“Impossibile battere la fame dove vengono violati i diritti umani”


Umberto De Giovannangeli - L'Unità


Si apre oggi il vertice Onu sui progressi verso la realizzazione degli Osm (Obiettivi di sviluppo del millennio). Critiche di Amnesty International e ActionAid.


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"Impossibile battere la fame dove vengono violati i diritti umani"

Una denuncia argomentata. Una richiesta pressante di correzione strategica rivolta ai 150 capi di Stato e di Governo che parteciperanno al Summit delle Nazioni Unite che si aprirà oggi a New York per concludersi mercoledì prossimo, in cui saranno esaminati i progressi dei cosiddetti Osm (Obiettivi di sviluppo del millennio). Gli Osm stanno tagliando fuori le persone più povere del mondo poiché i governi le stanno ignorando e stanno violando i loro diritti umani. A sostenerlo alla vigilia dell’apertura del Summit è Amnesty International (AI).
Oltre un miliardo di persone che vivono negli insediamenti abitativi precari – rileva Amnesty – non sono ancora state incluse negli sforzi per conseguire gli Osm, perché questi si prefiggono di migliorare le condizioni di vita di soli 100 milioni di persone. “A meno che i leader mondiali non si accordino per fare passi urgenti a sostegno dei diritti umani delle persone più povere e svantaggiate, queste saranno tagliate fuori dagli Osm”, afferma Salil Shetty, Segretario generale di Amnesty International, che guiderà la delegazione dell’organizzazione al Summit di New York. “Ma le parole non bastano – aggiunge -. Le persone devono essere in grado di chiamare i governi a rispondere del loro operato quando questi non rispettano i diritti umani, di denunciare corruzione e negligenza nei tribunali e negli organismi di controllo affinché i governi portino davvero avanti i loro obblighi.” Le donne rappresentano circa il 70% delle persone che vivono in povertà. Eppure – rileva AI – le azioni svolte in molti Paesi per conseguire gli Osm non affrontano la diffusa discriminazione che le donne subiscono nell’accesso al cibo, all’acqua, ai servizi igienico-sanitari e all’alloggio, mentre politiche, leggi e pratiche discriminatorie che rafforzano la violenza di genere e minano i progressi verso gli Osm sono state lasciate proliferare. Molti Stati eseguono sgomberi forzati di massa, che trascinano gli abitanti degli insediamenti abitativi precari sempre più a fondo nella povertà e violano il loro diritto all’alloggio. Per esempio, in una sola città della Nigeria, a Port Harcourt, più di 200mila persone stanno subendo sgomberi perché le autorità progettano di demolire oltre 40 insediamenti informali nell’area portuale. Migliaia di persone perderanno i mezzi di sostentamento così come le loro case, se le demolizioni andranno avanti. Il Kenya è un altro esempio di un Paese le cui politiche per il raggiungimento degli Osm hanno ignorato i bisogni delle donne che vivono negli insediamenti abitativi precari. Queste donne – rimarca Amnesty – rischiano di essere aggredite, specialmente di notte, mentre cercano di raggiungere i servizi igienici pubblici. La mancanza di efficaci azioni di polizia per prevenire, indagare e punire la violenza di genere o fornire un rimedio efficace alle donne e alle ragazze significa lasciare pressoché impunita la violenza contro le donne.
Un ulteriore caso è quello del Nicaragua che, nonostante si sia impegnato a perseguire l’Osm del miglioramento della salute materna, ha introdotto il divieto di aborto in ogni circostanza. La stragrande maggioranza delle gravidanze a seguito di stupro e di incesto si riscontra nelle ragazze tra 10 e 14 anni, la cui salute e vita sono poste in pericolo a causa di aborti insicuri o di maternità precoce. Di fronte a questo scenario, Amnesty International ritiene tuttavia che meccanismi efficaci per chiamare i Governi a rispondere del loro operato possano rendere più produttivi gli sforzi per conseguire gli Osm. In India, nel 2001, la Corte suprema ha stabilito che il pasto fornito dalle mense scolastiche deve soddisfare gli standard qualitativi minimi indispensabili e dev’essere servito a tutti i bambini che vanno a scuola. Da allora, grazie alla maggiore disponibilità di pasti, ogni anno almeno 350mila bambine in più vengono iscritte a scuola. “Un impegno globale per sradicare la povertà non può lasciarsi alle spalle le persone più povere e vulnerabili – aggiunge Shetty -. Questo Summit è l’ultima spiaggia: il suo fallimento sarà garanzia di fallimento nel 2015”.
