La scuola precaria


Mila Spicola, insegnante


La testimonianza di una insegnante: “Ci sono gli ultimi miei tre anni nella manifestazione di ieri. 12 settembre 2010, appuntamento alla stazione centrale di Palermo…”.


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La scuola precaria

Metto subito le mani avanti: non sarò obiettiva. Ci sono gli ultimi miei tre anni nella manifestazione di ieri. 12 settembre 2010, appuntamento alla stazione centrale di Palermo, alla volta di Messina, per “occupare lo Stretto” a difesa della scuola, a difesa della Sicilia, a difesa del lavoro. («Emma, ma come cavolo lo occupi lo Stretto? Che faremo? Ci buttiamo a mare?») A difesa di tutto quello di bello e giusto ci venga in testa quando intorno di bello e giusto ne vediamo sempre meno a Palermo, in Sicilia. In Italia. Un ponte, un simbolo: il ponte che non s’ha da fare, quello di cemento e quello che s’ha da ricostruire: la solidarietà. Ci ritroviamo lì alle 7.30 una domenica mattina, alla spicciolata, e la retorica sparisce all’istante.

Ecco Luigi Del Prete, laurea in filosofia, precario napoletano, “emigrato” per amore a Palermo, Dario Librizzi, calato giù dalle montagne madonite, storico dell’arte, precario anche lui, ecco Barbara Evola, la “donna megafono”, e poi a Messina ci aspettano “gli altri”, ci conosciamo quasi tutti: Emma Giannì, di Sciacca, una delle organizzatrici di questa giornata, Claudia Urzì, la pasionaria di Catania, Antonella Vaccaro, che è arrivata con gli altri da Napoli.. E poi..Sul pullman monta la solita discussione: «Voi del Pd» e «Voi del Cps» e «Voi altri di Sel»… per poi finire a litigare ferocemente di valutazione dei ragazzi, di meritocrazia, di formazione permanente dei docenti. La valutazione dei docenti: questo vuole l’opinione pubblica, no? Ma come valutare il merito di un ragazzo e di conseguenza del suo professore? Non sarebbe meglio un rigore estremo nella formazione degli insegnanti, un aggiornamento continuo ma adeguato? Mi replica Luigi. Non gli aggiornamenti astrusi e astratti, ma sulla gestione dei conflitti, sui nuovi linguaggi, sul mondo globale. Siamo gente di scuola noi, precari o non precari, noi sì che possiamo accapigliarci su queste cose, altri, no, vi prego no. Intorno la scuola si sfalda, mentre studiano il pelo della valutazione.

Gli ultimi due anni di proteste solitarie ci scorrono come un sottotesto: «Quanti saremo secondo te?». A differenza delle tante altre volte, ci confortano i pullman prenotati. Cinque da Palermo, tre da Trapani, ogni provincia è coperta. Mi piace l’idea di veder gente nuova, mi piace meno l’idea della “protesta dei precari”. È la scuola che è precaria, lo dico e lo ripeto, ce lo ripetiamo da mattina a sera. Dobbiamo convincere la casalinga di Mestre, mica noi stessi.

Antonella mi racconta che a Sciacca si è formata una classe di prima liceo scientifico di 38 ragazzi con disabile annesso. Ho gli occhiali da sole e non mi vergogno a dire che mi spuntano le lacrime. Anch’io nel 1980 iniziai il ginnasio in una classe di 33, ci siamo maturati in 16 dopo cinque anni. È questo quello che vogliamo? Una bidella, ops, “personale ata”, mi racconta di una scuola con le porte divelte. Nulla di nuovo sul fronte occidentale: ho trascorso un anno intero in una delle mie classi senza porta. Ma a chi frega? La colpa sarà comunque di un insegnante fannullone. Siamo a Messina. Sul molo, di fronte agli imbarcadero. Tanti, tantissimi. A grappoli come in un film di Gianni Amelio. La scuola s’è desta? Resta da svegliare gli italiani.

Fonte: l'Unità

13 settembre 2010

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Precari, un «Ponte» per la scuola. La protesta: «Invadiamo lo stretto»

