“Per la pace pronti a rinunce dolorose ma non torneremo ai confini del ’67”


lastampa.it


Benjamin Netanyahu parlando al Congresso americano in seduta plenaria è stato accolto da un’interminabile serie di standing ovation. “Alcune colonie fuori da Israele”. L’Anp: non è un partner valido.


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"Per la pace pronti a rinunce dolorose ma non torneremo ai confini del '67"

Il premier israeliano Benyamin Netanyahu, parlando al Congresso Usa in sessione congiunta, ha detto di essere disposto a «dolorosi compromessi» per raggiungere la pace nella regione ma ha respinto la possibilità che Israele possa tornare ai confini «indifendibili» del giugno ’67.

Netanyahu ha detto che Israele «sarà generosa per quanto riguarda le dimensioni dello Stato palestinese», ma ha ribadito che il suo Paese non accetterà di tornare ai confini del 1967. «Un accordo di pace richiederà a Israele di rinunciare a territori ebraici ancestrali: in Giudea e Samaria (la Cisgiordania) gli ebrei non sono occupatori stranieri. Questa è la terra dei nostri avi», ha detto il premier. Ma, alludendo alla proposta di «scambi concordati di territori» fra Israele e il futuro Stato palestinese, formulata dal presidente americano Barack Obama, Netanyahu ha puntualizzato che «alcune colonie saranno comunque fuori dai confini di Israele». «È vitale che uno stato palestinese sia totalmente demilitarizzato e che Israele mantenga una presenza militare a lungo termine lungo il fiume Giordano», ha aggiunto.

La pace può essere negoziata solo con partner impegnati alla pace e Hamas, «la versione palestinese di Al Qaida», non è un partner per la pace, ha detto ancora il premier israeliano, sollecitando Abu Mazen a «stracciare» gli accordi conclusi con Hamas. Netanyahu, che è stato interrotto da quasi trenta standing ovation da parte del Congresso Usa, ha detto che Gerusalemme non dovrà mai essere divisa: «Gerusalemme deve restare la capitale unita d’Israele».

E per quanto riguarda la questione dei rifugiati palestinesi, Netanyahu è stato secco: «Deve essere risolta all’ esterno dei confini di Israele».

Il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat ha subito bocciato il discorso di Netanyahu al Congresso Usa: le sue parole, secondo Erekat, «dimostrano che in Israele non abbiamo un partner con cui fare la pace». Anche secondo il portavoce del presidente palestinese Abu Mazen, il discorso di Netanyahu frappone «altri ostacoli» al processo di pace. I palestinesi non accetteranno «la presenza di Israele in un futuro stato palestinese», ha detto. Durissima anche la reazione di Hamas, che ha accusato Israele di voler imporre le proprie condizioni, ignorando i diritti del popolo palestinese.

«Finora i palestinesi non hanno mostrato la volontà di accettare uno stato palestinese se questo significava accettare uno stato ebraico adiacente – ha detto Netanyahu al Congresso Usa – Il conflitto non è mai stato sull’istituzione di uno stato palestinese ma piuttosto è sempre stato sulla esistenza di uno stato ebraico».

«Davanti al mio popolo mi sono impegnato ad accettare uno stato palestinese – ha detto Netanyahu – è giunto il momento per il presidente palestinese Abu Mazen affermare davanti al suo popolo “accetterò uno stato ebraico”. Sono parole che potrebbero cambiare la storia». Netanyahu ha detto che il tentativo dei palestinesi di «imporre un accordo attraverso le Nazioni Unite non porterà alla pace». Ma esponenti dell’Anp hanno commentato oggi che il discorso di Netanyahu «non ci lascia altra scelta che andare alle Nazioni Unite in settembre» per chiedere il riconoscimento di uno stato palestinese.

Netanyahu aveva aperto il suo discorso al Congresso affermando che «Israele non ha amico migliore dell’America e l’America non ha un miglior amico d’Israele». Il premier si è congratulato con l’America «per avere preso Osama bin Laden: ce ne siamo liberati». Netanyahu ha anche ammonito sul pericolo che l’Iran riesca a entrare in possesso di armi nucleari. «Sarebbe una catastrofe per il Medio Oriente e per il resto del mondo», ha detto.

Fonte: La Stampa

24 maggio 2011

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