Chi ricorda Adrian Kosmin?
Giuseppe Giuletti - articolo21.org
Il suo nome è già stato ricoperto dall’oblio. Adrian Kosmin, era un giovane precario, costretto a lavorare in nero. Qualcuno trovi il modo di dedicargli una via, una piazza, una scuola, per conservare almeno il ricordo del suo nome.
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Adrian Kosmin, chi era costui? Se non avesse avuto la disgrazia di essere un lavoratore precario rumeno, prima narcotizzato e poi fatto morire carbonizzato da due italici padroncini, oggi sarebbe, suo malgrado, il protagonista anzi l'icona di una grande campagna a reti tv semiunificate da dedicare all'emergenza sicurezza. Invece no! Il suo nome è già stato ricoperto dall'oblio. Adrian Kosmin, infatti, come ci ha raccontato su l'Unità, l'unico grande giornale che ha dedicato ampia copertura e due editoriali alla vicenda, era un giovane precario, costretto a lavorare in nero. Una diabolica coppia di «padroncini» lo sfruttava e lo spremeva come il classico limone. Un brutto giorno, almeno stando alle cronache e ai racconti degli inquirenti, è stato prima narcotizzato e poi fatto bruciare, come si usa fare con la roba vecchia, quella che non serve più, che occupa troppo spazio in casa o in cantina. Poco prima dell'esecuzione «l'italica coppia» aveva stipulato una ricca assicurazione sulla vita di Adrian. Provate ora ad immaginare cosa sarebbe accaduto a parti invertite, se, per esempio, una coppia di padroncini rumeni avesse mai deciso di dare alle fiamme un giovane precario italiano. Noi, l'Unità, tutte le persone civili, avremmo provato orrore, a prescindere dalla nazionalità degli assassini e della vittima. La dignità umana ridotta a merce non può essere argomento per rubare un pugno di voti, magari invocando ordine sicurezza e ronde. Quello che più ci ha sorpreso e perfino spaventato è stato il prolungato silenzio mediatico che ha circondato questo episodio. I Tg non hanno ritenuto che meritasse un titolo. Il solo Tg3 ci è tornato più volte. Le rubriche specializzate nella amplificazione dei delitti «privati», da Cogne a Perugia, erano forse impegnate in altre faccende. I grandi quotidiani hanno confinato la notizia tra le brevi. Bisogna dare atto a Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera di giovedì, di avere rotto il muro del silenzio. Nessuno, salvo le solite eccezioni ci ha raccontato la biografia dei protagonisti e in particolare quella di Adrian. La sua storia evidentemente non era e non è in sintonia con lo spirito dei tempi. È politicamente scorretta, non corrisponde al copione già predisposto dalle agenzie della paura. Da destra non si è alzata una sola voce ad invocare tolleranza zero, misure eccezionali, poliziotti e carabinieri di quartiere.
Adrian è un morto scomodo, non ha diritto a nulla. Ha sbagliato forse a nascere in Romania, ad essere un lavoratore precario, e magari a non farsi ammazzare a Roma, durante la campagna elettorale per l'elezione del sindaco.
A meno che non sia tutto falso; una sorta di cinico scherzo tirato da l'Unità e da un pugno di inquirenti e di cronisti in vena di provocazioni, magari a fin di bene. Se così fosse, ditecelo subito! Diteci che questa storia non è mai accaduta, e che mai potrà accadere nell'Italia civile. Altrimenti proviamo almeno a non cancellare la memoria della sua esistenza. Qualcuno trovi il modo di dedicargli una via, una piazza, una scuola, per conservare almeno il ricordo del suo nome: Adrian Kosmin.
PS- Se ancora ce ne fosse stato bisogno, alla luce anche di questo episodio, è sempre più evidente perché servano giornali come l'Unità che possono permettersi di contrastare lo spirito dei tempi.
Giuseppe Giulietti
Portavoce Articolo 21
Fonte: l'Unità
13 giugno 2008