Contro il sonno della ragione


Piero Piraccini


Questa Marcia: contro il sonno della ragione che continua a creare mostri Il più scontato degli obiettivi: un mondo in cui la “famiglia umana” viva in pace con se stessa e con la natura che la ospita, contraddetto dallo strumento che la stessa “famiglia umana” mette in campo fin dai suoi albori: la violenza, generatrice […]


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Roberto Brancolini ©

Questa Marcia: contro il sonno della ragione che continua a creare mostri
Il più scontato degli obiettivi: un mondo in cui la “famiglia umana” viva in pace con se stessa e con la natura che la ospita, contraddetto dallo strumento che la stessa “famiglia umana” mette in campo fin dai suoi albori: la violenza, generatrice di guerre e di diseguaglianze. Lo scienziato Einstein interroga lo psichiatra Freud chiedendogli perché mai un piccolo nucleo d’individui che dalla guerra ha tutto da guadagnare, se non altro perché vende le armi che costruisce, si impone su una maggioranza di individui che, al contrario, dalla guerra ha tutto da perdere, financo la propria vita. Dovrà pur esserci un motivo che ha a che fare col mondo della psiche. “E lei, signor Freud, che ha in cura molte persone traumatizzate dalla guerra – (siamo nel 1932, e la 1° guerra mondiale è terminata da appena un decennio) – potrà aiutarci a sciogliere questo dilemma”. “Gli effetti delle guerre sono così devastanti che la mente umana finirà per ripudiarle. Sarà il prodotto del processo di civilizzazione della nostra specie”, risponderà lo psichiatra.

Ma lo scienziato ne verrà a conoscenza più tardi perché l’indomani Hitler prenderà il potere, e il processo di civilizzazione sperato con fede illuministica indietreggerà di millenni.

Una risposta di metodo sul che fare, lo fornisce padre Ernesto Balducci nel suo scritto: “La pace. Realismo di un’utopia”. Il Principe illuminato, quello di machiavelliana memoria, costruisce e rafforza gli argini dei fiumi nei tempi di calma: non aspetta che le acque si facciano così impetuose da distruggere tutto ciò che trovano lungo il loro percorso. I danni procurati dal caos degli eventi (la fortuna) possono trovare ostacoli in una politica accorta, quella della prevenzione (l’ordinata ragione). Ammoniva, tuttavia, padre Balducci, che col fuoco atomico non ci sarà un secondo tempo in cui ricostruire argini abbattuti da un fiume impetuoso, perché la famiglia umana sarà distrutta. Per sempre.

Cos’è la nostra Marcia del prossimo 7 ottobre, se non l’ordinata ragione che cerca di impedire o almeno di limitare, ma non prima di illuminarne le cause, i danni (sono tragedie vere e proprie per milioni di essere umani) prodotti da un fiume le cui acque sono sempre crescenti e rese più impetuose da violenza, disuguaglianza, razzismo, odio, corsa agli armamenti, guerre?

Cos’è la nostra Marcia se non il tentativo di arginare la violenza delle parole che deformano la nostra società, a tratti irriconoscibile ai valori su cui si basano la nostra Costituzione e la dichiarazione Universale dei Diritti Umani, a 70 anni dalla loro nascita, parti felici dopo decenni d’incubi? Ecco, a questo e ad altro che ognuno può mettere nel proprio cammino, serve la nostra (ennesima) Marcia che vedrà protagonisti decine di migliaia di ragazzi provenienti dall’intera Italia, migliaia dei quali appositamente formati nello loro scuole perché “se la scuola non è di pace, che scuola è?” oltre a centinaia di sindaci in rappresentanza di comunità locali che danno voce al ripudio della guerra. Che altro è, infatti, l’Italia che la ripudia?

E intanto penseremo – cammineremo forti delle loro idee – ai tanti che hanno speso le loro vite su queste realistiche utopie. Due nomi per tutti, per noi che li abbiamo conosciuti: Antonio Papisca (se le Costituzioni hanno un’anima – diceva – questa sono i Diritti Umani) e Graziano Zoni (ci ammoniva di non confondere la povertà, un atteggiamento di mitezza, con la miseria, prodotto dell’ingiustizia).

E penseremo alla fatica spesa per arrivare assieme a questo appuntamento, assieme a chi percorre altre strade ma alla fine si ritrova qui. Fatica ben spesa, anche perché l’alternativa chissà se sarebbe stata migliore. Perché la Marcia successiva, i cui preparativi inizieranno a partire dall’8 di ottobre, dovrà avvalersi di un impegno ancor più collettivo, di risorse intellettuali e economiche, senza fughe in avanti e senza protagonismi fine a se stessi.

E perché, infine, se è vero che la Marcia, nell’insieme delle idee che la nutrono, esprime un pensiero altro che di questi tempi la politica, anch’essa nel suo insieme, non sembra in grado di elaborare, sarà pur necessario portare queste idee all’intero Parlamento. Non per imporre o insegnare alcunché, ma almeno per un confronto, questo sì.        
  

17 settembre

PIERO PIRACCINI

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