La lunga attesa per essere "nuovi italiani"


Livia Turco


È approdata in aula la legge di riforma della cittadinanza che definisce le condizioni per divenire cittadino italiano. In nessun paese europeo c’è una norma così ostile alla naturalizzazione dei minori immigrati.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
La lunga attesa per essere "nuovi italiani"

È approdata in aula la legge di riforma della cittadinanza che definisce le condizioni per divenire cittadino italiano. Una riforma fortemente voluta dal Pd e da un largo arcipelago di associazioni. Tra queste vi è il movimentoG2, le seconde generazioni, i figli degli immigrati che diventano protagonisti del proprio inserimento nelle società italiana. Per capire e valutare il senso di questa riforma bisogna partire da loro, dai ragazzi e ragazze delle seconde generazioni che sono italiani di fatto e molti di loro vorrebbero esserlo anche per nome e per legge. Sono 862.465 mila nel 2008 i minori stranieri residenti in Italia. Costituiscono il22%della popolazione immigrata. Nel 1991 erano 51.000 i minori stranieri iscritti all’anagrafe. Da 51.00 a 862.465 mila: in queste due cifre è contenuto il profondo cambiamento che ha vissuto il nostro Paese e di cui non siamo consapevoli. Nella dizione minori stranieri sono comprese figure giuridiche diverse: minori ricongiunti, adottati, rifugiati, soli, nati in Italia. Quest’ultimo è il gruppo in crescita. Nel 2006 sono nati 57.000 bambini da coppie straniere (più 11% rispetto all’anno precedente, il 10 %di tutti i nati in Italia), nel 2008 ne sono nati 72.472 mila. Sono figli di famiglie integrate che lavorano, diffuse in ogni parte del nostro paese concentrate maggiormente al centro-nord. Secondo la legge sulla cittadinanza attualmente in vigore e varata nel1991questi bambini e ragazzi che crescono in Italia, vanno a scuola e giocano con i nostri figli, studiano sui nostri libri, guardano la nostra tv, giocano nelle nostre scuole di calcio, restano stranieri fino ai 18 anni e possono rivolgere domanda di cittadinanza dopo aver vissuto in modo legale ed ininterrotto sul suolo in Italia per 18 anni. In compenso hanno solo un anno di tempo per presentare la domanda di cittadinanza.

In nessun paese europeo c’è una norma così ostile alla naturalizzazione dei minori immigrati. La legge italiana del 1991 continua a pensare l’Italiacomeunpaese di emigranti e riafferma il vincolo di sangue “ius sanguinis” e la discendenza come base della nazione. L’Italia stava già cambiando allora, stava già diventando un paese d’immigrati. Ma il legislatore non se accorse. Favorire l’acquisizione della cittadinanza italiana per i bambini ed i ragazzi che nascono in Italia significa prevenire i con flitti, e favorire l’integrazione e la coesione sociale. Per questo noi consideriamo essenziale per il minore che nasce in Italia da genitori stranieri che sono da moltotemporesidenti nel nostro paese di acquisire la cittadinanza al momento della nascita o dopo aver concluso la scuola primaria. Scelta che ricade sulla responsabilità dei genitori e che il giovane dovrà confermare al suo 18° anno. La possibilità di essere chiamati italiani e di essere riconosciuti tali dalla legge favorisce la formazione e l’integrazione dei giovani immigrati, anche quelli di religione islamica. Certo, tale possibilità deve essere prevista all’interno di un’offerta formativa e di unareale promozione dell’integrazione attraverso la scuola, la famiglia, i gruppi dei pari. Favorire la naturalizzazione dei minori e dei cittadini lungo residente è coerente con una visione dell’Italia e del suomododi essere nazione. Un’Italia che guarda al futuro e si misura con i cambiamenti intervenuti. Un’Italia che è consapevole di dover innovare il suo modo di esser nazione perché, i suoi valori costituzionali, per essere fedeli a se stessi devononutrirsi della cultura e dell’esperienza dei “nuovi Italiani”. Ai ragazzi stranieri che crescono in Italia, va datounmessaggio diimpegnoe speranza: diventare nuovi cittadini significa anche scegliere di farsi coinvolgere nei riti, nei miti e nei sentimenti del paese ospitante. Non per dimenticare se stessi ma per arricchirsi e per costruire insieme, italiani e “nuovi italiani” una nuova tappa di sviluppo e di crescita umana della società. Purtroppo, di tutto ciò non c’è nulla nella legge del centro destra che si limita a confermare, anzi ad aggravare gli ostacoli per diventare “nuovi italiani”.

Fonte: unita.it
23 dicembre 2009
CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento