Marziani per la città, invisibili per il Parlamento
Piero Piraccini
Immaginatevi 12 gigantesche lettere dell’alfabeto e 16 cartelli componenti, le une, le parole Diritti Umani, gli altri, il primo articolo della Dichiarazione Universale: “Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Immaginatevi lungo le […]
Immaginatevi 12 gigantesche lettere dell’alfabeto e 16 cartelli componenti, le une, le parole Diritti Umani, gli altri, il primo articolo della Dichiarazione Universale: “Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Immaginatevi lungo le strade di Roma un gruppo di persone che portavano una a una quelle lettere e uno a uno quei cartelli per ricomporre quelle due parole e quella frase: a Piazza del Popolo, Castel Sant’Angelo, Piazza Navona e, infine, a Montecitorio. E immaginate la curiosità dei passanti, la maggior parte turisti: “Chi siete? Da dove venite? dove andate?” che sembrava il set di Non ci resta che piangere. Chi chiedeva se era la manifestazione di uno sciopero, che significato avevano quelle lettere, che cosa si intendeva dire e a chi.
E poi immaginate che ad ogni fermata in quei punti significativi, arrivassero carabinieri, poliziotti, vigili urbani a dire che, no, non si poteva. Non ci si poteva fermare perché quei luoghi della città sono luoghi sensibili e servivano precise autorizzazioni perché un assembramento di persone muniti di cartelli potesse fotografarli.
Ma c’era scritto: Diritti Umani?! Fa niente. Occorreva prima mostrare i documenti, poi andarsene. E niente fotografie. E sì che avevamo il permesso della Questura per fermarci in piazza Montecitorio, ed è lì che stavamo andando!
E allora il consiglio imperioso fu quello di andarci senza fermarci a fotografare. Ci siamo andati. Abbiamo “fatto” il previsto flash mob e abbiamo disteso, questa volta senza paura di essere cacciati, lettere, cartelli, bandiere. Eravamo marziani per la gran parte delle persone incontrate, eravamo degli invisibili per il Parlamento che era lì, davanti a noi.
E sì che era passato oltre un mese da quando avevamo chiesto un incontro coi Presidenti delle due Camere e proposto al Parlamento di celebrare solennemente il 10 dicembre, a 70 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
E sì che in un pezzo d’Italia, il miglior pezzo d’Italia!, da tempo erano in corso programmi educativi mentre erano passati appena due mesi da quando centomila persone avevano partecipato alla Marcia PerugiAssisi. Alcuni giorni dopo, scuole, università, Enti Locali, piazze di tutt’Italia (saranno state 500) avrebbero celebrato ognuno a modo loro, quella data che ricorda la Carta scritta dopo due guerre mondiali e milioni di morti, un argine alle nuove politiche che vogliono ricacciare l’Italia, l’Europa, il mondo intero nel buio del passato; la Carta che dichiara solennemente l’uguaglianza e la dignità perché – lì si afferma – quei diritti sono innati e debbono essere goduti da chiunque sia al mondo. Alla base di quei diritti non c’è alcun contratto sociale. Tuttavia – afferma il preambolo di quella dichiarazione – quei diritti devono essere resi effettivi e, dunque, servono norme giuridiche per garantire la possibilitàdi cercare in altri paesi asilo dalle persecuzioni (art. 14),la sicurezza sociale (art. 22), il lavoro e una sua giusta remunerazione (art. 23), il benessere della famiglia, la maternità, l’infanzia (art. 25), l’istruzione (art. 26).
Dunque i diritti umani sono vita reale non principi utopistici, che non devono essere affidati al mercato. Essi hanno elevato la dignità umana a valore fondativo dell’ordine mondiale e di qualsiasi ordinamento a qualsiasi livello, al di sopra della stessa sovranità dello Stato. Altrochè il sovranismo di cui si blatera. Essi costituiscono l’impresa più alta della modernità frutto del costituzionalismo interno e internazionale (la Costituzione Italiana e le nazioni Unite li hanno preceduti di pochi anni), una grande impresa collettiva che ha identificato valori la cui perdita aveva costituito una tragedia per l’intera umanità. La sinistra (ma ormai, quale sinistra?) potrebbe partire da qui per la sua ricostruzione. Troverebbe un campo fecondo. Incontrerebbe persone motivate a sostenerla mentre aleggiano le parole del profeta Isaia: “Dio acceca chi vuol perdere”.
Piero Piraccini