Il dramma dei bambini soldato
L'Osservatore Romano
Una piaga diffusa soprattutto in Africa e Medio oriente. l’Unicef ricorda i numeri nella Giornata internazionale contro l’uso dei bambini soldato.
Un gruppo armato attivo nel Sud Sudan ha rilasciato 119 bambini soldato. A darne notizia è stato l’Unicef, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia.
Il gruppo, che è il South Sudan National Liberation Movement (Sslm), ha liberato 48 bambine, la più piccola di dieci anni. «È uno sviluppo incoraggiante, ma la strada è ancora lunga prima che 19.000 bambini arruolati tornino alle loro famiglie» ha detto Henrietta Fore, direttore esecutivo dell’Unicef nella regione.
L’annuncio della liberazione è arrivato ieri, in concomitanza con la giornata internazionale contro l’uso dei bambini soldato.
Per l’occasione Papa Francesco ha scritto in un tweet: «Migliaia di bambini, costretti a combattere nei conflitti armati, sono derubati della loro infanzia. Fermiamo questo crimine abominevole».
Quella dei bambini soldato è una piaga gravissima presente in moltissimi paesi africani. I bambini rilasciati nel 2018 da gruppi nelle vicinanze di Juba, Bentiu, Pibor e Western Equatoria, sono stati inseriti in un programma di reintegrazione guidato proprio dall’Unicef e i suoi partner. Servizi forniti dai programmi di reintegrazione sono cure mediche, supporto psicosociale, istruzione formale e formazione professionale.
In occasione della giornata internazionale, l’Unicef ha diffuso un rapporto nel quale si ricorda che in Sud Sudan sono oltre 19.000 i minorenni utilizzati come bambini soldato; in seguito allo scoppio della guerra civile migliaia di bambini sono stati coinvolti nel conflitto e sono tutt’ora nelle mani dei gruppi armati, costretti a subire ogni genere di sfruttamento.
Ma la piaga dei bambini soldato riguarda tutta l’Africa e il Medio oriente. Nel 2017 rispetto all’anno precedente, l’arruolamento e l’utilizzo dei più piccoli è quadruplicato nella Repubblica Centrafricana, mentre è raddoppiato nella Repubblica Democratica del Congo (oltre 1.000 casi), nel Sud Sudan (1.200), in Siria (quasi 1.000) e nello Yemen (850), mentre rimane sempre molto alto in Somalia (oltre 2.000).
13 febbraio 2019
L’Osservatore Romano