di Manuela Modic, 12 settembre 2010, l'Unità

Sono incazzati e disperati. Partono al mattino presto da tutta la Sicilia.Partono all’alba anche dalla Puglia, da Bari, da Foggia. In 7mila pre protestare contro i tagli del governo che li riducono alla “povertà”. È una manifestazione “meridionale” quella che oggi a Messina ha bloccato lo Stretto. Le navi pubbliche, quelle delle ferrovie dello Stato, sono stato il teatro della protesta dei precari della Scuola. In sit-in insegnanti e collaboratori, di ruolo e non. Perché oggi a Messina a sostenere la protesta ci sono tutti, c’è la Scuola italiana. Contro i tagli della Gelmini ci sono pure gli insegnanti di ruolo che vedranno le classi aumentare, gonfiarsi fino a ridurli a “badanti”. Ci sono soprattutto storie di disagio e disperazione. Antonella Trupia, arriva da Palermo, per dare i numeri: “164 punti in graduatoria, 15 anni di precariato, 5 concorsi pubblici superati: 0 prospettive per il futuro. I miei sono numeri veri, reali, non quelli dati dalla Gelmini”. C’è Grazia Casella, sesta in graduatoria a Palermo, quest’anno senza incarico. C’è Roberto Vinciguerra, collaboratore scolastico. Tira per la la giacca, parla di corsa, ha paura di non essere ascoltato, solo quando calma l’ansia riesce a spiegarsi: “A 19 anni, cioè 24 anni fa, ho iniziato. E ora sono senza lavoro : non so che fare. Non ho più niente.

Loro (i politici, ndr) si creano le loro comitive, cricche per avere i voti”. Da Trapani, Siracusa, Agrigento, Bari – il comitato promotore – che raccoglie tutte le città siciliane, ma anche la Calabria e la Puglia, l’adesione di Flc –Cgil, Sel, il Pd. “Diecimila siciliani perdono il lavoro, come due Fiat di Termini Imerese, per capirci”, spiega Filippo Panarello, deputato regionale, vicepresidente della Commissione cultura. E continua: Per non contare tutti i siciliani che perdono il ruolo al nord: è un licenziamento di massa. Abbiamo proposto al presidente della Regione di chiedere al ministro Mariastella Gelmini un incontro per riconsiderare i tagli. E abbiamo sollecitato tutti i deputati siciliani”. Ed è la Gelmini la grande protagonista dell’imponente protesta, i cori sono per lei: “Vogliamo un solo disoccupato, Ministro Gelmini sei licenziato”. Ci sono i palloncini viola: “Gelmini vola via”. Il Ministro che “non viene in commissione”, spiega Tonino Russo parlamentare nazionale del PD, componente della commissione Cultura della Camera: “Due volte in due anni e mezzo. Un comportamento che segue una logica di disprezzo delle Istituzioni che parte dal Presidente del consiglio e si declina nei suoi ministri. Vengono definite impropriamente riforme, si tratta, invece, del più grande licenziamento di massa che il Paese abbia mai conosciuto. Hanno iniziato bloccando l’immissione in ruolo di 150mila unità, avviato dal governo Prodi, il regalo successivo è stato questo immenso taglio al Sapere. C’è una sostanziale differenza di sensibilità nei confronti della Scuola”. Un licenziamento di massa che riguarda non solo i precari, ma soprattutto i ragazzi, le famigle.

A Messina, oggi, c’è anche il comitato “L’autismo parla”, ci sono i genitori dei bambini che perdono il sostegno. C’è Gaetano Normando, ha due figlie affette d’autismo, Sara, 9 anni, e Giulia, 7 anni: “Quest’anno resteranno a casa. Lo Stato va in contraddizione, ci obbliga con le sue leggi a mandarle a Scuola, e allo stesso tempo non fornisce loro l’assistenza perché possano rimanreci, così, anche se illegale, ci fanno capire di non portarle”. Tutto frutto di un inganno perenne: “È un cane che si morde la coda”, spiega Samanta Bruno, al fianco della pasionaria del Pd siciliano, Mila Spicola: “È importante dirlo, perché la Gelmini parla sempre di questa percentuale di stipendi, 98%, per cui i tagli agli sono per lei giustificati in nome di una maggiore spesa per la didattica, ma cos’è la didattica senza gli insegnanti? Ridotti poi solo a contenere i ragazzi in classi che ora possono superare la soglia di 30”. Le fa eco, Giacomo Russo, il 31enne siciliano precario che solo pochi giorni fa era stato ricoverato d’urgenza al Santo Spirito di Roma, per la disidratazione grave, causata dallo sciopero della fame: “Dobbiamo parlare alle viscere della gente, abbiamo delegato dirigenti che non dirigono nulla. Il parlamento è superato dai decreti legge, così si perde il contatto con il territorio,. Dobbiamo ricostruire uno Stato democratico che non c’è più di fatto”.

Ma i più agguerriti sono i giovani, ragazzi di 18 anni dell’Uds di Ragusa, Enna, Messina, Reggio. Protestano “perché i prossimi disoccupati saremo noi”, spiega Marta Cafiso, 18 anni. Ma non manca la passione in questa giornata di sole che lo Stretto regala, dopo giorni di intensa pioggia. Lascia loro manifestare, con bandiere, striscioni, cartelli di ogni genere, megafoni. E appelli, al presidente della Repubblica:”Carissimo Presidente, – recita commossa Maria Rita Gadaleta – siamo qui come comitato perché a 150 anni dall’unificazione vogliamo riscrivere la Storia di questo Paese: non vogliamo un ponte di cemento ma di solidarietà”.

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