Caro Samir, gli esami finiranno solo nel 2018


Khalid Chouaki


Caro Samir, cara Chen. Siete nati in Italia all’inizio di questo nuovo anno, il 2010. E avrete la cittadinanza italiana, salvo complicazioni eventuali, solo nel 2018. Mi chiederete il perché di tale ingiustizia.


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Caro Samir, gli esami finiranno solo nel 2018

Vi rispondo: chiedetelo a zio Bossi e zio Berlusconi. Siete nati tra decine di vostri piccoli coetanei, ma forse non siete italiani perché avete il colore della pelle diversa dalla vostra compagna di culla. Il vostro nome è impronunciabile per l’infermiera. La vostra religione è ormai associata ad una pericolosa setta di terroristi. Insomma: non siete uguali ai vostri colleghi di culla perché il vostro sangue è diverso da quello degli italiani veri. Non so se i due zii B&B vi darebbero queste risposte. Ma io, da ormai ex vostro collega extracomunitario, non me la sento di prendervi in giro fin da ora. Avrete ancora tempo da qui al 2028 quando compirete i vostri diciotto anni per sentirne delle belle: gente che vorrà sottoporvi a test di lingua e cultura italiana, test di dialetto bergamasco, test adesione ai valori repubblicani, escludendo però l’articolo 8 della Costituzione, perché se siete musulmani non avrete una moschea decente dove pregare.

E intanto che ci siamo anche un test di canto dell’Inno di Mameli e una prova di tifo della nazionale di calcio. Se supererete tutto questo, allora forse, nonostante siete nati sul sacro suolo della nazione, sarete italiani. Nel frattempo avrete fatto tante lunghe file per rinnovare il permesso di soggiornare in Italia. Per diciotto anni non potrete immaginarvi né poliziotti né giudici. Né giornalisti né sindaci. E se sarete insultati o offesi perché considerati dei diversi, il vostro coetaneo potrà giustificarsi rispondendovi che l’ha sentito in tv da zia Santanchè o da zio Calderoli. Insomma, benvenuti nel Paese della civiltà dell’accoglienza cari miei Samir e Chen. Vi dico subito che la vostra unica speranza sarà in un bravo parroco del vostro oratorio o in una delle tante maestre dalle ampie vedute. Un paese, il nostro, che regredisce giorno dopo giorno senza nemmeno accorgersene ignorando volutamente un presente che è mille volte diverso dal recente ieri e che ci riserverà un domani ancora più diverso. Un Paese che conosce ogni giorno la nascita di nuovi cittadini destinati a vivere da stranieri nel Paese loro destinato e di cui inevitabilmente si sentono di appartenere. E allora a cosa serve una politica che non riesce a emarginare gli imprenditori della paura e gli istigatori all’odio nei confronti del diverso. Samir e Chen sono figli della nostra società e abbiamo il dovere di considerarli tali riconoscendo loro il sacrosanto diritto di cittadinanza nel Paese dove hanno avuto la fortuna (o la sfortuna) di nascere. E se loro, insieme ai loro genitori, si sentiranno accolti e riconosciuti come normali cittadini, la loro migliore risposta sarà l’amore ancora maggiore per un paese che non ha ceduto alla tentazione di discriminarli e di umiliarli come ora invece stiamo continuando a fare per milioni di donne e uomini.

Persone che lavorano nelle nostre case, nelle fabbriche e a raccogliere sottopagati frutta e verdura nelle nostre terre. Nonostante tutto ciò, continuiamo a metter loro i bastoni tra le ruote, approfittando di ogni cavillo per destabilizzare la loro stabilità, accrescere la loro ansia e evidenziare a caratteri cubitali la loro diversità, per alcuni inferiorità, rispetto a noi. Magari i loro genitori si sentono anche legittimante ancora ospiti. Ma Samir e Chen non accetteranno più di essere additati come stranieri. E allora i due zii B&B saranno costretti a dar loro una spiegazione. In un italiano corretto e ripassandosi bene i valori della Costituzione.

Fonte: unita.it
3 Gennaio 2010

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