Uganda, Museveni affila le armi
Alberto Tundo
Il primo turno delle presidenziali si avvicina e il presidente si prepara per vincere il suo quarto mandato: l’opposizione è avvertita
Le elezioni presidenziali del 18 febbraio si avvicinano e il presidente ugandese Yoweri Museveni si candida per il suo quarto mandato. Una sconfitta non la ipotizza nemmeno e intanto va oliando l'apparato repressivo. L'opposizione ne scorge i segnali e denuncia il clima di paura.
E' di un paio di settimane fa l'allarme lanciato dal presidente della Commissione elettorale, Badru Kiddungu, che ha rivelato di essere stato informato dalla polizia dell'attività di nove milizie partitiche che si starebbero armando per "fare la guardia ai propri voti". Non ha fornito i nomi dei gruppi, né le "parentele" politiche di ogni formazione ma i giornalisti ugandesi sanno di cosa stesse parlando il funzionario: due sono in particolare le bande più pericolose, i Kiboko Boys e i Black Mambas, tutte e due gravitanti nell'orbita del partito di governo, l'Nrm (National Restistance Movement, ndr) che in passato le ha impiegate – e lo sta facendo tuttora – per intimidire i membri dell'opposizione. I Kiboko Boys, in particolare, sono stati costituiti grazie ai finanziamenti di molti imprenditori e possidenti della capitale, stanchi di contare i danni alle loro proprietà, in seguito a manifestazioni politiche e moti di piazza; lo scorso giugno, i Kiboko hanno attaccato Kizza Besigye, leader del Forum for Democratic Change mentre teneva un comizio in una piazza della capitale. Besigye ha ragione di aver paura: si sussurra a Kampala che l'uomo che guiderà un'ampia coalizione anti-Museveni, l'Inter-Party Cooperation, stia erodendo il consenso per il presidente soprattutto nelle campagne, il grande bacino di voti del governo.
In questi giorni i reparti antisommossa hanno visto ampliare la propria dotazione, in vista di eventuali disordini: domenica 23 gennaio è arrivato dalla Tanzania un carico speciale diretto alla caserma di Naguru, nel cui cortile i cronisti di The Monitor hanno contato 50 vetture, tre autobus, 16 camion dotati di cannoni lacrimogeni o ad acqua, tre mezzi antincendio, quattro autocisterne, due carrelli elevatori e sei autocarri e decine di divise ignifughe e giubbini antiproiettili. I vertici della polizia sostengono che questi mezzi siano stati ordinati ben prima e che sono stati consegnati in prossimità delle elezioni solo per una semplice coincidenza. L'opposizione però ricorda i manifestanti uccisi nel 2009 e teme che gli apparati di sicurezza si stiano preparando per la battaglia. E' un dato di fatto che nelle strade di Kampala siano comparsi agenti armati fino ai denti in divise nuove di zecca. Così come non è un mistero che sia in corso un massiccio reclutamento di giovani nelle milizie pro-Museveni, ufficialmente "per aiutare la polizia a mantenere l'odrine". Haji Munyagwa, ha addirittura denunciato il presidente per questa mobilitazione che ha come scopo "quello di intimidire i supporter dei partiti di opposizione. I miei hanno paura a prensentarsi ai miei comizi".
In questo clima è esplosa la denuncia di pressioni da parte dei comandi militari su membri della Commissione elettorale: Akbar Godi, giovane parlamentare dell'Fdc, sostiene di aver saputo di un incontro, tenutosi il 20 gennaio, nella caserma di Bondo, tra il capo delle Forze di difesa, generale Aronda Nyakairima, il comandante della 409esima Brigata, colonnello Martin Ndyanabo e Rose Atima, membro della commissione. Nel corso della riunione, a quest'ultima sarebbe stato intimato di trovare un modo per far votare i soldati ugandesi di stanza in Congo, sebbene molti di loro non siano iscritti nei registri elettorali. Godi ha una reputazione ambigua, è sotto processo per l'omicidio della moglie, ma dice di avere informazioni di prima mano e di sapere chi altri era presente. L'esercito nega, parla di un semplice briefing sulla sicurezza in vista del voto, ma non è un segreto per nessuno a chi vanno le simpatie dei militari. Besigye non si fida della commissione e ha annunciato che annuncerà i risultati del voto attraverso canali suoi. Museveni gli ha risposto che in tal caso lo arresterà. Non ultima, resta la questione dei brogli elettorali, il cui rischio viene denunciato dall'opposizone che chiede il rinvio del voto. Tutti elementi che rendono il clima incandescente e la tornata elettorale un appuntamento ad alto rischio.
Fonte: PeaceReporter
1 febbraio 2011