In cammino nel nome della pace


Luca Soldi di Prato


La mia PerugiAssisi: come mi aspettavo, la Marcia PerugiAssisi è stata una lezione di pace. Da custodire gelosamente nel proprio intimo ma anche da riportare a casa e fare uscire fuori fra gli altri.


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Foto di Luca Soldi

E la lezione poi è arrivata. Da custodire gelosamente nel proprio intimo ma anche da riportare a casa e fare uscire fuori fra gli altri. Per fare arrivare il messaggio anche e soprattutto, a quelli che non c’erano. Ed è evidenziarlo che sono stati in centomila da quasi cinquecento città, a percorre il cammino che da Perugia arriva ad Assisi. E tutti sono stati insegnanti ed allievi al tempo stesso.

Un popolo che ha ripercorso idealmente uno dei cammini di quel “fraticello” che volle dedicarsi agli ultimi contro tutto e tutti.

Così il gioioso e variegato popolo della pace ha percorso quei venticinque chilometri che arrivano prima alla Basilica di San Francesco e poi su alla Rocca ad ascoltare ed ascoltarsi.

A testimoniare contro quelle guerre che non finiscono mai, contro le violenze e le sopraffazioni. Per sconfiggere “l’indifferenza”, delle istituzioni internazionali e del singolo che spesso pensa ‘io non c’entro’, oppure ‘ci pensino altri’.

Proprio come recitava lo striscione che apriva la marcia.

Nello spirito dei costruttori di pace iniziato da Aldo Capitini iniziato in quel lontano ’61, quando prese il via la prima Marcia e portato avanti ancora oggi dal coordinatore della marcia, Flavio Lotti.

Ed un popolo variegato ed è bene ribadirlo gioioso, ha raccolto questa sorta di dichiarazione di guerra nei confronti di questa “indifferenze” che sembra pervadere ogni istante della vita.

Come non mai e come sicuramente come non accade da tempo per un popolo che sembra quasi rassegnarsi e chinare il capo. In tanti, ma soprattutto giovani, hanno partecipato alla Marcia della pace e della fraternità fra i popoli.

In mezzo a loro c’erano anche gli studenti di Amatrice, il simbolo del terremoto dello scorso fine agosto, anche loro per conoscere e “per provare a rinascere e guardare avanti”.

Padre Enzo Fortunato, del Sacro Convento di Assisi, l’ha definito: “Un fiume umano di pace che inquieta e orienta la storia”.

Insieme a loro i gonfaloni di 300 enti locali e 118 scuole, i simboli dell’associazionismo e del volontariato, da Libera, a Greenpeace, a Legambiente, Anpi, le Acli, ARCI, i sindacati, i movimenti scout, con la bandiera della pace a farla da padrone. Con Amnesty e tante associazioni di donne. Ricordando con forza la “verità per Giulio Regeni” e la vicinanza con i martiri di Aleppo ma anche quelli delle tante guerre sparse in Africa.

Pochissime e nascoste le bandiere dei partiti politici invece, come volevano gli organizzatori.

Una delle prime voci a levarsi è stata quella di don Ciotti: “Dobbiamo osare di più. Imparare il coraggio di avere più coraggio”. Ed ancora: “Se c’ è una malattia veramente mortale – ha detto il fondatore di Libera -, anche rispetto ai problemi di casa nostra, credo sia la rassegnazione, la delega e l’indifferenza. Non basta commuoverci ma bisogna muoverci di più tutti. Sono 250 milioni i ragazzi che vivono per le strade. Ogni ora che trascorreremo circa 800 bambini muoiono di fame, stenti e malattie sulla faccia della terra. Abbiamo quindi bisogno di fermarci, di interrogarci. Di fare meno parole e più fatti. Abbiamo troppi cittadini a intermittenza nel nostro Paese mentre dobbiamo essere più responsabili”. Ed infine ha concluso: ” La pace ha bisogno di ciascuno di noi”.

Anche Papa Francesco non ha voluto far mancare la sua voce. Lo ha fatto con un messaggio a tutte le persone di buona volontà che hanno partecipato alla Marcia, letto dal vescovo di Assisi: “Questa manifestazione contribuisca a suscitare sempre più viva la consapevolezza che la guerra distrugge sempre e con essa si perde tutto”.

Infine padre Zanotelli: “Abbiamo le nostre responsabilità: la guerra è fatta dall’Arabia Saudita a cui vendiamo le armi. L’Africa è tutta una zona di guerra, e soprattutto il conflitto in Libia rischia di mettere insieme un altro califfato”.

 

Luca Soldi, Prato

11 ottobre 2016

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