Medio Oriente: conferenza di Annapolis. Israele e Siria allo stesso tavolo


Francesca Caferri


Oggi al via il summit per la pace in Medio Oriente con 49 presenti. Bush: “Impegno personale per la pace”. Il lavoro diplomatico negli Usa è già iniziato. Hanno alzato al livello massimo lo stato di allerta nel paese, c’è timore di attentati.


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Medio Oriente: conferenza di  Annapolis. Israele e Siria allo stesso tavolo

Un primo successo Gorge W. Bush e Condolezza Rice lo hanno raggiunto: la Siria, il più riottoso degli invitati, ha accettato all’ultimo minuto di inviare un suo rappresentante – benché solo a livello di vice-ministro – negli Stati Uniti e di sedersi al fianco di Israele alla Conferenza di Annapolis che apre i battenti domani nella capitale del Maryland. Saranno dunque 49 – fra nazioni, compreso il Vaticano, e organizzazioni internazionali – le delegazioni che si riuniranno intorno al tavolo per il più serio tentativo di trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese nei sette anni di presidenza Bush.
Il lavoro diplomatico negli Usa è già iniziato: ieri sera la Rice ha incontrato i negoziatori palestinesi e israeliani e oggi Bush riceverà alla Casa Bianca separatamente Olmert e Abu Mazen per tentare di definire un’agenda comune.
Malgrado la ricca lista di partecipanti, tutte le parti in causa dicono di avere prospettive relativamente basse: Washington sottolinea che non si tratta di una conferenza di pace ma di un incontro per far ripartire i colloqui di pace. Olmert e Abu Mazen, stretti fra i rispettivi estremismi, non parlano più di confini, ritorno dei profughi, destino della città contesa di Gerusalemme, come fecero Arafat e Barak nel 2000 sotto l’egida di Clinton, ma più semplicemente di necessità di tornare a confrontarsi davvero.
Paradossalmente proprio la debolezza del leader coinvolti potrebbe essere una delle chiavi di successo dell’incontro: l’israeliano ha bisogno di un risultato che gli faccia riconquistare la popolarità perduta nella campagna in Libano lo scorso anno, il palestinese di un accordo che legittimi la sua leadership, insediata dai duri di Hamas, che già controllano Gaza. E Bush è alla ricerca di un successo che gli consenta di sollevare le sorti internazionali della sua presidenza, segnata dagli insuccessi in Iraq e Afghanistan. Per questo per la prima volta da quando è alla Casa Bianca, ha deciso di mettere tutto il suo peso dietro alla ricerca di un accordo e ieri sera ha voluto ribadire il suo “impegno personale” per arrivare a “due stati democratici, Israele e Palestina, che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza”.
Allo stesso tempo, la scelta di Damasco di prendere parte all’incontro allarga le prospettive a tutta la regione: i siriani avevano detto a più riprese che si sarebbero seduti al tavolo di Annapolis solo se ci fosse stata la possibilità di discutere del destino delle Alture del Golan, contese fra Siria e Israele. Ufficialmente l’agenda del vertice non è cambiata, ma gli americani ieri hanno spiegato che la discussione sarà aperta a “ogni tema che i partecipanti vorranno sollevare”: Golan compreso dunque. La presenza dell’inviato di Assad fa sperare anche nella possibilità di raggiungere un accordo sulla presidenza vacante del Libano, tema su cui i siriani non vogliono rinunciare a dire la loro. E nello stesso tempo isola, anche se solo temporaneamente, l’ala più dura di Hamas, il cui leader Khaled Meshaal risiede proprio a Damasco.
Proprio un’offensiva da parte dei più radicali fra i membri di Hamas temono gli israeliani: ieri hanno alzato al livello massimo lo stato di allerta nel paese, nel timore di attentati.
Da Roma, “una soluzione giusta e definitiva al conflitto che da sessant’anni insanguina la Terra Santa” ha chiesto il Papa all’Angelus che ha invitato i fedeli a pregare per la pace. Di tutto altro tono le parole del presidente iraniano Ahmadinejad, che ha definito la conferenza inutile e la partecipazione da parte di alcuni leader politici “una mancanza di intelligenza”: dal Libano i suoi alleati di Hezbollah hanno parlato di “show mediatico”.

Fonte: "Repubblica"

26/11/2007

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