Se è vero che le guerre…


Piero Piraccini


Mentre l’idea che Trump ha del mondo fa trattenere il fiato al mondo intero, l’Italia si muove lungo percorsi che preoccupano chi considera la pace, nello steso tempo, strumento e fine. Alcuni esempi.


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stop armi nucleari

Mentre l’idea che Trump ha del mondo fa trattenere il fiato al mondo intero, l’Italia si muove lungo percorsi che preoccupano chi considera la pace, nello steso tempo, strumento e fine.                                               Alcuni esempi.

Lo scorso ottobre, una commissione dell’ONU approva a grande maggioranza la proposta di una conferenza internazionale per la messa al bando delle armi nucleari, per un processo di disarmo che renda illegale e immorale la loro costruzione e il loro uso. Il rappresentante italiano vota contro. A dicembre, la stessa risoluzione è adottata sempre a grande maggioranza dall’Assemblea dell’ONU. ‘Stavolta l’Italia vota a favore. Per sbaglio, perché subito dopo dichiara quel voto, frutto di un errore tecnico. Era tardi? Il Natale era alle porte? Un’interrogazione parlamentare di un esponente del M5S e un invito da parte di esponenti del pacifismo italiano al Ministro degli Esteri perché l’Italia partecipi alla conferenza (non è forse membro del Consiglio di Sicurezza?) e abbandoni la logica obsoleta della deterrenza nucleare, riceve da parte del ministro Alfano una risposta sconcertante. “Pur condividendo gli obiettivi di fondo che persegue la Risoluzione, riteniamo che la convocazione di una Conferenza delle Nazioni Unite (…) sulla proibizione delle armi nucleari, costituisca un elemento fortemente divisivo che rischia di compromettere i nostri sforzi a favore del disarmo (favorendo) iniziative che prevedono un percorso graduale, realistico e concreto in grado di condurre a un processo di disarmo nucleare irreversibile”. Come se questa strada non avesse già dimostrato tutti i suoi limiti.

Lo stesso Alfano, poi, in visita ufficiale in Israele e nei Territori occupati, dopo aver assicurato Netanyahu che l’Italia voterà contro se si dovessero ripresentare mozioni dell’Unesco come quella su Gerusalemme, perché Israele è “Una meravigliosa risorsa di democrazia nell’area mediorientale” (chiederlo a chi vive a Gaza fra le macerie grazie alle bombe israeliane, per favore), proclama che il riconoscimento italiano della Palestina come Stato deve arrivare nel momento più utile all’intero processo di pace. Qual è il momento più utile? Forse quando sarà raggiunto un accordo definitivo di pace tra israeliani e palestinesi di cui non si vede l’ombra?

Lo scorso 10 febbraio il Consiglio dei Ministri approva il Libro Bianco che rivede il modello operativo delle Forze armate. La difesa della Patria costituisce – si ribadisce – difesa degli “interessi vitali del Paese”. L’Italia può intervenire militarmente nelle aree prospicienti il Mediterraneo “per tutelare i suoi interessi vitali e strategici”, e ovunque occorra per garantire la pace e la legalità internazionale sotto l’egida della Nato il cui comandante, per statuto, è nominato dal presidente degli Stati Uniti. Da Trump, dunque. Altroché l’art. 11 della Costituzione che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Infine, dirigenti del settore privato potranno ricoprire incarichi di Direttore nazionale degli armamenti, cioè l’industria militare entra ufficialmente nelle Forze armate. Eisenhower, il più famoso comandante dell’esercito americano durante la 2° guerra mondiale, dunque uno che di armi se ne intendeva, lasciava la Casa Bianca da Presidente ammonendo sul pericolo della “conquista di un’influenza ingiustificata da parte del complesso militare-industriale. La possibilità di una disastrosa crescita di un potere mal riposto esiste ed esisterà a lungo”. Allora un Presidente si pronunciava contro un crescente potere industriale-militare, oggi lo Stato si offre a chi rappresenta una minaccia alla nostra sicurezza. Mentre il presidente Trump pensa al più massiccio aumento delle spese militari, nucleari comprese, che il mondo ricordi e chiede imperiosamente (ma il precursore è stato Obama) che l’Europa intera (dunque anche l’Italia) aumenti le proprie spese per gli armamenti. Mentre un sottosegretario delegato agli affari Europei, molto presente in TV, anziché richiamare le basi su cui è nata l’Europa a 60 anni dalla sua fondazione, dichiara che un’Europa più credibile deve spendere meglio i soldi dei contribuenti impegnandosi nella costituzione di un esercito europeo che, posta fine alle divisioni in singoli stati, “sarà più efficiente negli interventi militari, per esempio, in Iraq”. Poteva parlare di corpi civili di pace europei. No, no.

Come i cani di Pavlov davanti al cibo, la prima cosa che viene in mente è come essere più bravi a fare la guerra. Tant’è. Purtuttavia sta scritto che “Se le guerre hanno inizio nella mente degli uomini, anche la pace ha inizio nelle nostre menti”. A partire da quelle delle migliaia di ragazzi che parteciperanno al meeting delle scuole di pace che si svolgerà a Roma, il 5 e il 6 maggio prossimo.

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