Strage Nato a Kunduz


Emanuele Giordana - Lettera22


Novanta morti in un raid della Nato: talebani? ladri? La maggioranza come sempre sono vittime civili.


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Strage Nato a Kunduz

Per Javier Solana, capo delle diplomazia Ue, è un “episodio terribile”. Il segretario generale della Nato Andres Rasmussen promette “piena luce”. Il ministro britannico David Miliband sollecita un'inchiesta rapida che l'Isaf dice già in corso. Ma né le parole di Solana né quelle di Rasmussen o di Miliband consolano o rassicurano. Almeno 90 morti, in stragrande maggioranza civili, sono il bilancio dell'ultimo raid della Nato a un pugno di chilometri da Kunduz, nel Nord. La ricostruzione è come sempre difficile e a poco servono le veline ufficiali, al solito fuorvianti e scarne. Il presidente Karzai è lapidario: “Colpire i civili, in qualsiasi modo, è inaccettabile”. Sembra sua la dichiarazione che meglio rende l'idea di quanto è avvenuto.
Per quanto sappiamo i talebani, o comunque un gruppo guerrigliero (la zona è controllata dall'Hezb-e-islami di Gulbuddin Hekmatyar) sequestrano due autobotti dirette a rifornire i magazzini Nato. E' la notte di giovedì. Decapitano due autisti – così ha raccontato il collega sopravvissuto – e partono. Ma a un certo punto, sulla riva di un fiume, uno dei due mezzi si impantana. I guerriglieri allora fanno sapere alla gente dei villaggi intorno, dove forse erano diretti, che possono venire a prendersi il gasolio. E' una vecchia storia che si ripete. E anche l'attacco alle autocisterne ha almeno un precedente noto, l'anno scorso in estate, a Gazni: vittime e decine di ustionati.
Anche questa volta, individuate le autocisterne, la Nato si mette in moto: l'obiettivo è facile e, assicurano al comando Isaf, sul posto ci sono solo talebani. Come lo abbiano appurato non si sa e solo dopo ammetteranno in parte l'errore. L'attacco aereo viene venerdi richiesto dalle truppe tedesche del Prt di Kunduz che però non avrebbero partecipato al raid. La richiesta arriva al campo di volo di Mazar-e Sharif, dove sono schierati anche i Tornado italiani (che “non sono coinvolti”, assicura il capo di Stato maggiore Vincenzo Camporini). E qui c'è il primo mistero, perché non tutte le fonti parlano di una battaglia ingaggiata dai militari Nato per recuperare le due autobotti. Non si sa quanto duri, se la gente del posto fosse già arrivata o se i civili siano sopraggiunti nell'intervallo tra un ritiro tattico e l'arrivo degli aerei. Il fatto è che i caccia della Nato sparano centrando in pieno l'obiettivo. Un'enorme esplosione fa il resto. In un primo momento si parla soprattutto di talebani uccisi, almeno la metà. Ma poi si fa avanti un'altra verità: ci sono i civili con le loro tanichette per abbeverarsi alle cisterne degli occidentali. E si ritrovano carne da macello. Quando i loro corpi arrivano all'ospedale di Kunduz l'altra faccia della medaglia appare evidente. Già visto.
Le ricostruzioni – talebani, “ladri”, civili – al momento non appaiono convincenti La Nato ha detto di ritenere che le vittime siano talebani, ma di aver aperto un'inchiesta dopo aver ricevuto informazioni sulla presenza di civili. Si prende tempo ma è facile correre con la memoria alla strage di Bala Bolok, già archiviata, dove le autorità locali denunciarono 130 civili uccisi. O alla strage durante un matrimonio avvenuta un anno fa per “errore”. O, ancora, all'episodio Gazni appena ricordato: le vittime arrivarono all'ospedale di Kabul. Ustionate alle gambe mentre tentavano di “rubare” il gasolio. Ladri?
La strage arriva in un momento difficile. Ci sono le elezioni (col 60% delle schede scrutinate, Karzai è al 47.3%, Abdullah al 32.6% e Bashardost all'11.6%) e un processo elettorale che definire controverso è un eufemismo. E in America si discute sul da farsi dopo il rapporto del generale McChrystal che aveva puntato l'attenzione proprio sulla “protezione dei civili” ma che aveva anche preparato il terreno a una richiesta di più soldati. Il dibattito è in corso. A favore di un aumento delle truppe – dice la stampa Usa – ci sono Hillary Clinton, il segretario alla Difesa, Robert Gates, e il capo di stato maggiore , ammiraglio Robert Mullen. Gates e Mullen premono anche per una decisione rapida. Il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, ha riferito che Obama, invece, prende tempo e non deciderà prima di “molte settimane”.
La strage alimenterà la polemica sull'interpretazione del “cambiamento di approccio” proposto nel rapporto McChrystal, in equilibrio tra i desiderata da Obama e quelli degli alti comandi. Ma l'ennesimo eccidio, in attesa di sapere se i talebani morti erano oltre 50 – come detto inizialmente – o poco più di una dozzina come dicono altre fonti, dovrebbe almeno far riflettere gli europei, questa voltai diretti responsabili. La fine di qualsiasi tipo di bombardamento potrebbe essere la soluzione immediata prima di qualsiasi altra strategia. Ma finora l'ha chiesta solo il presidente Karzai. E gli afgani in generale, se qualcuno ha la bontà di far loro la domanda.

Fonte: lettera22.it
5 Settembre 2009

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