Fame zero lontana. La FAO: siamo fuori strada!
La redazione
Nel 2018 circa 820 milioni di persone non hanno avuto cibo a sufficienza, rispetto agli 811 milioni dell’anno precedente: l’aumento è stato registrato per il terzo anno consecutivo. Il dato è contenuto nell’edizione 2019 dello “State of Food Security and Nutrition in the World”, il rapporto annuale sullo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo, redatto dalle 5 agenzie delle Nazioni Unite coinvolte nella sfera della nutrizione (FAO – IFAD – WFP- UNICEF- OMS)
Secondo un rapporto della FAO pubblicato oggi, il mondo è lontano dal raggiungimento della maggior parte dei traguardi dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile (OSS) relativo alla fame, alla sicurezza alimentare e alla nutrizione.
“Il rapporto fornisce un triste scenario. Da quattro anni a questa parte, cioè da quando è stata sottoscritta l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, la regressione è la norma, quando si parla di porre fine alla fame e far diventare sostenibili l’agricoltura e la gestione delle risorse naturali – siano esse terrestri che marine – ha affermato Pietro Gennari, Direttore della Divisione di Statistica della FAO.
“Essere fuori strada quando si parla di raggiungere i pilastri fondamentali degli OSS mette indubbiamente a rischio il successo dell’intera Agenda 2030 e rende meno raggiungibile il nostro obiettivo generale: garantire al nostro pianeta e alle generazioni presenti e future un futuro sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale”, ha dichiarato Maria Helena Semedo, Vicedirettore Generale della FAO per il clima e le risorse naturali.
Nel primo rapporto di questo tipo, la FAO ha analizzato graficamente i principali dati e trend globali registrati in 234 paesi e territori rispetto a 18 indicatori di quattro OSS (2, 6, 14 e 15) sotto la tutela dell’Agenzia delle Nazioni Unite.[1]
Principali risultati
La fame è in aumento
Oltre 820 milioni di persone soffrono tuttora la fame. Il numero di persone affamate nel mondo sta aumentando per il terzo anno consecutivo ed è tornato ai livelli registrati nel periodo 2010-2011. Di pari passo, la percentuale di persone affamate rispetto alla popolazione totale è leggermente aumentata, passando dal 10,6% del 2015 al 10,8% del 2018.
I profitti dei piccoli produttori alimentari sono circa la metà di quelli dei grandi produttori
I piccoli produttori – che rappresentano la maggioranza degli agricoltori in molti paesi in via di sviluppo – affrontano sfide sproporzionate nell’accedere ai fattori di produzione e ai servizi e, di conseguenza, i loro proventi e la loro produttività sono sistematicamente inferiori rispetto ai grandi produttori.
Nella maggior parte dei paesi, i proventi dei piccoli produttori alimentari sono meno della metà rispetto a quelli dei grandi produttori. Sono notevoli anche le disparità nella produttività dei piccoli produttori rispetto ai grandi, anche se meno pronunciate rispetto ai proventi.
Elevata volatilità dei prezzi dei prodotti alimentari in molti paesi in via di sviluppo
Nel periodo 2016-2017 le irregolarità nei prezzi dei prodotti alimentari hanno interessato oltre un terzo dei Paesi in via di sviluppo senza sbocco sul mare (LLDC), uno stato su quattro in Africa e Asia occidentale e uno stato su cinque in Asia centrale e meridionale. D’altra parte tutte le regioni sono state interessate da moderati e generali aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari.
Oltre la metà delle razze di bestiame locali è a rischio di estinzione
In media, circa il 60% delle razze di bestiame locali sono a rischio estinzione nei 70 paesi in possesso di informazioni sullo stato della situazione di rischio. Nello specifico, in tutto il mondo su 7.155 razze di bestiame locali (cioè razze che vivono in un solo paese), 1.940 sono considerate a rischio di estinzione, per esempio la fogera – razza bovina etiope – o la capra gembrong, balinese.
Questa percentuale potrebbe essere addirittura più alta, in quanto non sono disponibili dati sullo stato di rischio di due terzi delle razze di bestiame locali, in particolare nel Medio e Vicino Oriente, in Africa e in Asia.
Il rapporto segnala inoltre “assenza di progressi nella conservazione delle risorse genetiche animali e osserva che gli sforzi in corso per preservare queste risorse risultano inadeguati”. Per esempio, è disponibile meno dell’1% di materiale genetico delle razze di bestiame locali in tutto il mondo, che consentirebbe di ricreare una razza in caso di estinzione.
