Cambiare il sistema!


il Manifesto


Rapporto Diritti Globali. Il capitalismo non funziona, è necessario cambiare il sistema sulla spinta della mobilitazione globale dei giovani contro il cambiamento climatico.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
inquinamento-k3NE-U107023702800574-1024x576@LaStampa.it.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=7fb35c5

Fino a quando non saremo capaci di dire che è più semplice immaginare la fine del capitalismo invece che quella del pianeta continuerà la nostra condizione di passività e subalternità a una politica che naviga a vista, a partiti Zelig «oltre la destra e la sinistra» ma capaci di governare opportunisticamente con entrambi, a governi votati al perenne galleggiamento.

«La casa brucia», dice Greta Thunberg e continuerà a farlo senza adeguate resistenze.

Ma per fortuna, nell’ultimo anno, insieme al movimento femminista globale (in Italia «Non Una di Meno») sono emersi i nuovi movimenti che aspirano a declinare insieme la rivendicazione della giustizia climatica con quella sociale: Friday for Future e Extinction Rebellion di cui si sono occupati anche Il Manifesto e il nostro settimanale ecologista L’Extraterrestre.

È lo scenario politico maturato nell’ultimo anno esposto nella 17esima edizione del rapporto sui «Diritti Globali» (651 pagine, 28 euro, Ediesse) presentato ieri nella sala Santi della sede nazionale della Cgil in Corso Italia a Roma. Il rapporto, curato da Società INformazione Onlus di Sergio Segio, pubblicato da Ediesse e promosso dalla Cgil, vede l’adesione delle maggiori associazioni italiane impegnate sui diritti: Antigone, Action Aid, Arci, Cnca, Fondazione Basso, Gruppo Abele, Legambiente e Rete dei Numeri Pari.

L’edizione di quest’anno contiene anche un capitolo particolarmente utile sul «reddito di base» universale e incondizionato, alternativo al cosiddetto «reddito di cittadinanza» istituito in Italia. Nel libro è definito un’«utopia concreta per il XXI secolo».

Il titolo del rapporto di quest’anno è ambizioso e per la prima volta esortativo: «Cambiare il sistema». Questo cambiamento è rivendicato da una nuova sensibilità radicale che abbiamo visto nelle piazze oceaniche dei nuovi movimenti e mostra l’emergenza di un nuovo paradigma politico. «Un divenire co-rivoluzionario» lo ha definito il geografo e filosofo marxista David Harvey citato nel rapporto. Un divenire che può mettere in relazione «processi lavorativi, il rapporto con la natura, i rapporti sociali, le lotte femministe e l’ecologia politica, la progettazione di tecnologie alternative e forme organizzative rivoluzionarie nella vita quotidiana».

«La competizione esclusiva al centro politico si è tradotta in abbandono di cospicue fasce di cittadini, del lavoro, delle povertà, dei ceti popolari e dei ceti medi impoveriti e proletarizzati – ha scritto Sergio Segio nell’introduzione – Fasce e ceti sono divenuti la base di massa dei populismi». È sempre più necessaria «una proposta radicale e radicalmente nuova. Che sappia dunque anche rinnovare forme e qualità delle istituzioni».

«Greta Thumberg ci sprona: il futuro si conquista oggi aprendo conflitti e diffondendo consapevolezza», sottolinea Segio, denunciando «la lentezza della presa d’atto della politica tutta».

«Cambiare si deve, a partire dai sistemi di produzione, di consumo, di sfruttamento delle risorse materiale e umane – ha scritto il segretario della Cgil Maurizio Landini nella prefazione del volume – La situazione ora è tale che impone a tutti di ripensare l’attuale modello sociale, insieme ai rapporti economici e di produzione».

Le tante associazioni che appoggiano il rapporto hanno dato testimonianza del loro impegno nella conferenza stampa. «Nel 2050 avremo un terzo dell’Africa inabitabile e 250 milioni di rifugiati climatici», sottolinea Mariano Bottaccio della Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), mentre Federica Brioschi di Antigone ha denunciato «il sovraffollamento delle carceri italiane e l’uso populistico della giustizia penale».

Ma esistono anche segnali positivi: «Secondo Edelman’s Trust Barometer il 56 per cento della popolazione mondiale sostiene che il capitalismo attuale non funziona», ricorda Marco De Ponte di ActionAid mentre Gianni Tognoni del Tribunale permanente dei popolo ha lanciato il tema dell’inclusione «del salario vitale» tra i diritti umani.

Un tema ripreso nella chiusura affidata alla segretaria confederale della Cgil Ivana Galli che, dopo aver ricordato «i migranti con i segni delle catene ai polsi e i segni di frustate visti nella sua esperienza nei campi del Sud, ha sostenuto che è «possibile sostenere il cambiamento con grandi movimenti che contrastino le grandi lobby delle multinazionali, mettendo in campo modelli di sviluppo che abbiano al centro l’occupazione e la sua qualità».

Nina Valoti

5 febbraio 2020

Il Manifesto 

 
 
CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+