Gaza, oltre la soglia dell’invivibilità


Riccardo Noury


La settimana scorsa le Nazioni Unite hanno avvisato che, dopo 10 anni di blocco terrestre, marittimo e aereo da parte di Israele e tre conflitti armati, le condizioni di vita a Gaza hanno oltrepassato la soglia dell’invivibilità.


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La settimana scorsa le Nazioni Unite hanno avvisato che, dopo 10 anni di blocco terrestre, marittimo e aereo da parte di Israele e tre conflitti armati, le condizioni di vita a Gaza hanno oltrepassato la soglia dell’invivibilità. La drastica diminuzione delle forniture di energia elettrica, l’aumento della disoccupazione fino a toccare il 60 per cento della popolazione di Gaza e un sistema sanitario giunto ormai al collasso illustrano concretamente e drammaticamente il concetto di “invivibilità”. Quest’anno tre neonati e altri sei pazienti sono morti nell’unità di terapia intensiva dell’ospedale al-Shifa, i cui dirigenti hanno atteso invano che a Ramallah l’Autorità palestinese mettesse a disposizione i fondi necessari per fornire le cure mediche necessarie fuori dalla Striscia di Gaza.

Come spiega Rachel Borrell, assistente alla ricerca e alle campagne di Amnesty International su Israele e sui Territori palestinesi occupati in un articolo pubblicato originariamente su Newsweek, ottenere la copertura finanziaria da Ramallah è fondamentale perché i gazani possano chiedere l’autorizzazione a varcare il confine di Erez per ricevere cure mediche in Israele.

Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, da aprile queste richieste sono state volutamente ignorate o ritardate da Fatah per mettere in difficoltà Hamas e aumentare il malcontento tra la popolazione di Gaza. Lo stesso per quanto riguarda l’elettricità. Abu Khalil e la sua famiglia sono finiti dentro questo cinico modo di giocare con le vite delle persone. Due dei suoi figli, Abdallah e Khalil di 27 e 29 anni, soffrono di talassemia. L’eccessivo di ferro nel sangue può causare danni cardiaci gravi e in alcuni casi letali. Due amici di Abu Khalil sono morti appena un mese fa.

Un medico israeliano si è detto disponibile a effettuare dei test al Centro medico di Sheba, in Israele, per valutare l’opportunità di un trapianto di midollo osseo: a Gaza un intervento del genere è inimmaginabile. Abu Khalil ha iniziato la lunga trafila per ottenere la copertura dei costi da parte dell’Autorità palestinese. Le richieste sono almeno 1600 e molte di queste riguardano pazienti affetti da tumori. A Gaza, il 90 per cento dei medicinali per curare il cancro non è più disponibile.

Dal 2 luglio, dopo le denunce della stampa internazionale, l’Autorità palestinese ha ripreso a sottoscrivere la copertura delle spese mediche. Ma ad Abu Khalil è stato detto di fare la scelta più crudele:quale dei due figli vuoi far curare?

Ha scelto Khalil, che se le cose si faranno in fretta potrà ricevere le cure mediche in Israele. Sempre che riesca a entrarci: dall’inizio dell’anno, Israele ha introdotto regole più severe e appare particolarmente riluttante a consentire l’ingresso dei giovani gazani di sesso maschile. Per Abdallah, se ne riparlerà.

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