Ucraina, la doppiezza di Putin e le carte dell’Occidente


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Putin ha forzato la situazione fino al limite, a Ginevra chiederà di trattare. Europa e America possono ancora contenerlo, con sanzioni che colpiscano l’economia russa.


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Mentre il fronte dell’est ucraino si infiamma, la Russia sceglie la doppiezza. Da una parte avverte: l’ex repubblica sovietica è sull’orlo della guerra civile. Dall’altra spinge proprio in questa direzione, con manovre militari e infiltrazioni. Ma Putin vuole davvero arrivare al confronto militare? Ha seriamente intenzione di prendersi l’est ucraino, con la roccaforte industriale del Donbass, così come ha fatto con la Crimea?

Verrebbe da dire di no. Un conto è la Crimea, un altro il versante orientale dell’Ucraina, che è grande, composito e non facilmente gestibile. Putin non vuole inglobarlo, ma destabilizzarlo, in modo da continuare a esercitare quanta più influenza possibile sull’intera Ucraina. C’era bisogno di ammassare truppe al confine e mandare oltre la frontiera i sabotatori? Mosca ha tutta una serie di leve utili a rendere a Kiev la vita difficile: l’energia, i legami commerciali e industriali, l’influenza della Chiesa ortodossa ucraina legata al patriarcato di Mosca. Probabilmente no, ma il gioco che attualmente conduce Putin è all’insegna del tanto peggio, tanto meglio. Più l’Ucraina si sfilaccia, più Mosca ha possibilità di coronare i suoi scopi.

C’è da credere che il Cremlino voglia forzare fino al limite, salvo poi rinculare e negoziare da una posizione di forza. Lo stesso copione seguito fino a ora, insomma. La differenza è che stavolta un’annessione territoriale sarebbe molto più complicata da architettare.

In tutto questo, Putin tiene sotto scacco l’Occidente e ne ha compreso abilmente tutte le debolezze. Washington e i suoi alleati europei non hanno intenzione di combattere una guerra in Ucraina e per l’Ucraina. Il conflitto sarebbe costosissimo. Così Mosca, che con una martellante campagna mediatica sta facendo passare il confronto in Ucraina come un’operazione votata a tutelare la popolazione russofona dal fascismo di Kiev, può permettersi di dettare le regole della contesa e arrivare a formulare il passaggio dell’Ucraina, fino a prova contraria un paese sovrano, a un ordinamento di tipo federale.

Nonostante tutto l’Occidente, che sulla Crimea è stato fin troppo docile, può ancora giocare delle carte che permettano di contenere la Russia e salvare l’Ucraina, il cui governo, sostenuto forse con troppa fretta dagli euro-americani, ha commesso errori evidenti e non ha risorse da opporre a Mosca, men che meno militari. Quello che gli americani e gli europei possono fare è promuovere un pacchetto di sanzioni diplomatiche e commerciali degno di tale nome, che spinga all’angolo la Russia, che non attraversa una felice congiuntura economica. Il Pil è fermo, parecchi capitali fuggono all’estero, la fiducia dei consumatori e delle imprese flette verso il basso, il rublo è debole e la borsa di Mosca ha stentato molto, in questi ultimi mesi.

Quel che sembra certo, comunque, è che l’Ucraina è destinata a essere una terra mobile, instabile, attraversata da tensioni costanti e situazioni imprevedibili. Il che fa comodo a Mosca. Oltre a rendere arduo il compito che Ue e Fondo monetario internazionale, erogando diversi miliardi di dollari, si sono posti: stabilizzare economicamente la fragile baracca ucraina, nella speranza che questo aiuti anche il consolidamento politico.

Su questo punto emerge più di una perplessità in merito al voto presidenziale di maggio in Ucraina. Stando così la situazione è lecito chiedersi se e come verrà davvero organizzato. Senza contare che un altro fattore da osservare è l’atteggiamento della Maidan, il movimento che ha dato linfa alla rivoluzione a Kiev. È sì contaminato dalla presenza – non è mistero – dei servizi occidentali, ma questo non significa che non abbia pulsioni proprie. Ed esercita una pressione costante sul governo ucraino.

Intanto oggi si aprono a Ginevra i colloqui sull’Ucraina. Sarebbe il caso che tutte le parti in gioco facciano dei passi indietro. Ma chi è pronto a fare la prima mossa?

Fonte: www.europaquotidiano.it
17 aprile 2014

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