione dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) col compito di governare la striscia di Gaza e parte della Cisgiordania (Giudea e Samaria), e al suo il riconoscimento di partner di Israele per i successivi negoziati, nessun progresso reale. Solo carte su carte e altre colonie che ci sottraggono le nostre terre. Solo violenze nei nostri confronti”. E’ il portato dell’uccisione di Rabin da parte di un ebreo e della morte (tramite avvelenamento?) di Arafat.
E poi a seguire, muri di cemento armato per centinaia di chilometri nonostante le condanne da parte dell’Europa e dell’ONU. Ritorno a Gaza (non mi sarà consentito nei successivi due viaggi) e, per entrarvi, devo percorrere un lungo tratto entro una gabbia di ferro. Semplice controllo per me, una vera e propria perquisizione per i palestinesi.
Operazioni militari che si susseguono: Piombo fuso, Margine di Protezione, … Risultato? Migliaia di palestinesi uccisi e nessuna sicurezza per Israele.
Oggi Hamas compie un’orribile strage nei confronti di oltre mille cittadini ebrei e Netanyahu si vendica distruggendo Gaza e la sua popolazione. Il terrorismo di Hamas non salverà la Palestina né quello di Netanyahu darà sicurezza a Israele, anzi sarà il prodromo di nuovi terroristi.
Intanto la comunità internazionale occidentale balbetta a fronte di veri e propri crimini contro l‘umanità: che altro significa bombardare gli ospedali?
Mentre l’Italia presso l’ONU si astiene su un documento che chiede di finirla con le stragi.
Alcuni secoli fa uno scrittore tedesco, Sebastian Brant, scrisse un libro dal titolo “La nave dei folli”. A bordo della nave l’autore poneva degli strani personaggi, metaforici rappresentanti dei vizi umani. Era la costruzione letteraria di un’usanza del tempo: caricare su una nave, in un percorso senza fine, i devianti dal comune sentire che non potevano attraccare ad alcun porto. In qualche modo Salvini e la Meloni propongono la stessa cosa con gli immigrati. Oggi in quella nave, per un viaggio senza fine, si potrebbero caricare i veri pazzi che nel loro cieco agire, trovano solo parole riconducibili alla guerra.
16/11/2023
Piero Piraccini