Crisi Medioriente, a Mosca il quartetto contro Netanyahu
Lucia Sgueglia
Una due giorni intensa e complicata per Hillary Clinton a Mosca, in visita in Russia in un momento di alta tensione internazionale: proprio mentre l’esercito israeliano bombardava Gaza in risposta al lancio di razzi dalla Striscia.
Nella mattinata di ieri, riunione del Quartetto per il Medioriente, in una Mosca col termometro a meno dieci sotto zero e bufere di neve. Al fianco di Clinton ci sono il segretario Onu Ban Ki Moon, il capo della diplomazia europea Catherine Ashton, il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov e il rappresentante speciale del Quartetto Tony Blair. Esprimono «profonda preoccupazione» per la situazione a Gaza anche rispetto ai diritti umani, chiedendo a Israele uno stop agli insediamenti, e un accordo di pace entro due anni. Le parole del documento finale, recitate da Ban Ki Moon, suonano come una dura condanna per il premier israeliano: “congelare tutte le attività di colonizzazione, comprese quelle destinate all'incremento demografico, smantellare gli avamposti costruiti dopo il marzo 2001 in Cisgiordania, e interrompere le demolizioni e le espulsioni da Gerusalemme est». Infine, trovare una soluzione negoziata tra le parti entro 24 mesi. «Che metta fine – si legge nel testo – all'occupazione cominciata nel 1967, e abbia per effetto la creazione di uno stato palestinese indipendente, democratico e vitale, che vivrà in pace e sicurezza accanto a Israele e ai suoi altri vicini”. Immediate giungono le felicitazioni dell'Autorità Nazionale Palestinese, la quale domanda però che l’appello si trasformi in fatti concreti, in “un meccanismo vincolante perché Israele rispetti gli impegni”, “una sorta di sistema di sorveglianza». Approvazione anche dall’Italia: Franco Frattini fa sapere che Silvio Berlusconi appoggerà la proposta del Quartetto, anche in occasione del prossimo Vertice della Lega Araba cui è stato invitato. Tel Aviv vede nelle disposizioni venute da Mosca un diktat a senso unico che “non aiuta il processo di pace”, ma il segretario di Stato americano prova a rassicurare: “le relazioni tra Stati Uniti ed Israele sono profonde, solide e durature”. Lavrov propone: “Faremo di tutto per riavviare negoziati indiretti tra le due parti”; per quelli diretti, auspicati, si dovrà evidentemente aspettare. I 4 si dicono inoltre favorevoli alla proposta russa di tenere a Mosca una conferenza internazionale sul problema mediorientale. Nella Russia che, si sa, è attenta alle ragioni palestinesi, ma conta anche una forte presenza di propri ex cittadini nello Stato d’Israele.
Altro tema caldo è l’Iran. Clinton spera di strappare un sì dai russi sulle sanzioni, ma dal presidente Medvedev, visto nel pomeriggio nella sua residenza di Barvikha fuori città, incassa solo un forse: il capo del Cremlino non le esclude, informa Lavrov, “le sanzioni raramente funzionano ma talvolta sono inevitabili”, purché “intelligenti, non aggressive e non paralizzanti, e non abbiano impatto negativo contro il popolo iraniano” avrebbe detto Medvedev. In serata per Clinton faccia a faccia col premier russo Putin, nella villa di Novo Ogariovo. Sottotraccia resta il problema dello Start: il trattato di 20 pagine sulla non proliferazione nucleare scaduto il 5 dicembre, che i russi si rifiutano di ratificare, finché Obama non abbandonerà il progetto di scudo spaziale. “Siamo vicinissimi all’accordo” fa Lavrov; “I problemi principali sono risolti” conferma Clinton. Un mese fa, fonti diplomatiche russe indicavano una data probabile per la firma a metà aprile. Ma quella sigla, così come il “da” alle sanzioni contro Teheran, Mosca certo intende vendersela cara: scambiandola, ad esempio, con l’ingresso nel Wto: la Russia aspetta sulla porta dell’organizzazione da 17 anni, ha ricordato ieri Putin a Clinton. Concludendo: “Spero che la cooperazione tra Russia e Stati Uniti porti a una risoluzione del conflitto in Medio Oriente”.
Fonte: lettera22.it
20 Marzo 2010