Il rischio di un fallimento epocale è rimarcato anche da ActionAid. In merito al primo Obiettivo del Millennio – sradicare la povertà estrema e la fame – i dati raccolti nello Scorecard report 2010 dimostrano che il mondo sta procedendo a passo di gambero: oggi il 15% della popolazione mondiale soffre la fame. Se escludiamo da tale analisi la Cina, Paese che in tema di sicurezza alimentare ha fatto dei grandi passi in avanti, il livello di “fame globale” è superiore del 16% rispetto a quello del 1990. Questo significa che, se le promesse fossero state mantenute, 500 milioni di persone in meno oggi non soffrirebbero di malnutrizione cronica. Il 98% delle persone che soffrono la fame vive in Paesi in via di sviluppo, principalmente in Africa sub-sahariana e nella regione Asia e Pacifico.
In Asia meridionale, la diffusione del problema ha superato lo scorso anno i livelli del 1990 e quasi metà dei bambini sono malnutriti, nonostante il reddito pro capite della regione nello stesso periodo sia triplicato. La situazione è ancor più drammatica in Africa Sub-Sahariana dove, nel 2009, un terzo della popolazione soffriva la fame in maniera cronica, il 2%in più rispetto al 30% del 2006. E tale condizione è destinata a peggiorare: le previsioni ci dicono che nel 2020 circa il 50% della popolazione africana non avrà più cibi di cui nutrirsi. L’aumento della sottonutrizione – rileva ActionAid – non è solo conseguenza di una scarsa offerta alimentare mondiale, ma il risultato di molteplici fattori. Primi fra questi, i cambiamenti climatici e l’espansione della produzione di biocarburanti. L’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) delle Nazioni Unite stima che i cambiamenti climatici potrebbero mettere a rischio l’accesso al cibo di 50 milioni di persone in più nel 2020, cifra che lieviterebbe a 266 milioni nel 2080 se non si agirà nell’immediato. Più il tempo passa, più il costo del «non agire» sarà alto, in termini umani ma anche finanziari. ActionAid stima che, per sconfiggere la fame, saranno necessari ogni anno più di 450 miliardi di dollari, dieci volte la cifra stimata dalle Nazioni Unite per raggiungere il primo Obiettivo del Millennio entro il 2015.
Per quanto riguarda i Paesi Ocse, il Rapporto giudica il loro impegno a sostenere e non vanificare con scelte di politica commerciale o energetica gli sforzi dei Paesi in via di sviluppo per garantire il diritto al cibo. I criteri di valutazione complessiva del comportamento dei Paesi Ocse includono: l’investimento complessivo in cooperazione allo sviluppo, in particolare il sostegno al settore agricolo, alle politiche sociali, alla piccola agricoltura e il tipo di politiche energetiche adottate per combattere i cambiamenti climatici. Tra i 22 Paesi Ocse, il Lussemburgo occupa la prima posizione, seguito da Finlandia. Stati Uniti e Nuova Zelanda, invece, chiudono la classifica. L’Italia si trova rispettivamente al 18° e al 10° posto, penalizzata dal disinvestimento complessivo nell’Aiuto pubblico allo sviluppo (Aps), dalle modeste performance nella riduzione delle emissioni di carbonio e l’eccessiva importanza data ai biocarburanti. Lo scorso anno, in occasione del G8 de L’Aquila, il nostro paese si è fatto promotore dell’Aquila Food Initiative, prevedendo un investimento dei donatori di 22 miliardi di dollari nei prossimi tre anni alla lotta per la sicurezza alimentare. Ad oggi, l’Italia ha stanziato solo 428 milioni di dollari per i prossimi tre anni, dei quali sono 180 milioni sono nuove risorse. Maglia nera. Nerissima. Una delle tante collezionate nel mondo dal Cavaliere-Pinocchio.

Fonte: l'Unità

20 settembre 2010

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