Birmania: i Ministri degli Esteri della Ue prenderanno qualche decisione?


Cecilia Brighi


In Birmania il numero dei prigionieri politici non è mutato. Domani 8 dicembre a Brussel si riunirà il Consiglio dei Ministri degli esteri della UE.


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Birmania: i Ministri degli Esteri della Ue prenderanno qualche decisione?

La Corte Suprema birmana ha accolto il ricorso della Leader birmana Aung San Suu Kyi contro la inaccettabile condanna avvenuta a seguito penetrazione nella sua casa da parte dell’americano John Yettaw. Dopo 14 anni di arresti domiciliari questo è un segno di apertura? Un cambiamento?  E’ ancora un segnale troppo debole ed è troppo presto per  dirlo. Soprattutto è ancora troppo presto perché il  Consiglio dei Ministri degli esteri della UE, che si riunirà  l’ 8 dicembre a Brussel possa decidere un allentamento delle sanzioni, così come alcuni governi propongono. In realtà, nonostante alcuni governi ritengano che si stanno  registrando aperture incoraggianti in quel paese, nessun cambiamento sostanziale è avvenuto in questi ultimi mesi. Anzi, il numero dei prigionieri politici non è sostanzialmente mutato, Aung San Suu Kyi è ancora agli arresti domiciliari a seguito della recente condanna, e per questa condanna e per essere sposata con un cittadino straniero, la costituzione le vieta di partecipare alle elezioni politiche,  così come tutti gli altri prigionieri politici, i rappresentanti delle organizzazioni religiose e molte altre categorie di cittadini. Il Consiglio di Amministrazione dell’ILO ha chiesto a giugno la revisione della Costituzione birmana  per renderla in linea con il rispetto della Convenzione sul lavoro forzato.  Crimine contro l’umanità insieme a molti altri che continua ad essere utilizzato a man bassa in tutto il paese, insieme ai bambini soldato alle deportazioni di massa, gli stupri, le uccisioni. Quei governi europei che cavalcano irrisori gesti  interpretandoli come un segno importante, dovrebbero  invece discutere  e fare proprie le richieste delle organizzazioni democratiche birmane che “ribadiscono con forza la necessità di un’autentica riconciliazione politica prima delle elezioni del 2010” e fanno appello   “alla comunità internazionale affinché insista a che il regime rispetti gli  obiettivi fondamentali in grado di portare la pace e la stabilità in Birmania prima delle elezioni, “ ed in particolare  affermano che le elezioni politiche si potranno fare solo dopo Il Rilascio di tutti i prigionieri politici, tra cui Daw Aung San Suu Kyi, Khun Htun Oo e Min Ko Naing. L’avvio di un “dialogo inclusivo con i principali soggetti delle organizzazioni per la  democrazia delle nazionalità etniche, che comprenda  “un’ ampia revisione della Costituzione del 2008; la cessazione dei sistematici abusi dei diritti umani e delle ostilità efferate nei confronti di gruppi etnici, attivisti politici, giornalisti e società civile. ”Le organizzazioni democratiche   birmane sottolineano inoltre che: “Se si permetterà lo svolgimento delle elezioni senza attuare questi cambiamenti, queste serviranno solo ad istituzionalizzare un regime monopartitico, in cui i militari continueranno a detenere tutte le leve del potere. Anche nell’improbabile evento che le elezioni fossero libere ed eque, esse non porterebbero comunque a nessun cambiamento reale nel paese, dato che la Costituzione, profondamente sbagliata che assegna poteri smisurati ai militari, presenta vizi eclatanti,  è priva di pesi e contrappesi, permette la prosecuzione dell’attuale discriminazione e persecuzione delle nazionalità etniche e la discriminazione di genere, oltre a non garantire la tutela dei diritti umani.”Di questo dovrebbero discutere i ministri degli esteri di una Europa democratica. Su questo devono impegnare l’inviato Speciale della UE Piero Fassino perché prosegua il lavoro di convincimento dei paesi asiatici e delle organizzazioni internazionali che questi sono punti imprescindibili per considerare le prossime elezioni come “libere ed eque”Alcuni governi e alti funzionari inoltre utilizzano malamente le posizioni assunte recentemente dalla amministrazione  Obama.  Bisogna dire che o vi è  una erronea interpretazione  della politica degli USA verso la Birmania o questa non è sufficientemente conosciuta. La posizione americana è profondamente diversa da coloro che ritengono  che si stiano registrando  aperture incoraggianti in Birmania e non punta assolutamente a ridurre le sanzioni. Al contrario la nuova articolazione  il Sottosegretario di Stato USA Kurt  Campbell ha recentemente affermato in un hearing al Parlamento americano: “Il nostro dialogo con la Birmania si aggiungerà piuttosto che rimpiazzare il regime di sanzioni che è stato al centro della nostra politica sulla Birmania per molti anni. Eliminare o ridurre le sanzioni all'inizio di un dialogo, senza un progresso significativo rispetto alle nostre preoccupazioni sarebbe un errore. Noi manterremo le sanzioni esistenti fino a quando non  vedremo progressi concreti e continueremo a lavorare con la comunità internazionale per assicurare che quelle sanzioni siano coordinate con efficacia. Noi riteniamo che qualsiasi ammorbidimento delle sanzioni, ora, manderebbe un messaggio sbagliato  a coloro che lottano da anni per la democrazia in Birmania, ai  nostri partner nella regione ed in altre aree e alla stessa leadership birmana”Quindi se l’Unione Europea intende avviare un dialogo con la giunta, dovrebbe farlo da una posizione di forza data da una piena  e verificata attuazione delle misure sino ad oggi adottate, a partire dalle sanzioni, attuate solo sulla carta. Inoltre dovrebbe fare proprie, con coerenza, le richieste dei legittimi rappresentanti democratici birmani. Nessuna persona onesta può pensare che le prossime elezioni, se si baseranno sulla costituzione estorta con la forza lo scorso anno, potranno essere libere ed eque. Né potrà pensare che da li si potrà partire per una nuova fase di cambiamento democratico. Come potrà essere democratico un parlamento e le altre istituzioni locali che hanno il 25% dei seggi nominati dai generali, che i due vicepresidenti saranno sicuramente dei militari? Come si potrà pensare di rivedere la costituzione quando per la costituzione in atto le riforme costituzionali saranno sostanzialmente impossibili? Il Parlamento Europeo, il Consiglio dei Ministri europei e i parlamenti nazionali si devono interrogare in modo lucido. Accetterebbero mai che la loro funzione di governo o legislativa fosse condizionata o subalterna alla accettazione dei militari?  Per arrivare ad un dialogo vero che preluda alla democrazia, la strada è sicuramente tutta in salita, ma non è prendendo lucciole per lanterne che si porterà il paese verso la democrazia e si rispetterà la volontà politica del popolo birmano.

Fonte: Articolo21

6 dicembre 2009

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