Piccoli progressi nella conservazione del materiale genetico vegetale
La conservazione del materiale genetico vegetale sembra andare un po’ meglio.
Alla fine del 2018 i depositi globali di materiale genetico vegetale conservato in banche genetiche in 99 paesi e 17 centri regionali e internazionali ammontavano a 5,3 milioni di campioni – un incremento di quasi il 3% rispetto all’anno precedente. Ciò è dovuto principalmente al trasferimento di materiali esistenti in strutture di stoccaggio migliori e conformi agli indicatori, piuttosto che a nuova diversità raccolta sul campo.
Gli sforzi per garantire la diversità delle colture continuano ad essere insufficienti, avverte il rapporto, in particolare per i progenitori selvatici delle colture, delle piante selvatiche commestibili e delle specie trascurate e sottoutilizzate.
Preoccupano la pesca eccessiva e l’implementazione non uniforme di strumenti internazionali per la pesca sostenibile
Oggi un terzo delle risorse ittiche mondiali è sovrasfruttato, rispetto al solo 10% del 1974.
Il rapporto rileva che, nonostante alcuni recenti miglioramenti nella gestione delle risorse ittiche e nello stato degli stock nei paesi sviluppati, la percentuale del pescato entro livelli biologicamente sostenibili è notevolmente diminuita nei paesi in via di sviluppo.
Inoltre, circa il 30% dei paesi registra tuttora una bassa o media implementazione dei principali strumenti internazionali per contrastare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e circa il 20% dei paesi registra una bassa o media implementazione dei principali strumenti per promuovere l’accesso dei piccoli pescatori a risorse, servizi e mercati produttivi.
Acqua sotto stress
Tutti i continenti sono esposti a stress idrico. La maggior parte dei paesi che hanno registrato elevato stress idrico dal 2000 sono concentrati in Africa settentrionale, Asia occidentale e Asia centrale e meridionale.
La deforestazione in aree tropicali peggiora
Tra il 2000 e il 2015, a causa soprattutto della conversione di aree forestali in terreni agricoli, il mondo ha perso un’area delle dimensioni del Madagascar. Il grosso della perdita è stato registrato nelle aree tropicali dell’America Latina, dell’Africa sub-sahariana e del sud-est asiatico.
Il processo di deforestazione è tuttavia rallentato a livello globale nel periodo 2010-2015 ed è stato parzialmente compensato dall’aumento delle aree forestali in Asia, Nord America ed Europa.
Cosa fare per invertire l’aggravarsi dei trend
Il rapporto propone una serie di indicazioni mirate a invertire l’aggravarsi di questi trend.
Innanzitutto, molti dei problemi citati sarebbero probabilmente meno gravi se ci fossero sufficienti investimenti nel settore agricolo (pesca e silvicoltura incluse). Il rapporto rileva però che la spesa pubblica in agricoltura è in calo rispetto al suo contributo al prodotto interno lordo (PIL). Nello specifico, l’Africa subsahariana e l’Oceania (Australia e Nuova Zelanda escluse) hanno registrato i valori relativi più bassi degli investimenti pubblici in agricoltura.
Promuovere la crescita della produttività e rafforzare la resilienza e la capacità di adattamento dei piccoli produttori alimentari è inoltre fondamentale per invertire il crescente trend della fame e ridurre il numero di persone che vivono in condizioni di estrema povertà, sottolinea il rapporto.
In molti paesi in via di sviluppo le irregolarità nei prezzi hanno contribuito a compromettere l’accesso al cibo delle persone e il loro stato nutrizionale. Il problema potrebbe essere gestito migliorando le informazioni sui prezzi e sull’offerta e domanda di alimenti di base, consentendo ai mercati di operare in modo più efficiente.
Aumentare la produttività dell’acqua, migliorare i sistemi di irrigazione in agricoltura e ridurre le perdite nelle reti di distribuzione urbane e nei processi di riscaldamento e raffreddamento industriale sono tra i principali problemi da affrontare in materia di stress idrico.
Per concludere, tutti i paesi devono urgentemente effettuare cambiamenti radicali nella gestione e nella governance delle risorse ittiche. Ciò avrebbe anche un positivo riscontro economico: nel complesso, il ripristino di stock sovrasfruttati potrebbe aumentare la produzione ittica di 16,5 milioni di tonnellate e il fatturato della pesca di 32 miliardi di dollari all’anno.
(1) La FAO è stata designata custode di 21 indicatori degli OSS, e al momento esistono dati relativi a 18 di questi.
18 luglio 2019, Roma
FAO