Pechino 2008: un evento epocale da noi sottovalutato
Bruna Iacopino
“Manca appena un mese alle Olimpiadi di Pechino e di questo in Italia si è parlato pochissimo, quello che si è fatto lo si è fatto grazie all’impegno di alcune associazioni, ma in linea di massima si è ignorata la portata dell’evento”. A muovere una critica che riguarda i media è Roberto Reale.
“Manca appena un mese alle Olimpiadi di Pechino e di questo in Italia si è parlato pochissimo, quello che si è fatto lo si è fatto grazie all’impegno di alcune associazioni fra cui, Articolo21, ma, in linea di massima si è ignorata la portata dell’evento”. A muovere una critica che riguarda in particolare i media, è Roberto Reale, autore del libro Doppi Giochi, testo dedicato appunto a svelare l’altra faccia della medaglia di questa complessa macchina economica che comporterà degli utili elevatissimi per il Governo cinese e rappresenterà una grande operazione di immagine.
“La strada del boicottaggio non è una strada percorribile, dunque l’unica alternativa è fare in modo che i riflettori continuino a rimanere accesi sul mancato rispetto dei diritti umani. Questo è lo scopo del libro”. Continua Reale.
La questione spinosa dei diritti umani fa sporadicamente capolino sui media nostrani, per poi risprofondare nel nulla il giorno dopo. Difatti, dopo la bagarre iniziale scatenatasi attorno alla repressione tibetana e all’ipotesi boicottaggio, adesso è di nuovo silenzio.
“Il rischio che si corre in occasione delle Olimpiadi- sostiene l’autore- è che rimanga in ombra il costo in termini di diritti, di sfruttamento del lavoro, di repressione. Finiremo per entusiasmarci per le prove dei nostri atleti e dimenticheremo che dietro c’è un mondo sommerso…”
Le responsabilità sono dunque ampie e vanno dal mondo politico ai media.
Un po’ di tempo addietro, il giornalista sportivo Carlo Paris aveva proposto, proprio su questo sito, che i giornalisti sportivi inviati in Cina avessero un occhio attento anche a quanto accade intorno. E’ una proposta attuabile?
Ci vorrà una gran fatica a farlo: i movimenti dei giornalisti saranno tenuti fortemente sotto controllo. Con il moltiplicarsi poi dell’allarme terrorismo la Cina ha ricevuto anche l’avallo da parte degli USA. Lo stesso C.I.O. ha emanato delle direttive molto restrittive a carico dei giornalisti…
C’è poi da tenere in considerazione un altro aspetto: i giornalisti si troveranno catapultati all’interno di una realtà molto complessa e piena di contraddizioni, non è detto che abbiano gli strumenti necessari per poterla cogliere. Il paese che si definisce comunista è viziato da una pesante ingiustizia sociale, si presenta allo stesso tempo come estremamente moderno ed estremamente arretrato, efficiente ma ingiusto.
Scartando dunque l’ipotesi del boicottaggio, cosa rimane da fare?
Intanto proporre un punto di vista differente. Finora l’unico punto di vista da cui si è guardato alla Cina è stato quello economico: con la Cina si fanno ottimi affari. Ribaltando quella logica ci si potrebbe dunque interrogare in merito a quale tipo di globalizzazione si vuole, se quella delle merci tout court o quello della libera circolazione delle persone e dei diritti…
Il mio libro racconta per esempio le storie di persone colpite, imprigionate o addirittura uccise solo per aver espresso opinioni diverse in maniera libera, non solo giornalisti, ma anche civili, blogger… raccontare le loro storie significa far circolare conoscenza, denunciare. La Cina è una delle maggiori potenze mondiali, ha un ritmo di crescita spaventoso, con un alto livello di competitività… non possiamo continuare ad ignorarla.
“L’Economist aveva definito queste Olimpiadi come un evento epocale al pari delle elezioni americane”. Riprendendo l’editoriale dell’Economist, l’autore di Doppi giochi tira in ballo l’aspetto di maggiore interesse: “ E’ in atto un grande dibattito a livello internazionale: ci si chiede se l’esempio cinese, ovvero l’esempio di uno sfrenato liberismo senza diritti non rappresenti la fine stessa della democrazia…”
Il pericolo dunque, stando ad una simile affermazione, starebbe nel potere di attrattiva che governi autoritari come la Cina possiederebbero, fungendo da esempi negativi per i paesi democratici. Le tecniche di controllo e di repressione da loro messi in atto a più livelli funzionano con estrema efficacia fino a prevenire la formazione del dissenso, a tutto beneficio di una crescita sfrenata.
Questo accade, sottolinea Reale, grazie all’uso di tecnologie estremamente avanzate che consentono di monitorare la libera circolazione di informazioni e idee.
“Su questi aspetti ci si sofferma troppo poco, pensando al mondo globale si deve avere ben chiaro che ad essere globali debbono essere i diritti civili altrimenti il rischio che si corre è grande.”
Hai parlato dunque del controllo sulla rete: quali sono le responsabilità delle multinazionali del web, e come è possibile riuscire a modificare il loro atteggiamento nei confronti della Cina?
Le complicità da parte delle multinazionali sono molteplici, basti pensare al caso di Yahoo responsabile dell’arresto e della condanna di un blogger cinese. Negli USA è in atto un gran dibattito a tal proposito, in Italia se ne parla molto meno; sarebbe invece importante che anche su questo circolasse molta più informazione in maniera tale da spingere, chi la rete la usa abitualmente, ad esercitare una forte pressione su queste grandi aziende. Il mediattivismo, di questi tempi, ha la capacità di smuovere e condizionare determinati comportamenti.
Esiste dunque, una sola arma per riuscire a restituire a Pechino 2008, il suo vero volto: la circolazione della conoscenza.
“Bisogna raccontare le storie di singoli individui, denunciare, agire sul controllo della rete, chiedere la liberazione dei dissidenti e comportamenti coerenti da parte dei media e della politica…”
Fonte: Articolo21
25 giugno 2008