Da Ankara a Doha, passando per il Cairo


Paola Caridi - invisiblearabs.com


Egitto, Qatar, Turchia: tutti grandi alleati degli Stati Uniti. Il dato più interessante è proprio la discesa in campo delle medie potenze regionali, che hanno trovato un raggio d’azione abbastanza ampio per mettere in gioco la propria influenza. Da qui a dire che i venti di guerra si siano trasformati in brezza, ce ne corre.


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Da Ankara a Doha, passando per il Cairo

Vengono in mente, e il paragone non deve essere considerato irriverente, quelle vignette di Topolino. Quando il protagonista di turno, in genere Paperino, tenta freneticamente di spegnere i fuochi che lo circondano con tutto il fiato che ha in corpo. In Medio Oriente, di gente che sta tentando di spegnere fuochi e fuocherelli, ce n'è un discreto numero. E sono arrivati in superficie tutti in questi ultimi giorni. L'Egitto è l'attore che più è apparso, anche sul fronte mediatico: una potenza regionale che tenta di spegnere i fuochi tra Israele e Gaza, e in questo modo tenta anche di non far scoppiare una miccia che metta in serissimo pericolo la propria stabilità interna. Poi è venuto il momento del Qatar, che ha deciso di entrare mani e piedi dentro il pantano libanese, affiancare – per così dire – il segretario generale della Lega Araba Amr Moussa, e seguire passo passo il "modello saudita". Il modello che aveva consentito nel febbraio del 2007 a re Abdullah di portare tutti i protagonisti della crisi palestinese oltreconfine, nel terreno neutro della Mecca, e convincerli a firmare un accordo. Così è successo a Doha, stamane all'alba, grazie al peso dell'emiro del Qatar. E infine la Turchia dell'islamista (moderato) Erdogan, che con estrema pazienza tesse le fila, dall'anno scorso, di una possibile mediazione tra Siria e Israele, in cui sia proprio Ankara a fare una delle punte del triangolo.

Egitto, Qatar, Turchia: tutti grandi alleati degli Stati Uniti. Chi per peso geopolitico e strategico, come l'Egitto. Chi perché ha anche una presenza militare americana non indifferente. Tutti e tre amici critici di Washington. Chi, come il Cairo, tenta di respingere le (pur timidissime) pressioni americane sulla democrazia egiziana. Chi, come la Turchia, ha fatto ben capire agli Stati Uniti che, nella regione, si fa la politica che interessa ad Ankara e si ha al potere chi i turchi vogliono (l'islam politico, appunto). Chi, come il Qatar, ha le truppe americane, ma ha anche un rapporto ottimo con i siriani e molto buono con gli iraniani, che stanno troppo vicini ai confini dell'emirato perché i possibili venti (estivi) di guerra possano non colpire Doha.

Il dato più interessante è, comunque, proprio la discesa in campo delle medie potenze regionali, che hanno trovato un raggio d'azione abbastanza ampio per mettere in gioco la propria influenza, superando un'impasse pericolosissima. Da qui a dire che i venti di guerra si siano trasformati in brezza, ce ne corre.

Dal Blog di Paola Caridi

21 maggio 2008

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